The Years of the Cupola – Studies, 2015
Gli anni della Cupola – Studi, 2015
ISSN: 2364-6373
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Indice
3. Storia e vicissitudini della canonica metropolitana
3.1. Sviluppo urbanistico della città e della canonica fino al XIV secolo
3.2. Prima campagna d’acquisti per la nuova canonica
3.3. Seconda campagna d’acquisti per la nuova canonica
3.4. Terza campagna d’acquisti per la nuova canonica
3.6. Interventi in epoca lorenese fino alla canonica attuale
4. Gli abitanti della canonica e la vita capitolare
4.1. Le costituzioni sinodali di Antonio degli Orsi (1310)
4.2. Le costituzioni di Francesco Silvestri (1327)
4.3. Le costituzioni di Angelo Acciaiuoli (1346)
4.4. Le costituzioni di Angelo Ricasoli (1372) e l’episcopato di Onofrio Visdomini
4.5. Il vescovo Amerigo Corsini
4.6. L’ambiente di provenienza dei canonici della cattedrale
4.7. I canonici di Santa Maria del Fiore tra il 1417 e il 1436
4.9. I cappellani di Santa Maria del Fiore tra il 1417 e il 1436
Tabella A. Beni componenti l’area della canonica (1340-1436)
Tabella B. Lavori documentati per la sistemazione dell’area della canonica (1417-1436)
Tabella C. Proposta dell’architetto Baccani per case da demolirsi nel 1824
Tabella D. Canonici di Santa Maria del Fiore in carica (1417-1436)
1. Premessa
Scopo di questo studio è analizzare in maniera sistematica la ricca documentazione, per lo più inedita, sulla definizione e sulla gestione della canonica del Duomo di Firenze nel periodo coperto da Gli anni della Cupola, al fine di contribuire alla conoscenza di uno degli aspetti meno considerati dell’impegno dell’Opera di Santa Maria del Fiore, nel periodo di fervida attività architettonica e artistica per la rinomata cupola e per altri monumentali arredi della cattedrale: cioè la creazione di una nuova canonica, dignitosa e comoda, per il clero metropolitano, complesso edilizio opportunamente distanziato dalla nuova chiesa, che doveva rimanere magnificamente libera attorno a tutta la sua sagoma. Tale nuova residenza dei canonici, dei cappellani e di altri servitori del culto, confacente ai valori della residenzialità, della vita comune, della disciplina prescritta ai suoi abitanti, dovette essere realizzata nel fitto tessuto urbano della città medievale ad elevati costi per l’acquisto degli immobili dei privati via via inglobati nel progetto e fu definita, nelle linee che rimasero immutate fino al XIX secolo, con una politica di adattamento di beni precedentemente adibiti ad abitazione civile, racchiudendoli in un chiostro chiuso alla circolazione urbana con un unico, decoroso ingresso verso la chiesa e il suo portale ‘dei canonici’.
In questo saggio si analizzerà perciò la canonica nel suo duplice aspetto: architettonico e socio-politico-culturale. Avremo modo, infatti, di constatare le modifiche attuate nella sede destinata al capitolo e di capire chi fossero i canonici, i cappellani e i chierici della cattedrale del tempo, nonché quale fosse il loro ruolo e a che ceto sociale appartenessero, basandoci anche sulla tradizione di studi concernente la complessa ‘macchina’ che ha portato alla ideazione e alla realizzazione del grandioso complesso di piazza del Duomo di Firenze e dei suoi singoli monumenti analizzati nei loro molteplici aspetti. Su cattedrale, battistero e campanile nel corso degli ultimi anni sono state redatte analisi specifiche con dovizia di dati, che ne hanno evidenziato non solo gli elementi strutturali dalle origini ai nostri tempi, ma anche le normative e le finanze che sono servite a tale impresa, mentre esistono pochi studi sulla canonica relativi al primo Quattrocento.1
2. Introduzione
Per il clero secolare la prassi di condividere uno spazio, che consentisse una vita comune, ha origini remote: risale infatti al modello attuato da sant’Agostino, che nella sua sede di Ippona aveva istituito un «monasterio di chierici», ordinando in sacerdoti solo coloro che fossero stati disposti a vivere in comunità, rinunciando a proprietà private e matrimonio e dedicandosi solo al servizio divino della chiesa presso la quale risiedevano.2 Dal VII secolo diversi capitoli vescovili iniziarono ad avere una strutturazione gerarchica con regole di ispirazione monastica. Successivamente sotto Carlo Magno e i suoi successori si assisté a una maggiore responsabilizzazione del clero rispetto alle funzioni che avrebbe dovuto svolgere per il vescovo: infatti proprio in questo periodo furono creati capitoli presso gli episcòpi. A Verona, che è una delle più antiche sedi capitolari, per esempio, i canonici risiedevano nel palazzo del presule e lo coadiuvavano nelle sue attività pastorali. In altre diocesi lo spazio loro riservato era situato nei pressi della cattedrale e del palazzo vescovile, come avvenne in diversi centri: Lucca, Novara, Firenze, Pisa, Siena, Bari e Padova. Si hanno documenti attestanti l’esistenza della canonica presso la cattedrale fiorentina fino dal IX secolo, come è stato segnalato da Lopes Pegna.3 La vita in comune veniva governata da regole stabilite in costituzioni, che garantivano la disciplina interna e i rapporti con gli altri enti ecclesiastici e laici della città. Il rinnovamento strutturale che interessò la Chiesa nell’XI secolo ebbe ripercussioni anche sul clero episcopale. I principali fautori della riforma esortarono sacerdoti, diaconi e suddiaconi a mettere in comune rendite, alloggio e mensa e a tenere un comportamento ‘apostolico’. Uno dei principali esponenti di questa riforma fu Gerardo da Borgogna, attestato come vescovo di Firenze nel 1045. Nella sua diocesi si impegnò a migliorare le condizioni di chiese e monasteri e promosse la vita comune clericale assicurando a chiese, monasteri e pievi i mezzi di sussistenza necessari: un quarto delle decime, la metà dei lasciti testamentari e l’intero ammontare di primizie e offerte. Il presule aveva partecipato ai sinodi romani indetti da papa Leone IX, nei quali erano stati presi severi provvedimenti contro la simonia e il concubinato ed ebbe modo di essere apprezzato per le sue alte qualità morali quando, nel 1055, papa Vittore II scelse di convocare un importante sinodo, al quale parteciparono centoventi vescovi e l’imperatore Enrico III, a Firenze, città che aveva acquistato una considerevole importanza nel quadro politico italiano per essere residenza del marchese di Tuscia. Gerardo fu eletto papa col nome di Niccolò II nel 1058, senza tuttavia rinunciare al suo episcopato, che gestì tramite un suo gastaldo fino alla morte avvenuta a Firenze nel 1061.4 La trasformazione della struttura e della vita interna del capitolo fiorentino è da attribuirsi a tale riforma, come sottolinea Elena Rotelli.5 Nel sinodo lateranense del 1059 furono ribaditi i doveri dei canonici: obbligo di vita comune, comunione dei beni, cura dei servizi divini in cattedrale, assistenza al vescovo per gli atti di governo, nonché la figura di un vicario capitolare per la giurisdizione temporale e spirituale diocesana in caso di sede vacante. Infine nella Regula canonica promulgata da Gregorio VII nel 1074 vennero sanzionate precise disposizioni riguardo al digiuno, al modo di vestire e alla vita comune.6
Dal punto di vista architettonico è necessario chiarire che la canonica del XV secolo si sostituì a quella medievale e a sua volta fu stravolta dall’attuale fatta nel XIX secolo. La residenza dei canonici di Santa Maria del Fiore, infatti, non corrisponde, se non in parte nella sua area perimetrale, alla sede quattrocentesca, poiché non rispecchia la struttura che ebbe nei secoli precedenti all’intervento di Gaetano Baccani,7 chiamato nel 1826 dalla Deputazione Secolare sopra l’Opera di Santa Maria del Fiore per volere del granduca Pietro Leopoldo II ad ampliare con un tracciato regolare la fiancata sud di piazza del Duomo, demolendo tutte le case preesistenti, che si trovavano fuori dalla linea retta. Per avere un’idea di come si presentassero le abitazioni del clero della cattedrale fino agli inizi dell’Ottocento si può ricorrere alla pianta di Firenze del 1584 di Stefano Buonsignori (tavola 2), al quadro attribuito a Luigi Baccio del Bianco sull’epidemia di peste del 1630 (Fig. 2), alle piante di De Wit del 1680 e di Magnelli-Zocchi del 17838 e per concludere all’immagine ottocentesca dipinta intorno alla metà del secolo da Fabio Borbottoni (Fig. 3).9 In tutte queste rappresentazioni si osserva che gli edifici di fronte alla navata meridionale hanno ancora una delimitazione irregolare. Nelle pagine che seguono si indagherà sulle diverse realtà che costituirono la canonica attraverso i secoli dal periodo romanico fino ai nostri giorni.
3. Storia e vicissitudini della canonica metropolitana
3.1. Sviluppo urbanistico della città e della canonica fino al XIV secolo
La documentazione fornitaci in gran parte da Gli anni della Cupola servirà per definire quale e come fosse la superficie occupata dal capitolo della cattedrale fiorentina durante la prima metà del Quattrocento. Come premessa all’esame di questo materiale, occorre ricordare che la residenza del clero della cattedrale subì nel corso dei secoli XIII-XV diversi spostamenti dovuti a esigenze di spazio che si venivano a creare con l’aumentare del volume del complesso religioso. In origine era situata nei pressi di piazza San Giovanni, poi fu spostata poco più a sud e successivamente tra la fine del Trecento e gli inizi del XV secolo venne collocata nella zona attuale.
Per comprendere appieno questo fenomeno è necessario dare alcune delucidazioni di ordine generale. Si ricorda che Firenze tra la seconda metà del XIII secolo e il successivo ebbe uno sviluppo urbanistico enorme dovuto a un forte aumento della popolazione proveniente dal contado e non solo. La stessa cinta muraria costruita tra il 1284 e il 1333, corrispondente all’incirca al perimetro del centro odierno, costituito dai viali di circonvallazione lunghi circa 8 chilometri e mezzo, racchiudeva un’area di 430 ettari, molto più vasta rispetto a quella definita dalle mura precedenti edificate nel 1172, che avevano una superficie di 75 ettari.10 L’acquisizione di aree verdi periferiche disseminate da piccoli borghi, delimitate dalle mura cittadine, consentì la costruzione di nuovi complessi religiosi, dotati di ampi spazi limitrofi: Santa Croce; Santo Spirito; San Marco; Santissima Annunziata; Santa Maria Novella; mentre la basilica di San Lorenzo, esterna alle mura matildiane del 1078, era stata già inglobata nella prima cinta comunale.11
La necessità di dare respiro anche agli edifici civici dell’antico nucleo urbano fu sentita dal governo cittadino come manifestazione del potere, onore e decoro della città. Inoltre, come ricorda Giovanni Villani nella sua Cronica,12 Firenze alla fine del XIII secolo visse un periodo di instabilità cittadina con sommosse per il potere politico. I Priori, come ha sottolineato Franek Sznura, non avevano ancora una loro sede autonoma; pertanto il Comune avvertì la necessità di edificare una sede appropriata allo svolgimento del loro mandato e alla loro sicurezza.13 La Repubblica fiorentina a dimostrazione della sua magnificenza prese provvedimenti per la costruzione e il finanziamento del nuovo palazzo dei Priori e della cattedrale, edifici simbolo della città, in modo che rappresentassero da una parte il centro del potere politico e dall’altra quello civico-religioso. Il nuovo palazzo dei Signori, che fu iniziato nel 1299 e terminato nel 1315, ma in uso parzialmente fino dal 1302, richiese con la sua imponenza un vasto spazio intorno alle sue mura, per dotarlo di una piazza adeguata alle funzioni rituali e militari dello stato, con il conseguente abbattimento di case, peraltro già iniziato con la distruzione delle dimore dell’antica famiglia ghibellina degli Uberti.14
Analogamente la vecchia cattedrale di Santa Reparata, d’impianto romanico e di dimensioni non più confacenti alle esigenze di una città che aveva raddoppiato dalla metà del XII secolo alla metà del XIII i suoi abitanti, almeno fino alla crisi demografica successiva all’epidemia della peste nera, si trovava ad essere inadeguata allo sviluppo edilizio cittadino, per cui il governo di comune accordo con la curia e il clero decise di iniziarne la nuova costruzione alla fine del Duecento.15 Per rendere l’edificio più imponente e vasto si doveva intervenire sull’area di costruzione, al fine di ottenere un maggiore spazio strutturale sia in larghezza che in lunghezza e di creare una piazza più ampia tra la cattedrale, il suo campanile e il battistero, arretrando la facciata principale. Chiaramente interventi di esproprio e di demolizione così radicali avevano bisogno del largo consenso della cittadinanza e di lauti finanziamenti pubblici, per cui esiste una ricca documentazione relativa agli impegni che la Repubblica prese in tal senso con provvisioni e consigli. Essendo stato studiato l’argomento da Margaret Haines e da Lorenzo Fabbrsi, ci limiteremo a citare solo alcuni provvedimenti utili a comprendere quali fossero le leggi che riguardavano da vicino la costruzione degli alloggi del clero.16 Alla prima normativa del 1296, in risposta alla petizione presentata da vescovo, canonici, cappellani e Operai di Santa Reparata, in cui il governo cittadino si impegnava ad assumersi gli oneri di spesa per la realizzazione del progetto con rendite spesso rinnovate, non solo per la costruzione, ma anche per l’acquisto di immobili e terreni reso necessario per aumentare lo spazio, seguì una provvisione del 1339 che consentiva all’Opera del Duomo di esercitare il diritto di esproprio anche nell’area della nuova canonica in sostituzione della vecchia già in parte demolita. Successivamente nel 1374 l’Opera riuscì ad ottenere l’aumento del 50% delle sovvenzioni pubbliche per ottemperare ai costi sempre più sostanziosi.
Tutti i complessi religiosi, come basiliche, cattedrali, conventi, hanno creato fino dai tempi più remoti spazi per coloro che ne gestivano il culto divino, riservando all’interno del perimetro della loro struttura un’area per il capitolo dotata di zone comuni, come i cenacoli, e altre adibite ad alloggio. Anche la primitiva canonica della cattedrale fiorentina rispecchiava tale assetto con chiostri, celle, dormitorio, refettorio e cimitero. Per far posto al nuovo campanile si doveva intervenire su quest’area densa di fabbricati17 e il governo cittadino prese provvedimenti con una serie di demolizioni. L’affresco dell’Allegoria della Carità, commissionato dalla Compagnia della Misericordia nel 1342,18 fornisce un quadro sull’evoluzione dell’area. Attorno all’antica chiesa di Santa Reparata si nota un insieme di edifici a più piani ad essa attaccati. Queste case, posizionate a vari livelli d’altezza, formavano quasi sicuramente quanto restava in quella data della vecchia canonica, ma l’affresco mostra anche il livello di edificazione raggiunto dalla nuova cattedrale di Santa Maria del Fiore a metà secolo, con la parte inferiore della facciata ben delineata e il basamento del campanile, che era stato iniziato nel 1334, con una porzione di struttura superiore.19 Anche la costruzione della loggia, l’odierna loggia del Bigallo, annessa al palazzetto di Santa Maria della Misericordia, all’angolo del corso degli Adimari, terminata nel 1360, contribuì ad abbellire questa parte della piazza, rendendola allo stesso tempo visivamente più ampia.20
La canonica dalla sua prima localizzazione a ridosso di Santa Reparata, con case aggettanti sulla navata meridionale dell’edificio stesso, fu trasferita tra il 1340 e il 1360 in una zona limitrofa, ma più a sud, lateralmente alla fiancata della costruenda nuova cattedrale.21 Nell’area primitiva (Fig. 1), partendo da ovest a est, si trovavano presumibilmente il cimitero con tombe disseminate dappertutto, tra la facciata della chiesa e il battistero, come dimostra lo studio condotto da Guglielmo Maetzke,22 i due chiostri, maggiore e minore, gli ‘abituri’ di canonici e cappellani.
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Proseguendo verso sud, si arrivava a un fitto nucleo di abitazioni private facenti parte di ben 4 popoli con le rispettive chiese: San Piero Celoro, San Benedetto, Santa Maria in Campo e a est San Michele Visdomini. Quest’ultima chiesa seguì le sorti degli altri edifici che si trovavano dove sarebbero state realizzate le cappelle absidali del primo progetto per la nuova cattedrale. Dopo lunghe trattative fu spostata a spese dell’Opera nel 1364 sul terreno comprensivo di casa, casolare, corte e pozzo acquistato precedentemente dai Falconieri, presso le vecchie mura cittadine in via di Balla all’incrocio tra le attuali via de’ Servi e via Bufalini, nel detto popolo di San Michele.23 L’atto di fondazione fu registrato in data 28 febbraio 1364 dal notaio ser Lando Fortini, in esso si davano i confini e il consenso dei patroni della chiesa.24
Il primo documento che segnala la necessità di spostare l’ubicazione della canonica è una provvisione del Comune di Firenze del 9 dicembre 1339,25 allorché la Repubblica fiorentina accolse la petizione congiunta dell’Arte della Lana e dell’Opera di Santa Maria del Fiore, enti predisposti alla costruzione della nuova cattedrale, che richiedevano la demolizione di case preesistenti, tra cui molte abitazioni di canonici, cappellani, preti e chierici, resa necessaria per ingrandire la chiesa. Con questo atto pubblico si concedeva ai Consoli e agli Operai il mandato per imporre a privati la vendita delle proprie dimore, che poi sarebbero state demolite, al fine di avere lo spazio che «de necessitate opportet» e la stessa sorte sarebbe toccata agli alloggi del clero, che tuttavia doveva essere tutelato, provvedendo prima a fornire un nuovo sito «super quo honorifice ut decet tante ecclesie habitare et stare possint».26 Le spese per gli acquisti e la demolizione di quest’area furono gestite dall’Opera con l’approvazione dell’Arte della Lana e con finanziamenti pubblici. Il Comune, d’altronde, aveva provveduto a fornire stanziamenti permanenti per la costruzione di Santa Maria del Fiore fino dal 1331, quando ne affidò la gestione alla sola Arte della Lana, che a sua volta incaricò l’Opera di seguirne i lavori.27 In questi anni probabilmente i canonici furono sistemati temporaneamente in immobili che erano stati acquistati precedentemente al 1339 in attesa di comprare case atte ad accogliere il clero della cattedrale.28
3.2. Prima campagna d’acquisti per la nuova canonica
Documenti pubblici, risalenti alla metà del Trecento, ratificano la volontà espressa sulla questione dall’Arte della Lana e dal Comune per garantire tali alloggi,29 poiché dopo che «destrutte fuerunt certe domus in quibus morabantur plures de canonicis et clericis»30 essi erano stati privati di abituri decenti. L’Opera infatti, col consenso dell’Arte, cui doveva rendere conto per le spese effettuate, iniziò dalla seconda metà del secolo XIV ad acquisire case e terreni da privati coll’intento di ricreare in altra zona, vicina tuttavia alla chiesa, una nuova sede del capitolo, che inizialmente fu dislocata nei pressi della primitiva canonica. Come si può osservare nella tabella A in Appendice, in cui si riportano sinteticamente gli acquisti compiuti nei secoli XIV e XV per la sistemazione della nuova sede adibita ad ospitare il clero della cattedrale, tra il 1340 e il 1376 si registrò una prima serie di compere, attuate per ottemperare alla carenza di alloggi, nel popolo di San Cristoforo sulla piazza di San Giovanni verso la Misericordia, nonché per avere una ‘platea’ intorno al campanile: un terreno da Giovanni di Bartolo di Firenze, l’acquisizione della parte alta e della cantina di una casa dal preposto messer Neri Corsini, che riservò per sé la parte bassa e tre botteghe, costruita su un terreno di braccia 16 per lato, che a sua volta gli era stato concesso nel 1338 dallo stesso capitolo ed infine una vasta area di braccia quadre 570 dagli Adimari in luogo detto Guardamorto.
Seguirono poi nuove acquisizioni tutte nei pressi della chiesa e popolo di San Piero Celoro. Per una maggior chiarezza, rispetto all’ubicazione delle vie, chiese e possedimenti familiari citati, si rimanda alla tavola 1, rielaborazione del progetto di Baccani, sovrapposto all’antica struttura. La sistemazione della canonica fu dislocata più a sud, verso la piazza dei Bonizzi tavola 1, D), più o meno dove si ergevano il palazzo, la torre, le case, la corte e la loggia dei Visdomini,31 nonché le chiese di San Pietro in Ciel d’oro (Celoro) (tavola 1, 18) e di San Benedetto (tavola 1, 23). I beni che questa famiglia possedeva, infatti, spaziavano da via della Morte (odierna via del Campanile) (tavola 1, A) a via del Transito (attuale via dello Studio) (tavola 1, C), da via dello Scheletro (oggi via della Canonica) (tavola 1, I) a via delle Oche (tavola 1, B).
Il primo acquisto «pro habiturio canonicorum, cappellanorum, presbiterorum et clericorum», di cui sia pervenuta notizia, datato 25 agosto 1340, è relativo a una casa e a un terzo di altre tre poste nel popolo di San Piero Celoro, in via del Campanile (tavola 1, G):32 dai confini si desume che l’Opera fosse già proprietaria di almeno un immobile in quest’area. Non solo, il documento rivela anche quale fosse il ruolo che i prelati dovevano svolgere all’interno della cattedrale: venerare e onorare Dio e tutti i santi, e dedicarsi agli offici divini diurni e notturni con obbligo di residenza, cosa peraltro stabilita nei regolamenti canonicali. A questo primo gruppo si aggiunse il 18 novembre dello stesso anno una casa posta in angolo accanto alla precedente (tavola 1, n. 3).33 La spesa di 1.040 fiorini fu così impegnativa per l’ente, che dovette ricorrere alla fideiussione fornita dall’Arte della Lana, che avrebbe garantito ai venditori il pagamento entro 15 mesi. Il 31 agosto dell’anno successivo fu acquistata la casa di Corso di Guido Ricci: in tal modo si veniva a completare un nucleo di immobili tutti tra loro confinanti (tavola 1, n. 7).34 Citando via del Campanile è necessario chiarire che tutte le zone intorno alla cattedrale erano chiamate genericamente via dei Fondamenti, ma ogni lato aveva una sua denominazione specifica: per via del Campanile si intendeva tutto il perimetro meridionale a lato della chiesa, come dalla parte opposta verso le case dei Tedaldi e dei Falconieri c’era la via di Santa Reparata. Via del Campanile «partiva da una strettoia all’angolo sud occidentale del campanile», costeggiava tutto il lato meridionale della vecchia canonica e del cimitero e giungeva fino alle case dei Bischeri tra la via Buia detta anche degli Albertinelli (l’attuale via dell’Oriuolo) e via del Proconsolo.35
Sebbene sia stata condotta un’indagine documentaria capillare negli archivi di Santa Maria del Fiore e di Stato di Firenze e si sia usufruito dei dati forniti dal Guasti, non possiamo tuttavia essere certi di avere censito tutti gli atti relativi alle compere attuate dall’Opera per costruire la nuova canonica, ma possiamo comunque presumere che l’area per realizzare lo spazio necessario ad ospitare il clero della cattedrale fosse già concepita nel 1418 e delineata intorno agli anni venti-trenta del Quattrocento. Per avere un quadro seppure approssimativo della sistemazione della canonica si rimanda alle tavole 1 e 2, in cui sono evidenziate le zone residenziali.
Acquisti nella zona si protrassero per tutto il Trecento e, come si vede nella tabella A in Appendice, prima del 1417 erano state comprate ben 12 case situate in via del Campanile e altre 7 nel popolo di San Piero Celoro mentre non meno di 6 immobili furono presi in affitto. Nel contratto di locazione registrato nel 1357 per due abitazioni di proprietà della chiesa di San Piero Celoro viene nominato per la prima volta il chiostro dei canonici (tavola 1, H) e si specifica: «Commisero a Franciescho Talenti e a me Filippo [Marsili], che noi provedessimo di fare l’entrata alle chase tolte a pigione dal prete di San Piero Cielorum dentro per lo chiostro de’ chalonaci, e rimurare quelle di fuori».36 Quest’atto è significativo per comprendere i provvedimenti per creare uno spazio chiuso per il clero della cattedrale.
Se estrapoliamo i nominativi dei confinanti ci rendiamo conto che questo nucleo di abitazioni era compreso nell’area che da piazza del Duomo, via del Campanile, si protraeva all’interno verso via dell’Oche (tavola 1, B). Tutti i beni acquistati erano situati in via del Campanile: quello comprato nel 1361 da monna Niccolosa di Lapaccio di Neri moglie di Cetto di Giovanni di Lottino, che comprendeva due case unite, con corte e torricino dietro, aveva tra i suoi confinanti l’Opera, su due lati, una proprietà della chiesa di San Piero con chiassolino di divisione e Paolo di Benci vinattiere,37 che vendé le sue due unità immobiliari nel 1363.38 Nel 1388 furono acquisite due abitazioni dal prete di San Piero Celoro, poste sulla via pubblica e confinanti con beni dell’Opera e con gli eredi di Jacopo Bonizzi.39 Nel 1389 fu comprata la casa con corte retrostante di Lorenzo di Mico stovigliaio sulla piazza di San Piero, i cui confini erano l’Opera e Gaspare di Jacopo Bonizzi.40 Da questi confinanti si desume che le ultime due abitazioni fossero dislocate nei pressi della piazza dei Bonizzi (tavola 1, D). Giovanni e Rosso di Bonino Rustichelli vendettero nel 1393 una casa con quattro palchi e un soppalco sita sulla via e piazza di San Piero e confinata con gli eredi di messer Rosso dei Ricci e l’Opera.41
Successivamente nel 1408 fu acquistata da ser Niccolò Pierozzi, padre del futuro arcivescovo sant’Antonino, una proprietà con palchi e altri «agiamenti» situata nel chiasso dei Bonizzi e confinata con altre già acquisite (tavola 1, n. 13).42 Poi fu comprato da Ammannato di Filippo Tecchini nel 1410 un bene consistente in due unità immobiliari contigue, posto all’estremità occidentale sulla via della Morte (tavola 1, A), l’attuale via del Campanile, e confinante con gli eredi di Moddeo sellaio, Andrea di Mazza e Francesco di Daldo Cantini.43 Per quest’ultimo siamo in grado di fornire ulteriori precisazioni in quanto in un contratto di locazione per una cantina con volta sotto terra e bottega fatto da monna Benedetta vedova di Giovanni Cantini nel 1386 si dichiarava che il posto era detto «la Cella del Campanile» e si davano per confinanti la via, Andrea d’Andrea Mazza, gli eredi di Giovanni e Daldo Cantini e gli eredi di Grasso sellaio.44 Abbiamo inoltre la possibilità di sapere, tramite il bastardello di deliberazioni redatto dal notaio nel secondo semestre del 1415, quanti fossero gli abituri nel popolo di San Piero assegnati ai canonici, poiché in tre atti vengono specificate fino a dieci case,45 ma in realtà dovevano essere almeno una dozzina.
In questa prima campagna d’acquisti si arrivò ad un totale di spesa di 2.693 fiorini e 3 lire, cifra non indifferente, se a questa si assommano le spese inerenti al cantiere di Santa Maria del Fiore in senso stretto e le spese per il cantiere in piazza della Signoria. Nell’ultimo decennio del Trecento il livello dei contributi annuali assegnati dal Comune all’Opera oscillava, infatti, intorno a fiorini 7.500 e nel primo quarto del XV secolo circa a 2.500.46 L’ente dovette intraprendere inoltre altre compere piuttosto impegnative: da una parte la nuova sede della chiesa di San Michele Visdomini, dall’altra acquisire lo spazio per la zona absidale con i palazzi dei Falconieri e dei Tedaldi e infine, per allargare la via delle Fondamenta dalla parte verso i Servi, di una serie di case o porzioni di esse che fronteggiavano il lato settentrionale della cattedrale. Bisogna tenere presente inoltre che il Comune era impegnato su più fronti, non solo su quello edilizio, infatti in questo periodo (1340-1415), come sappiamo, aveva dovuto provvedere a gestire sommosse intestine e ad armarsi per le guerre che si susseguirono per circa un ventennio.
3.3. Seconda campagna d’acquisti per la nuova canonica
Nell’arco di circa un secolo l’Opera di Santa Maria del Fiore comperò da vari privati diversi immobili nella zona a sud della chiesa, fino all’acquisto sistematico nel 1428 delle case dei Visdomini detti anche Cortigiani. L’intento di consolidare il blocco di proprietà riservato ad alloggio del clero sembra essersi formato gradualmente fino a tutta la prima metà del Quattrocento. Ora, venendo ad analizzare gli acquisti registrati dai notai dell’Opera nel periodo 1417-1436, cioè durante Gli anni della Cupola, vedremo che, dopo la prima grande acquisizione di beni della fine del Trecento, la politica attuata dall’Opera fu soprattutto quella di comperare immobili presi precedentemente in affitto. Il 21 maggio 1417 fu deliberato di costruire un muro che recintasse la piazza presso le case dei Visdomini per potervi fare un deposito di marmi: esso doveva comunque garantire a Giuliano di Guglielmo il diritto di passo e la strada.47 Questo documento, pur non riguardando direttamente gli acquisti in funzione d’alloggio per il clero della cattedrale, è indicativo perché presuppone che già molte abitazioni all’interno di quello che potremo definire il ‘chiostro’ fossero probabilmente di proprietà dell’ente: d’altronde tale deposito fu successivamente smantellato nel 1423, allorché, sistemate le case per canonici e cappellani, si provvide ad abbellire lo spazio claustrale. L’anno successivo (19 agosto 1418), fu notificato, inoltre, a chiunque possedesse una casa nell’area dove, secondo il disegno, sarebbe sorta la canonica di presentarsi per la vendita.48 Nell’atto si fa un preciso riferimento al «disegno», cioè al progetto: l’informazione che ne ricaviamo è preziosissima poiché rivela che l’Opera aveva acquisito questi immobili con l’intento di creare la nuova canonica secondo un piano urbanistico, che consentisse in modo decoroso alloggi e spazi comuni. Nello stesso giorno fu acquistata per 325 fiorini la dimora di Giorgio di Ricciardo dei Ricci confinata su due lati da vie, da un terzo dai beni dell’ospedale di Santa Maria Nuova ed infine dai figli di Cristoforo di Francesco ossia Maso Cicalini (tavola 1, n. 17). È interessante soffermarsi su quest’ultimo perché avrebbe a sua volta venduto di lì a pochi mesi (nel novembre dello stesso anno), per 475 fiorini la sua abitazione «posta da’ Rici»49 (vedi tabella A). Anche in questo caso abbiamo qualche elemento in più per comprendere dove fossero situate le due proprietà immobiliari, usufruendo di una fonte precedente, che riguarda un lodo di divisione redatto nel 1356, tra Ugucciozzo e Giorgio figli di Ricciardo dei Ricci e il loro nipote Jacopo di Salvestro di Ricciardo e il codicillo testamentario di quest’ultimo.50 I beni da spartire erano situati a confine tra i popoli di Santa Maria Alberighi e San Piero Celoro: Ugucciozzo e Giorgio ebbero le case nel popolo di Santa Maria e a Jacopo spettò la casa posta nel popolo di San Piero che aveva tra i confinanti il Cicalini (tavola 1, n. 14).
Per delimitare ancora di più l’area da adibirsi ad abituri del clero della cattedrale, i Consoli dell’Arte della Lana e gli Operai, con deliberazione congiunta, registrata il 23 agosto 1418, decisero di fare erigere un muro di 12 braccia per chiudere la via esistente tra la casa degli eredi d’Ugucciozzo dei Ricci e gli eredi del Cicalini, probabilmente via dello Scheletro col chiasso del Campanile (tavola 1, O).51 Questa operazione avrebbe consentito di recintare una parte degli alloggi e mantenere comunque uno spazio di circa 7 metri sul fronte delle case sui due lati opposti. Sempre nello stesso atto si doveva provvedere, poi, a costruire un muro sulla piazza di San Benedetto tra la casa di messer Giovanni Tedaldini e la torre di Bartolo Cortigiani, in modo da poter chiudere la via che portava alla chiesa di San Piero Celoro (tavola 1, rispettivamente D, nn. 21, 22). Quest’ultimo provvedimento fu realizzato velocemente, se già il 28 aprile 1419 ne fu deliberata la distruzione, con il ripristino dell’apertura della strada stessa, in modo che «dicta via remaneat aperta et possit uti».52 Come si può notare da una registrazione d’affitto del 1353, in cui una bottega risultava confinata con via dei Tedaldini, Giovanni di Francesco Tedaldini su due lati e con il chiasso ovvero piazza, i beni in piazza di San Benedetto erano in gran parte proprietà di questa famiglia.53
Il 31 agosto 1418, in seguito alla notifica fatta il 19 agosto a privati per la vendita dei loro beni all’Opera, fu bandito un concorso pubblico per presentare disegni per la realizzazione della canonica entro il 15 del mese successivo. È significativo puntualizzare questo termine per comprendere quanto alacremente l’Opera volesse realizzare tale progetto.54 Il complesso a questo punto era già racchiuso dietro le facciate delle case che si affacciavano su via del Campanile, quasi si trattasse di un convento, la cui porta si apriva nella piazza di San Piero Celoro, dove era situato il chiostro (tavola 1, n. 1). Nel settembre dello stesso anno si inviò una lettera ad Antonio di Moddeo sellaio per comprare la sua casa a un prezzo equo e nel novembre una delibera congiunta di Consoli e Operai autorizzò quest’ultimi ad acquistare le abitazioni di Giovacchino e Filippo d’Ardingo d’Ugucciozzo dei Ricci, di Maso di Cristoforo Cicalini, dei figli d’Antonio di Berto da Asciano e dell’Arte dei Corazzai, che aveva sulla piazza di San Piero Celoro la propria residenza (tavola 1, rispettivamente nn. 17, 14, 15, 5).55 La dimora dei fratelli Giovacchino e Filippo era situata di fronte al forno dei Ricci e comprendeva corte, stalla e torre, come si può constatare dal rogito d’acquisto;56 quelle di Maso57 e dei da Asciano58 erano poste nel chiasso del Campanile e presumibilmente confinanti con la casa dei Ricci, trovandosi di fronte al detto forno (tavola 1, n. 11). In realtà l’Opera poté acquisire gli immobili dei Ricci a 950 fiorini, di Maso di Cristoforo a 475 e dei figli dello speziale Antonio di Berto a 60,59 ma rimasero fuori da queste trattative le due proprietà dell’Arte dei Corazzai, che, come vedremo, furono vendute, anzi scambiate, successivamente. Con l’acquisto della casa dei figli di Antonio di Berto, che era stata precedentemente presa in affitto per approntarvi la cucina dei preti,60 fu sancito questo uso fino al 1430, quando fu realizzata, come si dirà, una nuova cucina per il capitolo. Per quanto concerne la dimora comprata da Filippo e Giovacchino Ricci essa fu concessa in affitto biennale allo stesso Giovacchino a patto che questi la lasciasse libera con preavviso di 6 mesi qualora gli Operai «vellent destruere dictam domum vel vellent hedificare et hedificari et construi facere chiostrum seu habitationem canonicorum et cappellanorum»,61 dal che si desume che fosse posta nel luogo dove sarebbero stati apportati interventi edificativi sia per creare abitazioni, sia per modificare case preesistenti, sia per aprire l’area del chiostro.
Merita un discorso a parte la casa comprata nel dicembre 1419 da ser Michele di Fruosino spedalingo di Santa Maria Nuova a fiorini 193 lire 1 e soldi 3, poiché non rientrava nel perimetro claustrale vero e proprio: situata nel popolo di San Benedetto essa era collocata, infatti, presso il palazzo di messer Giovanni Tedaldini vicino alla piazza o corte dei Visdomini (tavola 1, n. 21). Fu comunque assegnata per residenza al cappellano ser Antonio da Pistoia, il quale la concesse a sua volta per abitazione a un certo messer Piero di Quintino dalla Germania qualificato nella documentazione de Gli anni della Cupola come cortigiano62 e che probabilmente faceva parte della curia romana al seguito di papa Martino V, allora presente a Firenze.63 La locazione fu confermata nell’aprile e si rese garante per l’affittuario il canonico messer Marino Guadagni. La ragione per cui si ritiene necessario, però, soffermarsi su questo acquisto non è tanto per la posizione dell’immobile, né tanto meno per l’assegnazione, ma perché ebbe bisogno di un successivo atto che comprovasse la sua validità. L’acquisto fu effettuato senza l’autorizzazione dell’Arte della Lana, per cui l’«emptio et solutio predicte fieri non poterant absque consensu et presentia atque deliberatione ipsorum consulum», poiché il notaio dell’Opera ser Dino di Cola, nuovo nell’incarico, aveva redatto l’acquisto e il successivo pagamento, facendo l’errore («processit ex ignorantia statutorum») di non informare l’Arte, ricordando peraltro che anche gli Operai non avevano avuto «recordationem et notitiam statutorum et pratice de predictis». Una successiva delibera congiunta di Consoli e Operai il 23 febbraio 1420 autorizzò e confermò la transazione.64 Anche in questo caso quindi ci si rifaceva a leggi che l’Arte della Lana aveva emanato circa gli acquisti di beni fatti dall’Opera, a partire dal 27 agosto 1382.65
Con questa seconda ondata di compere (1417-1420), per le quali furono spesi complessivamente 2.218 fiorini 1 lira e 3 soldi, canonici, cappellani e chierici poterono usufruire di loro abitazioni, dislocate intorno al chiostro, poiché ad ogni nuova acquisizione seguiva l’assegnazione del bene. Seguì un periodo di stabilità, non essendoci più l’urgenza di allestire una nuova canonica che dovesse soddisfare le esigenze d’alloggio di tutto il clero della cattedrale; in effetti per i successivi 7 anni l’Opera si limitò ad apportare migliorie nel chiostro e nelle abitazioni assegnate sia di proprietà che in affitto. Tramite la tabella D dell’Appendice, cui si rimanda, nella quale sono stati riportati i canonici eletti, secondo i dati desunti dal Catalogo cronologico, testo fondamentale redatto dal Salvini, e le presenze nella documentazione de Gli anni della Cupola, possiamo avanzare l’ipotesi che in questi anni il capitolo avesse tra i residenti 12 canonici (tra i quali il preposto), una ventina di cappellani, compresi i sacrestani, e 2 cantori, mentre ci sfugge il numero di chierici, poiché essi vengono sempre nominati genericamente negli atti a nostra disposizione.66 Avrebbero dovuto gravitare pertanto in quest’area circa 36 sacerdoti con il cuoco e il predicatore, che si aggiungeva nei tempi di avvento e di quaresima, ma in realtà, come vedremo nel paragrafo 4, dove si tratterà specificatamente dei prelati, le presenze non erano costanti e in alcuni casi il numero effettivo dei residenti era inferiore.
Dopo la prima delibera congiunta di Consoli e Operai per eseguire i lavori a tetti, acquai e necessari nella canonica, registrata il 24 ottobre 1419, l’ordinaria manutenzione degli immobili, che possiamo visualizzare nella sua totalità nella tabella B dell’Appendice, riguardante specificatamente i dati relativi alla costruzione e manutenzione, fu delegata ai soli Operai, salvo l’autorizzazione dell’Arte per i lavori più complessi o superiori al tetto di spesa di fiorini 3, a cui si poteva arrivare, come si deduce dall’atto del 30 gennaio 1426.67 La prima operazione per rendere questa zona decorosa fu rimuovere il deposito di pietre e marmi che vi era stato sistemato nel 1417 con la costruzione di un muro di recinzione: nel marzo del 1423 si dispose infatti lo spostamento delle pietre «abrancate dirinpetto alle chase de’ preti presso al disengnio» e successivamente si pagò un carrettiere per aver sgombrato la terra «di su le sepolture al lato alla chiesa di versso le chase di preti».68 In questi anni non accadde niente di rimarchevole se non un incendio fortuito nella cucina che richiese le necessarie riparazioni.
Oltre a questo episodio si possono citare, tra le cose che esulavano dal conservare l’efficienza e la funzionalità degli immobili, le spese eseguite per acconciare il giardino del sacrestano ser Massaino. I conventi nei loro spazi liberi potevano creare aree per la sussistenza del loro capitolo con orti e alberi da frutto: naturalmente ciò non sarebbe stato possibile in un centro urbano denso di costruzioni e senza zone libere da edifici, ma, nonostante ciò, fu chiamato un giardiniere dalla località di Boboli per la sistemazione del detto giardino con una spesa di poco più di una lira; in esso molto probabilmente erano state piantate erbe officinali e alloro per addobbare la chiesa.
D’altronde questo non fu il solo esempio, poiché l’Opera aveva un suo orto con viti presso le case dei Bischeri e all’interno del chiostro un canonico ne aveva uno privato che fu successivamente distrutto per apportare modifiche alle scale che da interne dovevano essere trasferite all’esterno.69 Il 24 gennaio 1426 l’Arte della Lana autorizzò gli Operai ad allestire una stalla nella casa di messer Dino Pecori e in questo caso si stabilì di non spendere più di 20 fiorini utilizzando legname vecchio dell’Opera.70 Pochi giorni dopo, comunque, l’Arte decise di limitare le spese negli acconcimi alle abitazioni del clero e dette balìa agli Operai di controllare i lavori a loro parere più urgenti, non superando i tre fiorini, come già abbiamo detto.
3.4. Terza campagna d’acquisti per la nuova canonica
In seguito alla creazione dei 12 nuovi canonicati di patronato dell’Arte della Lana, con elezione fatta dai Consoli e approvazione dell’arcivescovo col capitolo, secondo la concessione ricevuta per bolle papali71 e sollecitata nel novembre 1426, il 4 agosto 1427 la stessa Arte concesse balìa agli Operai di approntare gli alloggi per i nuovi eletti come avrebbero ritenuto più opportuno con scambi di abitazioni e riparazioni secondo le necessità.72 Nello stesso tempo con delibera solenne si stabilirono acquisti di nuove case in quanto l’Opera, dovendo ospitare i nuovi canonici, ne era carente. Questi a loro volta erano tenuti per il giuramento da loro prestato a risiedere nel chiostro. Fu inoltre stabilito, sempre per la stessa mancanza di spazio, di esonerare dall’obbligo di residenza messer Giovanni Rondinelli, priore di San Giovanni Piccolino in via Larga, e messer Jacopo di Simone, priore di San Michele Bertelde, che sarebbero potuti stare nei loro benefici, finché non fosse stata allestita anche per loro una dimora nel chiostro.73 Bartolomeo Gherardini e Giovanni Niccolini, due degli Operai, ebbero l’incarico di seguire i lavori e di gestire le nuove assegnazioni.74 Ai canonici Filippo Albizzi, Andrea Fiocchi, Bernardo Spini, Antonio Peruzzi, Mico Capponi e Roberto Cavalcanti toccarono nella nuova sistemazione, previa tassa di spettanza, quelle già abitate da cappellani e canonici più anziani e un’operazione analoga coinvolse coloro che ne erano rimasti privi.75 Per ser Massaino, che doveva lasciare la sua dimora a messer Andrea di Domenico Fiocchi fu deciso che il suo ‘abituro’ fosse aperto alla presenza del notaio e di almeno un canonico e un cappellano per redigere un inventario dei suoi beni, che poi sarebbero rimasti depositati in una parte dello stesso immobile; la residenza di messer Antonio Acciaiuoli, promosso dal papa al titolo di arcivescovo di Cefalonia, e pertanto impossibilitato a viverci, fu data a messer Niccolò del maestro Giovanni. Alle maestranze che aiutarono per il trasloco vennero considerate le giornate come se fossero stati a lavorare sul cantiere della cattedrale.76 Un quadro riassuntivo degli interventi di restauro e modifiche degli ambienti si può osservare nella citata tabella B, dove sono elencati in ordine di tempo.
Tornando al bisogno oggettivo di immobili, verificatosi dopo l’accrescimento del numero di prelati e reso necessario per ospitarli tutti all’interno del chiostro, fu deliberata, come abbiamo precedentemente accennato, una nuova serie di acquisti.77 Il primo ad essere acquisito con approvazione dell’Arte della Lana fu il palazzo che era stato di messer Giovanni Tedaldini nel popolo di San Benedetto, situato presso le case di sua proprietà già comprate dall’Opera nel 1388 e nel 1419. Fu venduto dallo spedalingo di Santa Maria Nuova che lo aveva ricevuto in eredità il 4 novembre 1427, per 775 fiorini. Il bene piuttosto grande comprendeva terreno, camere, sale, volta e altri edifici, si affacciava sulla piazza di San Benedetto, era confinato su due lati da via pubblica e chiasso e si accorpava con gli altri due ai precedenti acquisti fatti dall’ente; successivamente fu suddiviso in due unità per accogliervi altrettanti canonici (tavola 1, n. 21).78
La parte più consistente di case non ancora appartenenti all’Opera nell’area claustrale era rappresentata, comunque, dalle proprietà della famiglia Visdomini/Cortigiani. Essi infatti avevano mantenuto le proprie dimore, che si affacciavano sulla corte (tavola 1, L) e sul chiostro: si trattava di diversi beni, come si può constatare dalle descrizioni che emergono da rogiti notarili privati redatti nella seconda metà del Trecento. In un inventario redatto dal notaio ser Azzolino di Contuccino per tutelare il patrimonio spettante al minore Niccolò d’Ulivieri di Niccolò Nerli al momento della richiesta di tutela avanzata da monna Nidda madre del pupillo vennero citati, oltre alla casa, posta presso la corte dei Visdomini e confinata da tutti i lati da beni di tale famiglia, anche le sue pertinenze (tavola 1, nn. 19, 20).79 In un altro atto fu donata da monna Jacopa di Bindo Visdomini al fratello Simone una casa «cum quodam ponte seu sporto supra viam publicam» situata sempre nella ‘curia’ e confinata da altri familiari e dalla predetta via.80 Infine abbiamo un accurato e preciso quadro di detti edifici in un complesso atto in cui si concede lo ius hedificandi sul terreno in parte coperto e in parte loggia presso la corte stessa (tavola 1, n. 20).81
L’indagine condotta su altre fonti in un tempo relativamente poco precedente ci consente di visualizzare quali fossero le reali dimensioni degli acquisti da compiere, poiché non esiste una documentazione specifica nei documenti de Gli anni della Cupola relativa all’autorizzazione per acquistare e alla conseguente entrata in possesso, in quanto ci sono pervenuti soltanto atti relativi ai pagamenti per gli immobili acquistati e alla loro assegnazione ai membri del clero. Proprio tramite quest’ultimo processo, sappiamo che furono comprate 6 case con corte e loggia da vari esponenti della famiglia Visdomini prima del marzo 1428, data in cui venne determinata la destinazione, oltre ai versamenti predisposti dall’Opera, per i quali il provveditore annotò genericamente «sei chase [...] chon chorte e·lloggie detta la chorte de’ Bisdomini, posta nel popolo di San Benedetto» per un costo totale di 3.000 fiorini «tra·lle chase e·lle logie e·ttutti ’ muri appartenenti in detta loggia» (tavola 1, L, nn. 19, 20).82 In un lodo di divisione tra i fratelli Agnolo e Giovanni di Gherardo, antecedente di circa un anno la vendita, l’immobile detto Palagiotto o Palazotto veniva così descritto «una domus sive palagiettum posita in populo Sancte Marie in Campo de Florentia» (tavola 1, n. 22). A Giovanni sarebbe toccata la parte corrispondente alla via verso la cattedrale e ad Agnolo la parte prospiciente piazza delle Pallottole (tavola 1, F): ambedue i fratelli sarebbero stati tenuti a dividere il bene, il primo facendo un muro nella sala e chiudendo la porta sull’androne, il secondo a fare a sue spese un muro in mezzo alla volta, mentre il pozzo doveva rimanere a comune.83 Come si vede l’edificio era piuttosto grande e ben articolato per cui al momento dell’acquisto l’Opera si trovava ad avere due appartamenti piuttosto vasti e già suddivisi in due unità di valore pressoché equivalente.
Mi sono soffermata ad esaminare gli acquisti delle proprietà dei Cortigiani poiché essi rappresentarono uno tra i maggiori investimenti fatti dall’Opera per completare lo spazio per la canonica, ma restano ancora alcuni beni, le cui compere furono effettuate successivamente. Nel primo caso si trattò di una «domuncula» posta nel popolo di San Benedetto fuori la porta venduta da Roberto e Andrea di Bartolo Cortigiani per 28 fiorini il 29 novembre 1428.84 L’anno seguente fu deciso di affittarla a privati in quanto era fuori dal perimetro claustrale:85 questa informazione ci consente di comprendere che i lavori per la chiusura del chiostro erano pressoché terminati, ma prima di affrontare questo argomento, sul quale abbiamo una proficua serie di dati, è bene concludere l’analisi sugli acquisti. L’immobile rimasto da comprare per liberare il chiostro da persone estranee al clero era la dimora dove si radunava l’Arte dei Corazzai, composta da una casa con altra accanto e situata proprio in mezzo all’area interessata (tavola 1, n. 5). Una proposta d’acquisto per 60 fiorini era stata fatta precedentemente nel novembre 1418, ma non aveva avuto esito positivo. Nel maggio del 1429 i Consoli dell’Arte della Lana autorizzarono la vendita di due casette contigue poste in via del Campanile, in una delle quali era stata installata la cucina del capitolo, all’Arte dei Corazzai affinché non rimanesse sprovvista di residenza; la vendita fu registrata nel luglio per lire 780 soldi 8 denari 5. In permuta l’Arte dei Corazzai si impegnò a cedere la propria sede ed ebbe una formula di pagamento dilazionata in tre anni.86 Effettivamente l’Opera riuscì ad acquisire tale proprietà, come risulta dalla portata catastale dei Corazzai.87 La spesa totale per quest’ultima serie di compere (case dei Cortigiani e Corazzai) ammontò a fiorini 3.278.
Dopo aver allestito gli alloggi, era il momento di pensare a rendere l’area claustrale più decorosa e unitaria: si tentò di aggiustarne i confini e di renderla più regolare. Furono presi in tal senso vari provvedimenti a cominciare dal progetto, per il quale risulta uno stanziamento nel febbraio del 1428 a messer Giovanni di Gherardo da Prato.88 Innanzi tutto fu stabilito di chiudere tutte le porte delle case di canonici e cappellani che avessero ingresso e uscita sulla via pubblica, tenendone aperta una sola per tutta la canonica; si provvide inoltre alla costruzione di un muro tra le abitazioni della chiesa di San Piero Celoro e quella data in affitto all’avvocato dell’Opera messer Giovanni da Gubbio, cosicché l’accesso fosse serrato, garantendo comunque allo stesso avvocato l’uscita della stalla dalla parte anteriore della casa.89 Battista d’Antonio, capomaestro, e Filippo Brunelleschi, a cui gli Operai avevano concesso in data 30 marzo 1429 piena autorità per eseguire la chiusura del chiostro, secondo il disegno dello stesso capomaestro, e non superando la spesa di 50 fiorini, avrebbero dovuto valutare il modo di fare una via di passaggio per la corte dei Visdomini tra le residenze di messer Andrea Fiocchi e di messer Bartolomeo Frescobaldi, chiudendo la porta che si affacciava sulla strada esterna.90 Una volta serrate le porte di ingresso e uscita sulla via pubblica, venne deciso d’intonacare tutte le case per un’altezza di 6 braccia, cioè di 3 metri e mezzo circa, e di rimuovere i muriccioli esterni alle stesse.91 Fu data poi balìa agli Operai, sempre in funzione della chiusura del chiostro, di distruggere case o parti di esse poste dalla parte dove era situata la porta d’accesso, vicino agli edifici acquistati dai Visdomini e di rimurare quelle che avessero ritenuto poter servire da ingresso cosicché fosse «honorabilius et utilius pro Opera prelibata» e contemporaneamente di assegnarne altre ai canonici e cappellani che avevano subito il danno.92 Si provvide all’abbattimento di una «domuncula» assegnata a messer Bernardo degli Spini, in modo che le misure corrispondessero all’altro lato della sua abitazione e il trasloco sia dello Spini che di messer Niccolò Banducci per raddrizzare la via.93 Gli Operai, che giudicavano la demolizione degli immobili effettuata insufficiente per la chiusura, incaricarono Filippo di ser Brunellesco e Battista d’Antonio di circoscrivere con una corda l’area con le case ancora da demolire dall’angolo della casetta contigua alla loggia dei Visdomini, già distrutta, fino all’angolo dell’abitazione del canonico messer Andrea da Empoli, per abbattere quelle comprese nella zona così delimitata.94 Gli interventi così predisposti fanno pensare che l’Opera volesse conferire con le modifiche apportate un assetto regolare a tutto il ‘chiostro’.
Fu poi concesso di aumentare la cifra, che era stata stabilita in 50 fiorini, di altre 60 lire per abbellire l’ingresso dell’androne dei chierici (tavola 1, M): il capomaestro fu autorizzato a farne il restauro e a lastricarlo ex novo, dopo la misurazione effettuata da lui e dal provveditore, che risultava essere di braccia quadre 141, e per il lavoro furono stanziate al maestro lastricatore lire 34 e soldi 15.95 Inoltre, poiché gli Operai avevano fatto rimurare e chiudere certe strade pubbliche e all’interno dell’area claustrale era rimasta solo la via che collegava la cucina alle abitazioni, malmessa e senza lastricatura, Battista fu incaricato di provvedervi con una nuova pavimentazione, mentre il provveditore doveva assicurarsi che i frontisti pagassero per la rata di loro spettanza.96 Le migliorie alla viabilità interna proseguirono fino al 1430, quando si organizzò la lastricatura della via che portava alla casa di messer Tommaso Della Bordella vicario dell’arcivescovo.97 Ai primi d’agosto 1429 si provvide a sgombrare la terra dalla canonica.98 Il chiostro risultava pertanto sgombro da materiali e pavimentato per cui si poteva procedere alla chiusura: in effetti il 31 agosto si dette incarico al capomaestro di farne la porta (tavola 1, n. 1) e di rimuovere gli sporti alle case di messer Bartolomeo Frescobaldi e di messer Bernardo di Giovanni, priore di San Pier Maggiore, rimurando fino al tetto e facendo finestre nella casa di quest’ultimo.99 In questa fase gli acconcimi per la chiusura e i suoi abbellimenti furono eseguiti piuttosto celermente: si pensò a farvi il cardinale, su cui fu scolpito il giglio, i beccatelli si ornarono di due agnus Dei; nel 1431 si mise la selce per la soglia; successivamente si concesse alla compagnia di San Zanobi un nuovo posto dove congregarsi, cosicché la «clausura claustri capituli florentini remaneat integra» e nel 1434 l’accesso fu rifinito con un tabernacolo sopra la porta nel quale Bicci di Lorenzo dipinse la Vergine, santo Stefano e san Zanobi.100
A proposito della compagnia di San Zanobi bisogna dire che fu data commissione nel febbraio del 1432 a Matteo di Simone Strozzi, uno degli Operai, di disporre un nuovo luogo dove la congregazione potesse riunirsi, data la necessità di avere la chiusura integrale del chiostro e nel 1434 fu concessa come loro residenza la stalla e la legnaia della casa assegnata a messer Bernardo priore di San Piero Maggiore e vi furono fatti i lavori a spese dell’Opera (tavola 1, n. 2).101
Come si deduce da una serie di provvedimenti, modifiche nell’area claustrale continuarono anche negli anni successivi fino al 1436. Messer Matteo Bucelli, cui era stata consegnata nel luglio 1429 una casa contigua a quella dove abitava, fu tenuto a rimurare ciò che era stato demolito tra le due abitazioni e gli fu sbassata la propria dimora.102 Nel marzo 1430 si concesse alla famiglia dei Ricci di costruire a loro spese un muricciolo vicino alla finestra dell’abitazione di messer Dino Pecori presso il fornaio, a patto che potesse essere demolito a richiesta degli Operai.103 Con una delibera congiunta di Consoli dell’Arte della Lana e Operai nel dicembre 1430 si autorizzò la costruzione della nuova cucina del capitolo da farsi nel casolare dove prima risiedeva l’Arte dei Corazzai, in quanto «fore actum pro coquina tum quia est in medio claustri tum quia nulla domus devastatur». In essa dovevano essere fatti pozzo, forno, camino, acquaio e la camera per il cuoco: in tal modo si sarebbe liberato lo spazio dove era situata la precedente cucina, che sarebbe servito a ospitare un canonico.104
In seguito alla lastricatura di via del Campanile (tavola 1, G) gli Operai «considerantes rusticitatem quam inferunt certi sportus» incaricarono il capomaestro di provvedere alla demolizione di quelli di pertinenza dell’Opera, ristrutturando le facciate, e sempre sul lato esterno della canonica si fece sterrare il terreno alla porta del chiostro tra la parte lastricata di nuovo e la fiancata laterale della chiesa, risistemando le sepolture che potevano essere state danneggiate nello sterro; si passò poi ad allestire la fognatura in modo da liberare la zona claustrale dalle acque pluviali, consentendone il deflusso senza passare dall’ingresso.105
La carenza di alloggi all’interno del capitolo era tuttavia un problema sempre presente e per questo motivo, dopo una delibera congiunta di Consoli e Operai del dicembre 1431, si suddivise nel gennaio 1433, spendendovi dieci fiorini, la casa dei Tedaldini, acquistata dall’ospedale di Santa Maria Nuova e concessa in affitto all’avvocato messer Giovanni da Gubbio, in due appartamenti canonicali e se ne assegnò uno al canonico messer Niccolò Banducci.106 Si decise poi nel 1434 di costruire ex novo tre case per i cappellani, con un esborso di 115 fiorini, ricavandole dalla loggia dei Visdomini, a cui era stato rifatto il tetto due anni prima.107 Nel quaderno di ricordi del provveditore si davano le misure dell’area edificativa: larghezza braccia 8 e ¾ , lunghezza braccia 8 e altezza braccia 12, corrispondenti rispettivamente a metri 5, 4 e mezzo e 7 circa,108 ma si fece subito una modifica al progetto edilizio poiché, avendo rimisurato il terreno, ci si rese conto che la lunghezza non sarebbe stata sufficiente, considerato che vi si doveva costruire anche le scale esterne e la stalla per la casa di messer Bernardo Spini, per cui si ridusse il numero a due case.109 Si costruì inoltre una nuova casa per il canonico Roberto Cavalcanti, usando la loggia sotto la casa di Bartolo Cortigiani e la casetta a essa attaccata di monna Bice vedova di Gherardo, spendendo al massimo 70 fiorini.110 Si sistemò quindi a spese dell’Opera la casa di messer Bartolomeo Frescobaldi, in cambio di una stalla posta sotto la loggia dei Visdomini, che il canonico aveva fatto edificare privatamente e che serviva alla realizzazione delle due abitazioni per i cappellani.111 I lavori al chiostro nel 1436 dovevano essere già terminati, come si desume dalla colazione a base di trebbiano, pane bianco, poponi e susine offerta agli Operai il 27 luglio quando «andorono a vedere le chase de’ chalonaci e de’ preti».112
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A questo punto l’area era di esclusiva pertinenza del capitolo, eccetto che per una casa con casetta prese in affitto fino a tutto il 1436 da ser Nicola rettore di San Piero Celoro e la chiesa stessa (tavola 1, n. 18), che, pur essendo una tra le prime 36 chiese parrocchiali della città, rimasta racchiusa nel perimetro claustrale, non veniva da tempo più utilizzata come parrocchia. Essa fu concessa da Eugenio IV nella bolla papale del 23 marzo 1436 emanata per la scuola dei chierici, ad uso dei canonici e cappellani affinché «possint mattutinas huiusmodi cantare seu recitare in loco ecclesie Sancti Petri Celorum que est in claustro eorumdem».113 Successivamente fu sconsacrata da Niccolò V nel 1448, riducendola a «benefizio», e trasformata in biblioteca pubblica.114 Al fine di rendere la biblioteca usufruibile agli studiosi fu nominato un libraio che aveva il compito di tenerla aperta almeno quattro ore al giorno.115
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Naturalmente acconcimi nel luogo vennero eseguiti anche negli anni successivi: furono presi provvedimenti per lastricare la via presso la porta del chiostro, facendovi dei muriccioli, e presso il campanile; restauri all’acquaio nella casa dei chierici e un palco nella dimora assegnata al maestro; fu finalmente organizzato uno spazio per la stalla di messer Bartolomeo Frescobaldi in piazza San Benedetto, ricavata da una casetta di proprietà dell’Opera; si dispose di affittare una casa per il canonico Antonio Dell’Antella, che non aveva alloggio in canonica per carenza di immobili; per tale motivo con una delibera congiunta di Consoli e Operai fu stabilito di spendere fino a 150 fiorini allo scopo di ovviare alla mancanza, oltre che per canonici e cappellani anche per la scuola dei fanciulli, per i quattro cantori e il loro maestro; nel 1439 proseguì la lastricatura della piazza dall’angolo della via presso il chiostro alla via presso la sede dell’Opera, presumibilmente tra le attuali via dello Studio e via dell’Oriuolo e si rialzò la terra di piazza delle Pallottole.116
3.5. Interventi successivi
In seguito alla concessione fatta nel 1461 da Pio II al clero della cattedrale, con la quale istituiva la dignità dell’arcidiacono, dell’arciprete e del decano in seno al capitolo, oltre alle preesistenti cariche della prepositura e del suddiaconato,117 l’Opera concesse per abitazione all’arcidiacono, massima autorità canonicale, l’intero immobile prospiciente l’attuale via della Canonica, compresa la torre dei Visdomini (tavola 1, nn. 8, 9).118 Egli doveva versare per entrarvi una congrua tassa d’ingresso oltre a donare l’usuale paramento di seta o di altra stoffa pregiata del valore di 20 fiorini alla sacrestia. Il primo canonico promosso a tale carica fu Giovanni Spinellini, che d’altronde ne era il preposto nel 1459, come attesta una delibera relativa alla dimora di sua pertinenza, che si doveva trasmettere per detto titolo:119 l’edificio risultava composto di piano terra adibito a stalle e cantine, primo adibito a sua residenza, secondo e terzo. Nel 1510 vi furono apportate migliorie e riparazioni poiché «intra l’altre case la magiore et principale di tutte è quella che dal principio di tale dignità insino al presente dì è stata deputata per habitatione dello archidiacono di tale chiesa prima degnità d’epsa».120
Siamo, inoltre, in grado di ricostruire quale fosse il numero dei residenti nel chiostro ai primi del Cinquecento da un piccolo gruppo di documenti. Si tratta di due delibere dell’Arte della Lana fatte per la riforma sulle tasse che i prelati dovevano sborsare sulle case: nella prima del 20 dicembre 1509, relativa ai beneficiari del canonicato, sono citati arcidiacono, arciprete, diacono, subdiacono e 13 canonici, per i quali la tassazione consisteva in 50 fiorini ai primi tre e a un canonico e per gli altri oscillava da 35 a 25 fiorini; la seconda del 17 dicembre 1512 prendeva in esame le tasse, che non superavano i 5 fiorini, ai nuovi cappellani dell’Arte della Lana, dandone i nominativi e il loro numero di 14, per un totale di 31, ma da un documento del 29 aprile 1499 sappiamo che il loro numero complessivo era di 52.121 I chierici di sacrestia salariati, inoltre, furono portati da 4 a 5 membri.122 La scuola dei chierici (tavola 1, n. 4), istituita da Eugenio IV con la bolla del 23 marzo 1436, prevedeva un maestro e 53 fanciulli, dei quali 33 stipendiati a 9 fiorini l’anno; la cappella della musica, fondata nel 1501, consisteva in due tenori, 2 contralti, 2 «contrabassi», 7 «suorani» e un maestro di chierici di canto figurato.123 Le persone che gravitavano in canonica erano poco più di un’ottantina, compreso il predicatore, poiché i chierici potevano tornare in famiglia, alle proprie dimore.
Dopo i grossi interventi edilizi della prima metà del Quattrocento per rendere il chiostro confacente al decoro e al prestigio della cattedrale, nonché simile ad altre strutture capitolari, con la chiusura della cinta muraria che delimitava l’isola, non risulta che la canonica abbia subìto modifiche di ordine strutturale nel corso dei tre secoli successivi, come si può notare dalle rappresentazioni di essa già citate (figg. 2, 3). L’Opera si limitò ad eseguire via via i lavori necessari, gestendo quelli di straordinaria manutenzione a sue spese e di ordinaria a carico degli ecclesiastici, che, oltre alla «tassa di entratura» erano tenuti a sostenerne l’onere. Nuovi interventi strutturali si avranno infatti solo in epoca lorenese.
3.6. Interventi in epoca lorenese fino alla canonica attuale
Durante il Granducato di Toscana, secondo il rescritto emanato il 2 maggio 1754 dal Conte di Richecourt, allora Ministro Cesareo della Reggenza lorenese per la tutela del ‘decoro pubblico’ cittadino, venne riaperta l’area claustrale sia verso la cattedrale che le strade laterali, ma gli edifici mantennero ancora il loro volume irregolare di fronte alla facciata meridionale.124 Per la riapertura del chiostro e l’abbattimento «di alcune case, cortili, logge e vicoli a budello» fu affidato l’incarico all’architetto dell’Opera Giuseppe Ruggieri (tavola 3). A riprova della riapertura della canonica abbiamo una serie di informazioni che ci sono fornite dalla descrizione degli immobili del catasto lorenese del 1776: si fa riferimento al complesso indicandolo come «nel luogo detto già la canonica» oppure «nel recinto luogo detto già la canonica del Duomo, oggi nella strada nuova».125
Si pose maggior attenzione allo stato degli edifici che facevano parte del complesso probabilmente in seguito alla citata legge sul decoro. Gli immobili versavano probabilmente in cattive condizioni, dal momento che l’Opera di Santa Maria del Fiore aveva incaricato nel 1822 il suo architetto Giuseppe Cacialli126 di prendere provvedimenti per eseguire migliorie. Egli pertanto aveva redatto una relazione circa la criticità degli stabili per approntare con urgenza le riparazioni necessarie riguardanti soprattutto la sistemazione di docce, che producevano umidità nelle stanze terrene, tetti, parti di pavimento e scalini con un preventivo di spesa consistente in scudi 5.060.127 Il 23 gennaio 1823 si mise ‘a riposo’ e fu sostituito nell’incarico da Gaetano Baccani,128 che fece a sua volta un rapporto sulle condizioni delle antiche case canonicali, proponendone la demolizione e la costruzione ex novo, con un progetto per l’«addirizzamento» di piazza del Duomo (Fig. 4).129
La descrizione degli immobili redatta in quest’occasione fu molto accurata, tanto che si possono estrapolare da essa dati utili a capire come si presentassero le case del chiostro, invariate nel loro aspetto attraverso i secoli XV-XVIII. Per ogni stabile Baccani fornì sia il numero comunale che il riferimento progressivo della sua relazione: la canonica partiva col numero III, poiché i primi due riguardavano la sede dell’Opera del Duomo (attuale Museo) e l’Opera di San Giovanni (odierno Centro Arte e Cultura), il cui piano inferiore veniva utilizzato come magazzino. In via dello Scheletro erano situate tre case (tavola 1, n. 6), di cui quella indicata III, contrassegnata dal numero comunale 739, era composta da terreno, primo, secondo e terzo piano e vi risiedeva un canonico. Necessitava di diverse riparazioni, ma soprattutto vi dovevano essere rifatte in pietra le scale lignee per accedere al terzo piano e a una stanza superiore. La successiva (IV), al n. 740, oltre al terreno aveva due stanze sopra poste a livello diverso. La terza (V) al n. 741, comprensiva di terreno, primo e secondo piano, risultava spanciata ed era sostenuta da archi a sbarra che, attraversando la via, «puntavano nello stabile dell’arcidiaconato» per consentire una maggior stabilità a tutto l’edificio. In piazza del Capitolo (tavola 1, H) si affacciavano due case assegnate a prelati: la prima (VI), al n. 742, era composta da cantine, terreno, primo, secondo e terzo piano, confinava lateralmente con la n. 741 e vi si doveva intonacare la facciata principale sulla piazza, mentre la facciata su via dello Scheletro si presentava spanciata. La seconda (VII), al n. 743, aveva cantina, terreno, primo e secondo piano, a cui si accedeva mediante una scala in pietra e lignea, e di lì ancora sopra c’erano la cucina e una stanza. Sei stabili corrispondevano in via della Canonica (tavola 1, I): il primo (VIII), al n. 746, aveva terreno con cantine, un primo piano in gran parte «soprapposto alla sala d’adunanze dell’Opera di carità», un secondo piano e altre due stanze sopra di esso e soffitta; il secondo (IX), al n. 747, era di dimensioni più piccole con un andito e superiormente due stanze poste a livelli diversi; il terzo (X), al n. 748 comprendeva stanze terrene con cantine, un piano superiore, soffitta e altra stanza annessa; il quarto (XI), a n. 749 aveva terreno, primo e secondo piano, una soffitta con stanza annessa; il quinto (XII), al n. 750, era composto da cantina, terreno, primo e secondo piano e la stessa distribuzione di spazi la possedeva il sesto (XIII) al n. 751. A questi si aggiungevano due case poste in piazza de’ Maccheroni, rispettivamente ai nn. 753 (XIV) e 754 (XV), ciascuna dotata di cantine, terreno e due piani superiori. Quella contrassegnata col n. 754 aveva anche una stanza a palco «soprapposta ad uno stabile del Penitenzierato» e un terrazzo coperto. Seguivano una casa in via dei Bonizzi, al n. 833 (XVI), composta da terreno, 2 piani e soffitte, affittata al custode della cattedrale e due case in piazza del Duomo, al n. 836 (XVII e XVIII). La prima, comprensiva di terreno con due cantine e tre piani, ospitava al primo i chierici della sacrestia; la seconda con terreno e due piani aveva nella parte alta un terrazzo coperto. In piazza della Misericordia erano situati due immobili, rispettivamente ai nn. 837 e 838 (XIX, XX): il primo a terreno aveva una cappella ed era composto da 3 livelli, il secondo a terreno aveva un pozzo e 3 cantine, un mezzanino e due piani.
Oltre a queste abitazioni furono esaminati nel rapporto anche lo stabile dello Studio Fiorentino e lo stanzone coperto a tetto usato per lavorare i marmi in via dello Studio, il magazzino detto della Rotonda (tavola 1, n. 12) e quello coperto a tetto, usato per la calcina e una piccola bottega in piazza delle Pallottole. La spesa complessiva per i lavori di ristrutturazione era prevista in scudi 4.091 lire 73 soldi 43 e denari 4, non discostandosi molto nella valutazione dal precedente rapporto stilato dall’architetto Cacialli. Riassumendo, le case facenti parte dell’area canonicale erano 18 e fornivano la residenza a 14 prelati tra canonici, cappellani e preti.130
Al termine del rapporto il Baccani concludeva che sarebbe stato meno costoso demolire parte dei vecchi caseggiati piuttosto che intervenire con pesanti ristrutturazioni e presentava di conseguenza un progetto di restauro che prevedeva anche l’«addirizzamento» di piazza del Duomo, adducendo tra i motivi di intervento l’abbellimento che ne sarebbe derivato alla piazza, giacché la cattedrale era fiancheggiata nella parte meridionale «da una linea di stabili d’irregolare e cattiva costruzione» e la maggior parte degli edifici conservava all’esterno «l’antica forma sì nelle finestre che in ogni rimanente della loro costruzione, vedendosi perfino le luci chiuse con impannate, reliquie d’antico costume» e all’interno irregolarità nella suddivisione dei locali e dei piani. Proponeva pertanto al doppio scopo d’ottenere l’«ornamento della piazza» e una maggior comodità nelle abitazioni di tagliare «la peggior parte delle case» dall’angolo della piazza delle Pallottole fino alla facciata della Misericordia, demolendo pochi quartieri, cioè quelli «abitati dai curati e cherici di sagrestia», e le residenze rispettivamente del «seminario fiorentino» e dell’«uffizio di carità dei cappellani», che sarebbero stati recuperati, occupando la via laterale al capitolo, cioè via della Canonica, oggi inglobata tra San Pier Celoro e il palazzo centrale, e una parte della piazza su via dello Studio, con un preventivo totale di scudi 13.923. 3. 7. 8.131 Nei due anni successivi alla stesura del primo progetto, Baccani propose ulteriori modifiche e demolizioni da attuare nell’area.132 Tutti gli edifici interessati dalla demolizione sono elencati e descritti, seguendo il testo di Baccani, nella tabella C in Appendice.
I progetti furono approvati e dal 1826 al 1830 l’architetto Baccani fece radere al suolo le antiche costruzioni lungo la piazza e apportò diverse modifiche negli edifici situati dietro le parti rifatte ex novo. Al posto degli immobili distrutti eresse ben allineati e arretrati rispetto ai vecchi edifici tre grandi fabbricati per le abitazioni dei canonici. Il palazzo centrale, a fianco della piazzetta del capitolo, venne arricchito di una balconata sorretta da quattro colonne che incorniciavano due nicchie con statue raffiguranti gli architetti del Duomo Arnolfo di Cambio e Filippo Brunelleschi, eseguite da Luigi Pampaloni nel 1830.
4. Gli abitanti della canonica e la vita capitolare
Finora abbiamo esaminato la struttura architettonica della sede capitolare, ma chi erano i fruitori di tale spazio? In questa parte ci accingeremo a identificare i personaggi che vi risiedevano e le loro costituzioni nel periodo del primo Quattrocento con riferimenti alla disciplina che governava il capitolo della cattedrale fiorentina dal XIII secolo in poi. L’esistenza di studi sull’argomento ci permette di inquadrare questa realtà nella situazione ecclesiastica della città tra i secoli XIII e XVI, ripercorrendo a grandi linee la storia dell’episcopio e del capitolo metropolitano con le normative a cui fu sottoposto dalla chiesa e dal Comune.133 Bisogna tener sempre presente, infatti, il controllo esercitato dal ceto dirigente cittadino sulle istituzioni ecclesiastiche a partire dall’apparato diocesano. Anche se i vescovi di Firenze fino dalla fine del XIII secolo avevano cercato di mantenere un certo equilibrio tra potere civile e religioso, i collegi dei chierici secolari, che li affiancavano, vale a dire il capitolo della cattedrale, continuavano a essere rappresentanti del potere politico, essendo per lo più esponenti della classe dominante, come si può desumere dal Catalogo cronologico dei Canonici redatto dal Salvini.134 Il capitolo, in quanto corpo istituzionale sempre presente, rappresentava la continuità del governo diocesano, anche in periodi di sede episcopale vacante, quando esso, facendone le veci, costituiva la massima autorità ecclesiastica, con competenze specifiche sia nel campo giudiziario che nei benefici, coadiuvato in questo anche dal ruolo rivestito dai Visdomini; già sul finire del Duecento, però, i canonici si erano visti defraudare dai vescovi la facoltà di affiancarli nell’assegnazione di dotazioni patrimoniali, che sempre più spesso erano conferme di nomine proposte dai loro patroni.
Un problema che perdurava fino dalla fine del XIII secolo era l’assenteismo dei canonici, che, pur ricevendo la loro rendita prebendale, non osservavano con le loro assenze gli impegni nei confronti dei divini offici e l’obbligo della residenza in canonica. Secondo Davidsohn all’inizio del Trecento partecipavano alla vita religiosa della cattedrale in tre su tredici e un secolo e mezzo dopo in dodici su trentuno.135 Diversi vescovi fiorentini promulgarono nel corso del XIV secolo costituzioni sinodali, per cercare di sanare la situazione. È importante, al fine di conoscere più da vicino la vita dei canonici, analizzare la disciplina che erano tenuti a rispettare: pertanto ci soffermeremo su quei presuli che intervennero legislativamente sul regolamento canonicale.
4.1. Le costituzioni sinodali di Antonio degli Orsi (1310)
Il vescovo Antonio degli Orsi per porre fine all’assenteismo del clero dalle funzioni religiose nel 1310 promulgò una costituzione relativa al capitolo della cattedrale con «monitiones, precepta et sententie» al fine di regolarizzare la vita dei canonici e di chiarire quali fossero i compiti che erano chiamati a svolgere.136 In esse si ribadivano sostanzialmente, come fa notare Trexler, le volontà espresse in precedenti decreti, fino dalla riforma ecclesiastica dell’XI secolo, in cui venivano richiamati al dovere della vita comune.137 Era consuetudine ormai acquisita, infatti, che molti membri del capitolo, che godevano di una carica di potere e prestigio all’interno della comunità, vivessero fuori della canonica con i frutti delle loro prebende e svolgessero attività secolari per la propria famiglia. Il presule intervenne anche sulla gestione finanziaria: le rendite dei beni rimasti indivisi, come patrimonio capitolare comune, sarebbero state spartite come distribuzioni proporzionali all’assiduità della presenza agli offici sacri, in modo da incentivare lo zelo dei canonici. D’altronde la stessa legislazione prevedeva alcune deroghe alla frequenza e residenza per quei membri che rivestivano incarichi per il pontefice o per il vescovo oppure che erano impegnati nello studio come professori o studenti; a questi permessi si univano i periodi di vacanza autorizzata. Tale lassismo finiva per contagiare anche i cappellani che a loro volta incaricavano altri chierici di celebrare le messe al posto loro.138 Antonio degli Orsi portò il numero dei canonici a 12, ai quali aggiunse le figure del preposto e del tesoriere, arrivando così a 14 componenti. Essi avevano l’obbligo di residenza entro le 20 miglia dalla città e dovevano presentarsi ogni volta che avessero ricevuto una convocazione del vescovo o dello stesso collegio per partecipare alle decisioni capitolari; inoltre dovevano possedere gli ordini sacerdotali, erano tenuti a dimostrare la propria legittimità di nascita ed erano obbligati alla vita in comune.
4.2. Le costituzioni di Francesco Silvestri (1327)
Alla morte dell’Orsi avvenuta nel luglio 1321, la sede vescovile si rese vacante per circa due anni in seguito a indecisioni su quale candidato eleggere tra i due proposti dal capitolo, che si era diviso in due schieramenti.139 Alla fine il pontefice Giovanni XXII intervenne direttamente e, senza tener conto delle due candidature suggerite, impose un vescovo non fiorentino: l’intervento papale di fatto, come fa notare Elena Rotelli, tolse ai canonici uno tra i loro compiti più importanti. Venne eletto Francesco Silvestri da Cingoli, che era stato prima vescovo di Senigallia e di Rimini. Il nominare uno straniero faceva parte della politica papale avignonese che tendeva a ridimensionare i poteri locali, ma trovò l’appoggio del Comune, che aveva vietato l’elezione a vescovo di esponenti di famiglie magnatizie o comunque più potenti di Firenze.140 Il nuovo vescovo, che si era ritrovato a dover risanare le finanze dell’episcopio, in condizioni disastrose per la trascuratezza del suo antecessore, intervenne attivamente nella vita pubblica e politica cittadina: fu uno strenuo oppositore del partito ghibellino e si prodigò a favore della cittadinanza durante l’assedio di Ludovico il Bavaro, riportando la figura del presule all’autorità che le competeva. Dette anche il suo assenso per lo spostamento della canonica, nel 1340, per agevolare in tal modo i lavori di ingrandimento della cattedrale e della piazza. A tutela del clero e per ristabilire i privilegi ecclesiastici emanò a sua volta nel 1327 delle nuove costituzioni sinodali, tramite le quali ribadiva l’obbligo di residenza e invitava i chierici al giuramento di fedeltà verso i superiori. Si trattava di un testo piuttosto articolato che, oltre a regolare una serie di questioni interne alla disciplina canonicale, affrontava anche il tema delle cause per usura, secondo quanto era stato richiesto nel II Concilio di Lione dalla Chiesa romana.141 Le costituzioni del 1327 garantivano al vescovado un terzo dei legati pii devoluti genericamente nei testamenti cittadini, fornendo alla chiesa fiorentina una rendita cospicua. Tali costituzioni, sebbene fossero state contestate in un primo momento dalla Curia pontificia, di fatto servirono ad appianare la controversia fiscale sul clero e l’autorità secolare.142
4.3. Le costituzioni di Angelo Acciaiuoli (1346)
Anche il successore di Silvestri, Angelo Acciaiuoli, frate predicatore e vescovo di Firenze in anni di carestie, alluvioni ed epidemie (1341-1355), partecipò attivamente alle vicende cittadine: capeggiò una congiura contro Gualtieri di Brienne, duca d’Atene, e si trovò coinvolto in prima persona nella Balìa dei Quattordici nel 1343. Nonostante i periodi di assenza per motivi familiari e diplomatici, fu un presule attento ai problemi del clero e promulgò a sua volta costituzioni sinodali nel 1346. In esse, che in gran parte non si discostavano da quelle emanate dal suo predecessore, invitò il capitolo a eleggere i camarlinghi con incarico annuale e a scegliere amministratori idonei per affrontare il problema dell’obbligo di residenza; stabilì che chi aspirava a essere ordinato sacerdote doveva possedere requisiti di sanità fisica e mentale e infine che coloro che sceglievano la vita religiosa erano tenuti a sottostare ad alcune regole: indossare abiti adeguati, portare la tonsura, evitare il gioco, le armi, i luoghi sospetti e il concubinaggio.143
4.4. Le costituzioni di Angelo Ricasoli (1372) e l’episcopato di Onofrio Visdomini
Dal 1370 al 1382, momento particolarmente difficile per la città, che sopportò disordini interni e la guerra degli Otto santi contro il papato con il conseguente interdetto pontificio, fu vescovo di Firenze Angelo Ricasoli, che redasse nel 1372 altre costituzioni sinodali. In esse, tornando all’annoso problema della non residenza, escluse dalle rendite dei benefici coloro che non risiedevano nel chiostro. Sono attribuibili a lui, secondo lo studio di Elena Rotelli, le costituzioni conservate in copie senza data all’Archivio del Capitolo fiorentino.144 Vi si ribadivano ancora una volta le regole da seguire, prima fra tutte l’obbligo per preposto, canonici e cappellani di presiedere alle funzioni sacre nelle ore stabilite e con l’abito prescritto a onore della chiesa;145 venivano poi date nuove disposizioni: istituì la carica di due camarlinghi e di un tesoriere da eleggersi tra i cappellani, con incarico rinnovabile annualmente; i canonici avevano l’obbligo di farsi confezionare un piviale nuovo del valore di 20 fiorini, da lasciare in dote al capitolo al momento della morte; le oblazioni della festa di San Giovanni dovevano essere devolute al collegio capitolare.146 Era un periodo difficile non solo per la città, ma anche per la chiesa fiorentina, che, pur non avendo appoggiato apertamente la guerra mossa contro il papato, si era mostrata troppo defilata rispetto alla fedeltà pretesa da Urbano VI e, come nota David Peterson, la situazione si inseriva su altre grandi problematiche, quali lo scisma d’Occidente, l’espansione territoriale fiorentina, nonché le fazioni politiche interne.147 Il Ricasoli, come rappresentante della massima autorità ecclesiastica cittadina, fu punito dal papa e mandato come vescovo prima a Faenza e successivamente ad Arezzo.
Destino analogo toccò anche a Onofrio Visdomini, detto anche dello Steccuto (1390-1401). Il Visdomini, dopo la sua prima destinazione episcopale a Volterra, fu trasferito a Firenze, dove lasciò testimonianza del suo mandato con i Beneficiali, ricordi delle visite pastorali da lui intraprese nelle chiese più povere della diocesi.148 Apparteneva alla famiglia e consorteria che era sempre stata rappresentante del vescovado fiorentino, come già abbiamo notato trattando l’argomento degli acquisti di case ed era un frate agostiniano, maestro in teologia. Il suo episcopato si situa nel primo periodo dello scisma d’Occidente con gli antipapi Clemente VII, al secolo Roberto di Ginevra, e Benedetto XIII, Pedro de Luna, che, abbandonata la chiesa romana di Urbano VI, divenne seguace e successore dello stesso Clemente. Il de Luna aveva cercato di guadagnarsi l’appoggio della Repubblica, incoraggiato dall’atteggiamento tenuto nei suoi confronti dalla Signoria, che nel 1394 aveva accolto suoi ambasciatori. Al Visdomini, nonostante non si fosse schierato a favore dello scisma, fu contestata comunque la poca chiarezza e fu retrocesso per disposizione pontificia punitivamente, senza esplicitarne i motivi, ma soltanto «ex certis causis» a Comacchio e deposto dal capitolo del Duomo, poiché si ostinava a non voler lasciare la propria città. Essere esponente di famiglie di potere non garantiva pertanto, secondo la politica pontificia, la sicurezza dell’episcopio, come ha sottolineato Peterson.149 Il suo caso fu in un certo senso peggiore rispetto a quanto era accaduto al Ricasoli perché coinvolse non solo lui, ma anche tutta la consorteria, compresi i Della Tosa: papa Bonifacio IX, infatti, tolse loro i poteri che avevano come vicari del vescovo in sede vacante, compresi privilegi e benefici ecclesiastici e si può far risalire a tale causa la decadenza politica e finanziaria della famiglia.150
4.5. Il vescovo Amerigo Corsini
Nel 1411 assurse alla carica episcopale Amerigo Corsini.151 Il personaggio richiede un maggior spazio per essere stato protagonista occulto, ma sempre presente, del periodo de Gli anni della Cupola. Figlio di messer Filippo di Tommaso e di Lisa dei Rossi nacque probabilmente a Firenze nel 1370. Apparteneva a una tra le più potenti famiglie fiorentine, che fino dal secolo XIII era stata protagonista del ceto dirigente della città col ruolo svolto dai suoi membri come mercanti e banchieri e che vide accrescere il proprio prestigio con importanti incarichi di governo ed ecclesiastici, come nel caso dello zio Pietro, vescovo di Firenze (1363-1370), morto nel 1404, eletto cardinale da Urbano V col titolo di San Lorenzo in Damaso.152 Il padre, che era dottore in legge e insegnava nello Studio, fu uno dei maggiori esponenti della vita politico-culturale di fine Trecento, grazie anche alla parentela con gli Albizzi a cui apparteneva la madre.
Amerigo, destinato alla carriera ecclesiastica, ottenne giovanissimo la prepositura di Poggibonsi. Quasi sicuramente era schierato con la chiesa avignonese, nonostante che Firenze si fosse mantenuta ufficialmente fedele alla chiesa di Roma, come si deduce dalla carica di arcidiacono di Bayeux in Normandia e dal canonicato a Guéron.153 Allorché fu eletto papa, Giovanni XXIII, che da cardinale aveva avuto rapporti molto stretti con la nobiltà fiorentina, lo creò vescovo della città, dopo un’elezione pro forma compiuta dal capitolo. In effetti, come rileva Renzo Ristori, per la sua elezione vi furono forti pressioni politiche, poiché il nuovo presule venne prescelto, su esplicita richiesta della Signoria, nonostante esistesse una legge del 7 luglio 1375 che vietava ai cittadini fiorentini di accettare l’episcopato della propria città. Con questa nomina si ripristinava la piena unità di intenti tra vescovado e dirigenza cittadina, come era avvenuto nella seconda metà del Trecento. In quest’ottica di sovrapposizione tra potere ecclesiastico e secolare, il Corsini, come afferma Lorenzo Tanzini, fu il primo beneficiario della politica ecclesiastica della Repubblica, che mirava a far coincidere la mappa diocesana col nuovo assetto territoriale.154 Nel 1419 divenne il primo arcivescovo di Firenze quando Martino V promosse la sede da vescovile, unendovi le diocesi di Fiesole e di Pistoia, in arcidiocesi. Ebbe nei confronti del clero metropolitano un atteggiamento intransigente, soprattutto per motivi economici. Principale obiettivo di Amerigo Corsini fu la riorganizzazione della chiesa cittadina, che si trovava da un lato impoverita dopo l’interdetto pontificio e la secolarizzazione di parte del patrimonio, e dall’altro impegnata a ricostruire i rapporti con la società secolare. Nel 1422 intraprese una visita pastorale nelle chiese della sua diocesi per conoscerne le reali condizioni.155
Il clero fiorentino nel 1418, di propria iniziativa e senza richiedere l’intervento del vescovo, si riunì in sinodo ed elaborò una costituzione riguardante la struttura dell’organizzazione interna della diocesi, prendendo a modello quella municipale dalla gestione dei beni agli uffici e cariche. In tale costituzione fu istituita una ‘cassa comune’ del clero allo scopo di difendere gli interessi economici diocesani; si predispose l’ufficio di 11 procuratori degli ecclesiastici, tra i quali uno che doveva esprimere le volontà dei canonici; a loro era affidato anche il compito di scegliere i notai, esperti in iure canonico; si elessero i camarlinghi, che avrebbero amministrato le entrate e l’estinzione dei debiti, e un consiglio maggiore, composto da 66 membri (11 procuratori, 11 consiglieri e 44 chierici provenienti da tutta la diocesi). Nelle elezioni si doveva procedere per imborsazione; ogni ufficio era di durata semestrale e ogni cinque anni si doveva riunire un sinodo per aggiornarsi sulle reali esigenze dei suoi componenti e per tenere sotto controllo la gestione del patrimonio. Queste costituzioni emanate dal clero furono così innovative che lo stesso pontefice intervenne per annullarne gli effetti e il governo ecclesiastico urbano tornò ad essere gestito dal presule, che nel 1427 elaborò a sua volta delle costituzioni, che rappresentarono un tentativo di rimettere ordine nelle strutture ecclesiastiche cittadine, senza tuttavia ottenere i risultati sperati.156
In questi anni, infatti, si verificò una grande pressione fiscale esercitata dalla curia romana e dallo stesso Comune nei confronti degli ecclesiastici, che si videro costretti a una tassa di 80.000 fiorini. Tale fatto acuì le tensioni tra l’arcivescovo e il suo capitolo, tensioni che vennero aggravate dalla nuova imposta comunale di 25.000 fiorini nel 1426, dal momento che messer Amerigo aveva contratto un debito con la cassa pari a 5.900 fiorini, che si rifiutava di restituire. Per tacitare le polemiche interne all’episcopio il papa inviò come suo commissario il protonotario apostolico Giovanni Vitelleschi, per dirimere la questione. Successivamente il Corsini convocò un sinodo diocesano per trovare un accordo. Le nuove costituzioni capitolari del 1427, alla cui redazione parteciparono collegialmente l’arcivescovo, il preposto e i canonici,157 riguardavano i seguenti punti: i redditi e le distribuzioni per le celebrazioni degli uffici sacri dovevano essere devoluti alla canonica e, secondo l’antica tradizione, distribuiti tra i residenti e il preposto; doveva essere eletto un ‘distributore’, che avrebbe gestito gli oneri abituali e le offerte di capponi e agnelli da ripartirsi secondo la consuetudine e le ricorrenze (Ognissanti e Pasqua), devolvendo il restante alla chiesa fiorentina; si doveva poi intervenire sulla celebrazione delle funzioni liturgiche, seguendo un ordine prestabilito per i celebranti con l’ausilio di una tabula compilata con i nomi dei residenti, che a rotazione avrebbero officiato; gli introiti di cappellanie vacanti dovevano essere conservati dal distributore che li avrebbe tenuti fino all’elezione di un nuovo cappellano; veniva ribadita la dignità del preposto che doveva essere anteposto per le distribuzioni agli altri canonici; si imponeva infine l’obbligo di residenza ai cappellani, che potevano assentarsi al massimo per otto giorni dopo aver ottenuto la dispensa capitolare.
In seguito, nel 1430, furono redatte nuove costituzioni: in esse, come ha sottolineato David Peterson,158 veniva espressamente richiamata l’autorità concessa all’Arte della Lana e alla Repubblica per il «regimen et gubernationem divini cultus». Era concesso ai Consoli dell’Arte di poter eleggere uno o più membri del capitolo per aumentare il culto nella cattedrale, ma non erano autorizzati a controllare le entrate della mensa capitolare.159 I canonici, che non volevano sottostare all’autorità civile, espressero i loro dubbi, controbattendo punto su punto le nuove disposizioni,160 che furono comunque confermate il 10 aprile dallo stesso arcivescovo. In esse si precisava anche l’abbigliamento più consono che i canonici dovevano avere nelle funzioni, sotto penale se non avessero rispettato il provvedimento e l’obbligo di giurare l’osservanza alle normative capitolari.161 Con l’intervento dell’Arte il numero dei canonici residenti quasi raddoppiò rispetto alle costituzioni sinodali emanate nel corso del secolo precedente, per cui si potrebbe affermare che la crescita numerica del clero andò di pari passo con l’aumento volumetrico della cattedrale, a testimonianza della magnificenza del luogo, che richiedeva una ricca officiatura, come ‘ornamento’ consono alla sua grandezza. Amerigo Corsini morì il 18 marzo 1435,162 pertanto il suo episcopato coprì quasi del tutto il periodo centrale all’analisi condotta in questo saggio.
Tornando alla questione economica della curia arcivescovile, occorre precisare che la situazione era piuttosto complessa; vessata com’era da tasse e imposizioni, la chiesa fiorentina si era indebitata per un’ingente somma di denaro con banchieri e usurai. Per ottemperare alla grave crisi finanziaria intervennero sia Martino V che Eugenio IV: il primo nel 1426 incaricò Niccolò di Mercatello, commissario della Camera Apostolica di stimare a quanto ammontasse il debito contratto e di prendere provvedimenti al fine di estinguerlo, ma non si venne a capo del problema, poiché si sarebbe dovuto imporre una nuova tassazione al clero; il secondo, in una bolla del 1431, prese posizione contro l’usura, dichiarando nulli gli obblighi dei religiosi, adducendo a pretesto la condanna divina e umana per tale pratica, ma non ottenne lo scopo che si era prefisso. Successivamente Eugenio impose a monasteri, pievi e ospedali della diocesi di versare «singulas portiones sive ratas» degli introiti di spettanza per recuperare la cifra, che ormai aveva raggiunto i 5.200 fiorini. Nel 1435 il capitolo fece presente al pontefice che Martino V, suo predecessore, aveva conferito canonicati e prebende in maggior numero di quanto fosse stabilito dai regolamenti capitolari, aggravando di fatto la precaria situazione economica; pertanto il papa decise che tutti i frutti, rendite, introiti, diritti ed emolumenti dovessero essere distribuiti tra il preposto e i canonici ‘antichi’, che a loro volta avrebbero dato ai nuovi quanto percepito al di fuori delle loro prebende, ma anche questa soluzione non andò in porto, in quanto si scontrava con le disposizioni dell’Opera e dell’Arte della Lana, che in realtà gestivano il ‘chiostro’.
4.6. L’ambiente di provenienza dei canonici della cattedrale
I canonici della cattedrale provenivano da famiglie e consorterie potenti all’interno della vita politica cittadina, nella quale rivestivano le massime cariche. Sicuramente l’essere canonico del Duomo costituiva, come afferma Roberto Bizzocchi, per figli e fratelli di personaggi che detenevano tale potere, un obiettivo ambito: era il primo gradino per un’ascesa ai vertici della gerarchia ecclesiastica e contemporaneamente un modo per garantirsi una vita agiata e comoda.163 Un esempio rappresentativo di questo modo di ragionare può essere proprio il vescovo Pietro Corsini, il cui padre Tommaso, homo novus, ma figura di spicco della diplomazia e politica cittadina, con rapporti di parentado con Strozzi e Albizzi, era riuscito a piazzare strategicamente figli e nipote nei più significativi settori della vita pubblica di Firenze. Questi membri del clero restavano comunque legati alle proprie origini laiche e familiari, di cui condividevano interessi economici e civili, perfino negli schieramenti di fazione, e tali scelte si ripercuotevano all’interno del capitolo.
Nel corso del XIII secolo furono presenti tra i canonici del Duomo i cognomi più rappresentativi della classe dominante: Adimari (3), Alfani (2), Frescobaldi (2), Ubaldini, Cavalcanti, Giandonati, Machiavelli, Abati e Mozzi, tutti di origine magnatizia o quanto meno già inseriti ai vertici del potere. Nel Trecento a questi nominativi si aggiunsero quelli di potenti consorterie provenienti dal ceto mercantile e bancario, quali Bardi, Acciaiuoli, Spini, Peruzzi, Buondelmonti. Come istituzione quella del capitolo della cattedrale era tra le più conservatrici: l’oligarchia di chi ne aveva acquisito il controllo era restia a fare posto alla gens nova, che però aveva dalla sua la forza del denaro ed era inarrestabile nella sua ascesa. Sebbene in ritardo rispetto all’ammissione ai ranghi del governo, queste famiglie riuscirono a ottenere il canonicato, carica di gran prestigio, anche nella ristretta aristocrazia ecclesiastica: gli Albizzi nel 1381, gli Strozzi nel 1383, i Medici nel 1385.
L’autorità del vescovo era soggetta al consenso capitolare per l’alienazione di beni ecclesiastici, la soppressione di canonicati e l’accorpamento dei benefici, mentre per dispense, condanne e convocazioni sinodali aveva potere decisionale, tenendo conto comunque del parere espresso dal collegio canonicale, al quale spettava il diritto di ratificare le elezioni, le assegnazioni di cappellanie in Duomo e il controllo della mensa patrimonio, vale a dire del patrimonio. Al momento di passaggio da vescovado a sede arcivescovile la canonica, come corpus, crebbe di importanza con le annessioni di chiese e pievi delle diocesi accorpate, che si aggiunsero agli altri benefici più antichi. Soggette al dominio temporale della Repubblica ai primi del Quattrocento risultavano oltre «2.100 chiese parrocchiali e quasi 300 pievi, cioè chiese con diritto di battesimo. I benefici secolari semplici, cioè senza cura d’anime, come cappellanie, oratori, prebende canonicali, erano quasi 800» e il numero degli ecclesiastici in percentuale rispetto alla popolazione era il 3,7%.164 La chiesa fiorentina si trovava di fatto a subire l’influenza politica della città: vescovi e canonici si trovavano nella ‘scomoda’ posizione di reagire agli eventi, ma non avevano il potere di guidarli.165
Nel XV secolo si rafforzò la tendenza delle grandi famiglie a imporre un proprio membro come canonico della cattedrale e i benefici divennero praticamente un appannaggio delle singole consorterie. Ai cognomi già elencati si unirono Salutati, Rondinelli, Inghirami, Capponi, Serristori, Altoviti, Tornabuoni, Martelli, Soderini, Mannelli, Pandolfini, Pitti, Rucellai, Pucci, Niccolini, Pazzi e Vespucci. Spesso il beneficio di una figura influente lasciato vacante veniva ricoperto da un familiare, come nel caso dei Medici: quando nel 1431 morì il preposto Amerigo, gli subentrò nel canonicato Donato di Vieri nel 1432, e in seguito Carlo, Pandolfo, Averardo e così via fino al primo ventennio del Cinquecento. Questa prassi, con la fondazione di canonicati gestiti da privati, che ne detenevano il patronato, si affermò verso la seconda metà del Quattrocento, dando origine al meccanismo monopolizzante della resignatio in favorem. Il capitolo fiorentino tra il 1460 e il 1520 ne ebbe ben dodici fondati dai casati più eminenti della città: Adimari, Buondelmonti, Ricasoli, Cattani da Diacceto, Bardi, Girolami, Gianfigliazzi, Medici, Rucellai, Pucci e Martelli. Far parte della canonica del Duomo fu in effetti un posto di privilegio con una rappresentanza quasi esclusiva delle grandi famiglie dell’aristocrazia cittadina, alla quale apparteneva circa il 60% di oltre 300 canonici di questo periodo, come ha dimostrato Elena Rotelli.166
Oltre al fenomeno dilagante della leadership di forze politico-economiche, di fatto infiltratesi nelle cariche ecclesiastiche della canonica metropolitana, bisogna ricordare altri fattori importanti tra loro strettamente collegati, che influirono sulla vita pubblica e sul clero: da una parte l’aderenza cittadina alle correnti umanistiche circolanti a Firenze ai primi del Quattrocento con la riscoperta dei miti d’onore e gentilezza di natali, presenti nelle opere di Coluccio Salutati, Giannozzo Manetti, Leon Battista Alberti, Leonardo Bruni, per citare solo alcuni nomi; dall’altra l’ospitalità concessa a due papi e alle loro curie in un periodo piuttosto ravvicinato.167 Accogliere un papa e la sua corte e ancor più un concilio dava enorme prestigio alla comunità che lo avrebbe ospitato, ma nel governo vi furono anche considerazioni di ordine politico e diplomatico, che giocarono a favore della decisione. Allorché Martino V168 aveva espresso la volontà di indire un concilio, che fu poi convocato a Pavia il 23 aprile 1423, la Repubblica aveva considerato se fosse opportuno offrire al papa la candidatura di Firenze come sede conciliare. La questione venne analizzata pubblicamente con pareri favorevoli per l’utilitas e gli honores che la città ne avrebbe ricavato e contrari per il pericolo reale di offendere l’imperatore, dato il conflitto esistente tra Chiesa e Impero; ma vinse il partito contrario, cosa che non avvenne successivamente con Eugenio IV.169 Negli anni dell’insediamento papale in città170 si assisté all’aumento di canonicati e prebende di Santa Maria del Fiore perché scrittori e abbreviatori di lettere apostoliche, collettori, cappellani e segretari del Papa, nonché umanisti, ne ottennero quasi ope legis la nomina e i relativi benefici. Il numero dei membri del capitolo era veramente moltiplicato: secondo la stima di Peterson i canonici della cattedrale furono 152 dagli inizi del Quattrocento fino alla morte del vescovo Antonino e di questi 60 godevano di tali benefici mentre servivano nella curia papale.171
L’apparato ecclesiastico di canonici e cappellani non risentì eccessivamente del conflitto tra Albizzi e Medici tra la metà degli anni venti e gli inizi degli anni trenta del Quattrocento, conflitto che aveva colpito «la regolarità statuaria dei sistemi elettorali, imponendo una serie di revisioni delle liste degli eleggibili» e che anche l’Opera di Santa Maria del Fiore aveva patito come parte integrante dell’Arte della Lana.172 I membri del capitolo della cattedrale seguivano per le loro elezioni e conferme, un iter a parte, pur essendo esponenti di famiglie facenti parte del ceto dirigente: era quanto meno improbabile che in base a situazioni di capovolgimento politico fossero sospesi dal loro incarico, come invece accadde ad alcuni ufficiali dell’Arte e dell’Opera che, al ritorno dei Medici dall’esilio nel 1434, si videro sostituire o addirittura costretti all’esilio, come nei casi di Matteo di Simone Strozzi e di Francesco di Jacopo Guasconi.
Come si può notare dalla tabella D in appendice, che riporta le indicazioni forniteci dal Catalogo cronologico redatto da Salvino Salvini per il ventennio 1417-1436, la maggior parte dei canonici, oltre a fregiarsi del titolo assegnato dal capitolo del Duomo, godeva della stessa carica contemporaneamente in più sedi. Benozzo Federighi e Marino Guadagni erano canonici anche di Pistoia; Battista Castellani e Giuliano Ricci d’Arezzo; Salutato Salutati di Bologna; Dino Pecori, Salutato Salutati, Marino Guadagni, Matteo Bucelli e Bernardo Benvenuti di Fiesole; Dino Pecori, Giuliano Ricci, Andrea Fiocchi, Giovanni Spinellini di Pisa; Niccolò Banducci di Prato; Matteo Bucelli di Volterra; e a Firenze: Antonio Dell’Antella di Sant’Andrea; Mico Capponi, Jacopo di Simone e Niccolò Soderini dei Santi Apostoli; Simone Rondinelli, Antonio Ferrantini, Andrea Fiocchi di San Lorenzo; Andrea Vannozzi da Empoli di San Paolo e infine Marino Guadagni di Bayeux in Bretagna. Alcuni ne avevano addirittura tre. Il canonicato in più sedi, oltre alle chiese assegnate in beneficio prebendale, garantiva ai canonici una certa agiatezza economica, anche se naturalmente essi non potevano essere presenti simultaneamente in più posti, per cui erano soggetti a continui richiami alla residenza e a essere multati.
L’argomento sollevato dalla loro partecipazione in diverse canoniche ci porta ad affrontare un’ulteriore problematica a cui accenneremo brevemente, perché di per sé potrebbe fornire ricca materia di studio, analizzando le regole canonicali applicate a ciascuna di esse nelle differenze e convergenze. In città erano molte le sedi capitolari, dai monasteri (Santa Maria Novella, Santa Croce, San Marco, Santo Spirito, Sant’Ambrogio, il Carmine, ecc.) alle maggiori chiese (Sant’Andrea, Santi Apostoli, San Paolo, San Lorenzo). La collegiata secolare di San Lorenzo merita un discorso più approfondito: consacrata nel 363 d.C., era stata punto di riferimento per la vita civile ed ecclesiale di Firenze, ricoprendo a lungo il ruolo di caput ecclesiae florentinae, cioè di sua cattedrale.173 Il capitolo laurenziano, di cui abbiamo notizia fino dal 1060,174 aveva, come afferma Roberto Bizzocchi, una fisionomia meno aristocratica di quello del Duomo, anche perché le rendite dei suoi canonicati erano inferiori, e per di più costituite per la maggior parte dalle distribuzioni.175 La vexata quaestio della non residenza costituiva uno dei principali problemi anche per la canonica laurenziana. Nel 1427 il numero dei suoi membri, con priore, 9 canonici, 3 cappellani, 4 chierici, 1 cuoco e 8 cappellani in perpetuo era di 26 e il valsente dichiarato al catasto di 8.120 fiorini.176 Un’altra cosa che differenziava l’iter della carriera ecclesiastica di San Lorenzo era la possibilità per un individuo di percorrere tutte le tappe, da chierico a canonico fino a priore. Nella prima metà del Quattrocento erano presenti nell’area claustrale della collegiata diversi umanisti, ma anche esponenti di famiglie pressoché sconosciute, tipo i Befani o i Maringhi, che comunque, una volta canonici, riuscirono a sistemare nel chiostro loro parenti. Francesco Maringhi ne è un chiaro esempio: entrato come cappellano, nel 1410 vi svolgeva il ruolo di sacrestano e camarlingo, nel 1412 ne divenne canonico e pochi anni dopo raccomandò il nipote che fece il suo stesso percorso.177
4.7. I canonici di Santa Maria del Fiore tra il 1417 e il 1436
Esaminata la storia del capitolo del Duomo, seppure a grandi linee, passeremo ora a indicare, tramite la documentazione fornitaci da Gli anni della Cupola, quali fossero i personaggi che ne facevano parte e il tipo di rapporto instaurato con l’Opera di Santa Maria del Fiore. In questo ventennio, come si vede nella tabella D in Appendice, risultano citati 29 canonici, contro i 61 riportati da Salvini.178 Il numero di 29 è comprensivo di tutti coloro che compaiono nel contesto dei dati a nostra disposizione, ma dobbiamo considerare che alcuni di essi vennero nominati con l’aggiunta di un «olim», a testimonianza del loro decesso, in assegnazioni di alloggi;179 altri ebbero la carica senza mai risiedere nel chiostro180 e infine due si allontanarono dalla canonica in seguito all’elezione ad arcivescovi.181 Il conteggio di 55 cappellani, menzionati nella documentazione de Gli anni della Cupola, per lo stesso periodo presenta qualche incertezza dovuta al fatto che nelle nostre fonti la registrazione, che riporta o il solo nome di battesimo, o nome e patronimico o nome con provenienza, non permette un’identificazione inequivocabile.
I canonici presenti nella documentazione dell’Opera si possono suddividere in gruppi secondo la data della loro elezione. Un primo gruppo si identifica con gli antiquiores, cioè con quei canonici residenti che parteciparono alla vita claustrale prima del 1427: Antonio di Donato di Jacopo Acciaiuoli (eletto nel 1410), Matteo di Giovanni Bucelli (1421), del quale conosciamo l’anno di morte,182 Battista di messer Vanni Castellani (1403), Lorenzo d’Antonio di Santi Chiarucci (1413), Marco di Davanzato Davanzati (1403), Ardito di Leonardo Dell’Antella (1421), Benozzo di Francesco Federighi (1399), Antonio di messer Niccolò Ferrantini (1411), deceduto nel 1424,183 Marino di messer Leonardo Guadagni (1416), Amerigo d’Antonio de’ Medici (1414), che ebbe l’incarico di preposto e visse fino al 1431,184 Dino di Bartolomeo Pecori (1406), Salutato di messer Coluccio Salutati (1409) e Andrea di Jacopo Vannozzi da Empoli (1420). Secondo le costituzioni, che ponevano il numero dei canonici a 12, escluso il preposto, questo primo gruppo rispettava la tradizione, come viene confermato da un atto del 28 giugno 1427, quando l’arcivescovo e i canonici Amerigo preposto, Dino, Salutato, Antonio Acciaiuoli, Andrea da Empoli, Ardito e Matteo «due partes totumque prefatum capitulum» assegnarono ai Consoli dell’Arte della Lana l’amministrazione della sacrestia.185 A questi antiquiores si aggiunsero nel 1427, in seguito alla concessione data all’Arte di eleggere 12 nuovi canonici:186 Roberto di Mainardo Adimari, Filippo di Paolo Albizzi, Niccolò del maestro Giovanni Banducci, Bernardo di Giovanni Benvenuti, priore di San Pier Maggiore, Mico di Piero Capponi, Roberto di Piero Cavalcanti, Tommaso di Petruccio Della Bordella, che ricoprì l’incarico di vicario arcivescovile, Andrea di Domenico Fiocchi, Bartolomeo di Tommaso Frescobaldi, Jacopo di Simone, priore di San Michele Bertelde, Antonio di Ridolfo Peruzzi e Bernardo d’Agnolo Spini. Successivamente furono eletti Francesco di Filippo di Ghezzo Della Casa (1430), Jacopo di Giovanni Ugolini (1432) e Bartolomeo Vitelleschi da Corneto (1434), nipote dell’arcivescovo fiorentino.
L’amministrazione finanziaria della sacrestia e delle prebende canonicali divenne dopo il 1427 di spettanza dell’Opera: da questo momento vennero registrati gli stanziamenti relativi alla distribuzione, che veniva versata 3 volte l’anno e oscillava dai 30 ai 35 fiorini ad personam, retribuiti quest’ultimi a canonici col titolo di dottori in diritto canonico o civile.187
Dopo aver dato le generalità dei canonici, è il momento di focalizzare l’attenzione su alcuni di essi e su eventi particolari a loro collegati. Per prima cosa correggiamo due inesattezze riportate da Salvini: la prima riguarda messer Salutato Salutati: dato per defunto nel 1422, egli, invece, è presente ne Gli anni della Cupola fino al 1431: risulta inadempiente per la tassa sull’abitazione, gli viene assegnata la casa acquistata da Gentile Cortigiani, si allestisce lo studio e si ripara il camino;188 la seconda è relativa all’elezione di messer Simone Rondinelli avvenuta secondo Salvini nel 1420, ma in realtà nel 1427.189 Un altro canonico che richiede un maggior approfondimento è messer Benozzo Federighi. Egli, ricevuta la nomina a vescovo di Fiesole nel 1421, non compare più negli atti in veste canonicale, ma possediamo una ricca documentazione che lo riguarda come rettore di Santa Cecilia, le cui botteghe e chiesa erano state distrutte nell’ampliamento di piazza della Signoria, cantiere gestito dall’Opera di Santa Maria del Fiore per volere dei Priori. In emendazione del danno subito gli doveva essere corrisposta la somma di 352 fiorini, 2 lire e 16 soldi, pagata in provvigioni dal 1417 fino a quando non venne stabilito di acquistare a parziale risarcimento una casa e terreni a Pontorme nel popolo di Sant’Andrea di Empoli.190 Il rapporto che si venne a instaurare tra l’Opera e il presule fiesolano era pertanto particolare: l’ente si trovava nella scomoda posizione di essergli debitrice e forse fu per questo che gli assegnò una casetta accanto all’abitazione, senza doverne pagare la tassa d’ingresso.191
Un altro atto che richiama la nostra attenzione riguarda messer Tommaso Della Bordella. È testimoniata, infatti, la richiesta del vicario arcivescovile per esenzione da incarico: si tratta di una delibera dei Consoli dell’Arte della Lana che, aderendo alla supplica del canonico per ottenere la dispensa pontificia, decisero di inviare lettere al papa, al collegio cardinalizio e a ogni cardinale.192 L’Opera di Santa Maria del Fiore gestiva soprattutto la parte relativa alle abitazioni nell’area claustrale per ristrutturazioni, assegnazioni e relative tasse d’ingresso. Un documento piuttosto importante ci fornisce indicazioni sulle regole seguite per assegnare le case: si tratta di una delibera congiunta di Consoli e Operai, che «considerantes qualitatem dicte domus», dispongono di consegnare la dimora acquistata dai figli d’Ardingo Ricci, visto anche l’ammontare della tassa, «antiquiori ex canonicis prout disponit ordo concessionum domorum canonicorum et quod fiat discussio inter omnes»; esso, pertanto, ci consente di capire che non venivano date senza un ordine prestabilito, ma in base all’anzianità, rispettando l’opinione di tutto il capitolo, anche se nel caso specifico fu poi concessa al preposto in quanto persona «dignior inter omnes».193 Tale disposizione ci induce a riflettere sul cambio di abituro, di cui possediamo una vasta casistica, che finora, però, risultava abbastanza inspiegabile, non capendo la necessità di far spostare il clero da un alloggio all’altro. Ora, alla luce di quanto emerge da questo atto, si può dedurre che questi scambi avvenissero proprio per rispettare l’anzianità dei singoli individui e la ‘qualità’ dell’immobile. Disponiamo di una mole documentaria piuttosto ampia (dalle delibere agli stanziamenti per gli acconcimi) relativa sia alle assegnazioni di alloggi che ai restauri occorrenti, in quanto costituiva per l’Opera prassi di ordinaria amministrazione.194
Gli atti relativi alla residenza nel chiostro sono pochi, nonostante la prassi diffusa nel capitolo di non rispettare l’obbligo di abitarvi, come si può dedurre dalle costituzioni capitolari finora analizzate, ma i solleciti rivolti ai canonici si presentano diversi nei tre casi che abbiamo a disposizione. Il primo riguarda messer Marco Davanzati, assentatosi da Firenze dopo l’autorizzazione degli Operai, al quale fu inviata una lettera con un termine di tempo entro il quale sarebbe dovuto rientrare in città a prendere possesso dell’alloggio; altrimenti l’abitazione sarebbe stata sgombrata e concessa ad altri e addirittura si minacciava, nel caso non si fosse presentato, di mettere nella sua casa «fulcimenta cupole maioris».195 Evidentemente non rientrò se nel dicembre 1421, dopo una sua petizione gli fu restituita.196 Il successivo provvedimento è una notifica ai canonici riguardo all’obbligo di residenza, che dev’essere continua «prout tenentur» e siccome «clausas domos retinent vel per alios ipsas habitari faciunt» si minacciano, se non ritorneranno ad abitarvi entro breve termine, di revocare loro le case assegnate con l’obbligo di pagare nuovamente la tassa d’ingresso; si specificano poi i nomi di Battista Castellani e di Marino Guadagni, ai quali si consegnerà tale notifica.197 Il 15 novembre 1429 in una delibera congiunta di Consoli e Operai si ordinava ai canonici che avevano ricevuto una residenza nel chiostro e non l’abitavano di prenderne possesso entro 15 giorni, pena la revoca dell’assegnazione; erano esonerati i priori di San Michele Bertelde e di San Piero Maggiore, che nell’agosto 1427 avevano ricevuto il già citato permesso di risiedere nei loro benefici, in quanto le case loro assegnate non erano ancora pronte.198
In un altro piccolo gruppo di documenti viene affrontato un tema piuttosto spinoso relativo alla presenza di persone estranee, soprattutto donne, nell’area claustrale, argomento che era stato preso in considerazione già in un periodo precedente e sarà contemplato anche in deliberazioni posteriori.199 Il problema era reale almeno fino dal 1374, allorché fu redatto un precetto contro donne di malaffare abitanti nel chiasso del Campanile «quod non retineant feminas mondanas, nec faciant vel retineant aliquam inhonestatem vel malam conviciniam».200 La rubrica delle Costituzioni sinodali del 1430 titolata «Quod nullus introducat mulierem suspectam in canonicam florentinam», ripresa dalla legislazione precedente del 1427, imponeva che non vi fossero introdotte né di giorno né di notte sotto pena di 40 soldi.201 Rifacendosi a questa normativa intervennero Consoli e Operai che a loro volta emanarono una disposizione «Contra feminas habitantes in claustro clericorum»,202 cui seguirono atti che autorizzavano canonici e cappellani a poter tenere presso di sé, in alcune circostanze di necessità, le proprie madri o serve, purché fossero di età superiore ai 45 anni.203
Altra testimonianza di autorizzazione a ospitare laici in canonica è rappresentata dalla concessione fatta in via eccezionale al canonico Lorenzo d’Antonio di Santi, che richiese il permesso per i fratelli, dal momento che nella loro casa abitava il cardinale di Firenze, identificabile probabilmente con Baldassarre Cossa, l’anti-papa Giovanni XXIII, residente a Firenze dal 23 giugno 1418 fino alla sua morte avvenuta il 22 dicembre 1419.204
In tutta la documentazione si ha una dovizia di casi che, sebbene esulino in parte da fatti propriamente inerenti all’amministrazione capitolare, ci forniscono tuttavia uno spaccato sulle realtà quotidiane di coloro che vi afferivano sia come incaricati alla gestione sia come fruitori ecclesiastici. Da un semplice atto si viene a conoscenza che il clero aveva prestato all’Opera un libro di costituzioni, reso con la clausola di lasciarlo in sacrestia legato con una catena di ferro, in modo da garantirne la sicurezza contro i furti, perché fosse a disposizione degli Operai. Pochi anni dopo questi ultimi ordinarono al notaio e al provveditore di copiare, rispettivamente nel volume degli Statuti (ancora oggi presente nell’Archivio dell’Opera sotto il nome di Bollario) e nelle Ricordanze le note redatte da messer Lorenzo Ridolfi sulle bolle pontificie e le costituzioni sinodali, in quanto «valde utiles» a testimonianza dell’interesse dell’ente nei confronti delle normative proprie del capitolo.205 Tramite un’ingiunzione si comprende, per esempio, che era abitudine diffusa tra canonici e sacrestano di prestare pianete e altri oggetti della sacrestia.206 Possiamo, inoltre, affermare che alcune norme inerenti al governo del chiostro sono riportate in forma indiretta, vale a dire che ne veniamo a conoscenza per le eccezioni che furono fatte rispetto alle disposizioni legislative.207 I canonici godevano, comunque, di grande considerazione all’interno dell’Opera e dell’Arte della Lana, come si desume da stanziamenti per spese minute, poiché per avvenimenti straordinari, quali la chiusura della terza tribunetta, la ‘tenuta’ della sacrestia e la chiusura della cupola fu loro offerta una colazione.208 Offrire una colazione a prelati era un evento raro, tanto che ai cappellani non fu riservato lo stesso trattamento, benché anche loro fossero attivi nelle funzioni liturgiche al pari dei canonici.
4.8. Gli studioli
Tra il 1427 e il 1434 si pensò ad allestire per i canonici gli studi nelle loro residenze, a testimonianza di quanta importanza l’Opera riservava alla dignità della figura canonicale. L’argomento merita di essere analizzato più specificatamente, poiché si presenta abbastanza completo nei dati che ci sono pervenuti: infatti, tramite la documentazione a nostra disposizione, siamo in grado di fornire indicazioni sui materiali usati, sui costi e sulle misure.
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Il termine studium o studiolo fa subito pensare a un ambiente raccolto, arredato e allestito per favorire attività di meditazione e di studio. Come afferma Wolfgang Liebenwein fino al XII secolo l’esigenza di un ambiente destinato a tale scopo era sentita quasi esclusivamente da chierici e monaci, primi tra i quali i certosini, il cui ordine vedeva nella copiatura di libri il proprio compito fondamentale.209 Nelle loro celle, accanto agli oggetti d’uso quotidiano, erano previsti anche libri e materiale scrittorio. La conservazione dei libri attraverso la loro copiatura fu attuata anche da altri ordini monastici, quali benedettini, cluniacensi e cistercensi. Generalmente a tale scopo era adibito un ambiente apposito, lo scriptorium o aula scriptoria, che accoglieva diversi amanuensi, ciascuno al proprio scrittoio; solo gli ordini eremitani prevedevano che i copisti rimanessero nella solitudine della propria cella.
L’esigenza di avere una stanza adibita a spazio personale per curare interessi politici e privati cominciò a farsi strada nel mondo laico dalla fine del XIII secolo, allorché esponenti della classe dominante avvertirono la necessità di ricavare nelle loro dimore un piccolo ambiente segreto dove poter meditare, leggere e scrivere. Il primo studio che si è conservato è quello di papa Benedetto XII ad Avignone: in questo caso si trattava di una stanza di metri 7x5, posta all’interno dell’appartamento pontificio, terminata nel 1339. Lo studiolo (Fig. 5) inteso come spazio riservato e delimitato e concepito come luogo della mente e della memoria diventerà espressione della cultura umanistica fra Quattrocento e Cinquecento grazie a Petrarca, che ne fornì il prototipo, in quanto prediligeva la solitudine e un luogo ameno dove riflettere, studiare e scrivere.210 Lo stesso Leon Battista Alberti definì l’importanza del proprio studio quando descrisse così questo spazio privato: «Sempre tenni le scritture non per le maniche dei vestiri, ma serrate e in suo ordine allogate nel mio studio quasi come cosa sacrata e religiosa».211 Nel caso dei canonici di Santa Maria del Fiore bisogna ricordare che erano persone di grande cultura, obbligatoriamente dottori in diritto canonico o civile, spesso professori nello Studio fiorentino e non solo; essi ricoprivano incarichi di prestigio presso il papa, come abbreviatori e scrittori di lettere apostoliche, protonotari o tesorieri e all’occorrenza anche ambasciatori. Diversi tra loro, inoltre, fecero carriera ecclesiastica con l’elezione a vescovi, come si può osservare nella tabella D in Appendice. Essi sentirono, pertanto, la necessità di avere nei loro alloggi un luogo raccolto e facilmente riscaldabile, in cui fosse possibile meditare e studiare in solitudine e tranquillità tutto l’anno. Si trattava, come vedremo dalla descrizione dei materiali usati, di studioli senza pretese, quasi spartani, sistemati in piccoli ambienti raccolti, se non addirittura, in alcuni casi, di un semplice mobile adibito a tale scopo: lo scrittoio. In effetti il termine ‘scrittoio’ è usato spesso nel XV secolo come sinonimo di ‘studio’. Questi studioli, sui quali esiste un’ampia iconografia con monaci e dottori della Chiesa allo scrittoio,212 quindi, hanno poco da spartire con la moda, che si affermerà presso le varie corti, di adibire una stanza del palazzo a studio, allestito e decorato riccamente, dove sfoggiare e conservare preziose collezioni.213
Nel 1427 fu stabilito di spendere per lo studio del canonico messer Niccolò Banducci fino a lire 20, ma siamo informati che esso, composto d’assi d’abete e d’albero, cioè di pioppo, con un desco e «una finestretta da studio», era stato allestito per messer Antonio Acciaiuoli che lo aveva venduto all’Opera per lire 15 ed era posto nella casa dapprima assegnata all’Acciaiuoli e successivamente al Banducci.214 Nel documento del 1428 di assegnazioni delle case acquistate dai Cortigiani venne precisato anche chi tra i canonici avrebbe ricevuto un nuovo studio: Salutato Salutati, Tommaso Della Bordella, Andrea Fiocchi, Bartolomeo Frescobaldi.215 L’Operaio Luigi d’Alessandro di ser Lamberto fu incaricato di seguire gli allestimenti degli studioli di Frescobaldi, Della Bordella e Fiocchi.216 Si decise di approntare nella residenza del vicario dell’arcivescovo, messer Tommaso, uno «studium honorabile».217 Lo scrittoio di messer Andrea era composto da «braccia 90 di palcho a asito intorno», presumibilmente riferito alla pedana lignea con pareti fatte d’assi commesse, con panche e desco e per la sua realizzazione si spesero lire 12 soldi 5 denari 7.218 A messer Salutato fu consentito di scegliere il luogo dove posizionarlo all’interno dell’abitazione e, qualora non avesse deciso, sarebbe stato situato secondo il parere di Filippo Brunelleschi e Battista d’Antonio, in modo che fosse terminato nell’arco di un mese spendendo al massimo fiorini 10.219 Per quello del Frescobaldi si decise in un primo momento di allestirlo in una camera della casa degli eredi di Bonifacio d’Ormanno Cortigiani, affittata e libera a partire dal mese di novembre, per cui il canonico avrebbe dovuto pazientare fino ad allora; successivamente, nell’agosto 1428, considerato lo spazio disponibile nella sua stanza, vennero decise le misure dello studio in 12 braccia quadre. Esso doveva essere fasciato su due lati d’assi d’abete e sul terzo d’assi d’albero, in tutto, ma, come si deduce dall’acquisto di legname, era composto da 147 braccia d’assi di faggio e da 8 pezzi d’asse d’abete acquistati al costo di lire 19.220 Sappiamo anche quanto materiale ligneo fosse occorso per allestire lo studio di messer Bernardo Spini, misurato da capomaestro e provveditore in braccia quadre 100: lo studio, attuato nel 1429, fu pagato in tutto lire 15 soldi 6 denari 8, così distribuite: lire 8 soldi 6 denari 8 per l’acquisto del legname221 e lire 7 per il desco, le panche e lo scrittoio, come si deduce dallo stanziamento fatto al legnaiolo che eseguì il lavoro.222 Alla fine del 1429 si acquistò uno scrittoio da Zanobi di Gherardo Cortigiani, che lo aveva nella camera terrena ed era «d’assi d’alberi e chomesso», forse intarsiato, comprensivo di spalliera, panche e un desco.223 Per lo studio di messer Dino Pecori fu stabilito di spendere fino a fiorini 14 e la cifra eccedente avrebbe dovuto sborsarla lo stesso canonico, ma gli fu venduto nel giugno 1429, dopo la distruzione della casa del Banducci, lo studio che vi si trovava, a patto che non dovesse essere rimosso e che rimanesse «ad utilitatem dicte Opere» e in seguito si provvide a riparare il tetto nella stanza dove era collocato affinché non vi piovesse sopra.224 Nel 1434 fu effettuato uno studio anche per messer Marino Guadagni con una spesa totale di 7 fiorini.225
Le riflessioni che emergono da questa analisi sono di due tipi, la prima riguarda la considerazione con cui venivano allestiti e conservati, smantellandoli e trasmettendoli da un canonico all’altro, come per esempio accadde allo studiolo dell’Acciaiuoli, che fu utilizzato per il Banducci e infine per il Pecori. L’altra è di ordine materiale, infatti dalle misure e dai costi a nostra disposizione emerge che si trattava comunque di piccoli ambienti lignei che non superavano generalmente i 7-10 metri quadri.
4.9. I cappellani di Santa Maria del Fiore tra il 1417 e il 1436
I cappellani della metropolitana fiorentina in una provvisione del Comune del 1373 erano 19 e il loro numero restò quasi invariato fino agli anni trenta del Quattrocento.226 Provenivano da famiglie del ceto medio della società cittadina (artigiani, funzionari minori dello stato, piccoli proprietari terrieri) e dalle comunità sottoposte al dominio fiorentino. Il maggior impedimento per giovani provenienti da uno status sociale modesto per entrare nei ranghi del clero era il costo dell’apprendimento del latino, come ha sottolineato Gene Brucker.227 La situazione migliorò in seguito all’istituzione della scuola dei chierici voluta da Eugenio IV e destinata a istruire gli ecclesiastici, a cui abbiamo precedentemente accennato. I 53 studenti, tra i quali 33 stipendiati con la somma annua di 9 fiorini, venivano scelti collegialmente da arcivescovo e canonici ed erano obbligati a prestare servizio in Santa Maria del Fiore per dieci anni, al termine dei quali erano qualificati per la loro ordinazione e per poter accedere ai cappellanati vacanti. Le cappelle del Duomo erano patrocinate in gran parte dai canonici e dall’Arte della Lana, che tendevano a selezionare gli ecclesiastici per le cappellanie tra coloro che avevano studiato nel Collegio eugeniano. Dopo il 1435 col finanziamento di papa Eugenio IV i cappellani poterono usufruire, inoltre, di un loro ospedale in canonica denominato «la carità dei cappellani», identificabile nel rapporto di Baccani con la casa posta in via della Canonica al numero 746.228
I doveri e le responsabilità dei cappellani della metropolitana fiorentina erano specificati nelle costituzioni capitolari compilate dai canonici e approvate dall’arcivescovo. In esse veniva descritto il ruolo che i cappellani ricoprivano nell’officiatura dei servizi religiosi e il tipo di ammende pecuniarie e disciplinari in cui sarebbero incorsi se fossero venuti meno ai loro doveri.229 Nelle costituzioni sinodali del 1430 vennero presi provvedimenti a carico dei cappellani: essi non dovevano accettare una cappellania al di fuori della cattedrale fiorentina, pena la privazione del beneficio; si dovevano presentare nelle ore canoniche e nei divini offici vestiti con cotte e «gufis de coniglio», mentre per i canonici erano di vaio, e dovevano comportarsi nei riti ecclesiastici e nei funerali «honeste et devote» con multa di denari 4, se non rispettavano la richiesta; erano tenuti, inoltre, a celebrare ogni mattina le loro messe secondo un ordine prestabilito, partendo dall’altare di Santa Reparata, con pena di soldi 2.230 Infine avevano l’obbligo di residenza in canonica.
Sappiamo inoltre che il loro incarico era rinnovabile annualmente e che godevano delle distribuzioni fatte dal sacrestano e dal distributore, ma non siamo in grado di dirne la consistenza.231 Ogni membro al momento della sua entrata in servizio, doveva versare alla sacrestia fiorini 2 in sovvenzione dei paramenti.232 Tra gli incarichi assegnati ai cappellani c’erano quello di sacrestano, di appuntatore, detto anche corista, di ebdogmadarii, cioè di eletti settimanalmente per dire le messe maggiore e del popolo e per seguire il coro. L’appuntatore, tenuto a registrare la presenza di canonici e cappellani nei divini uffici, era invece salariato,233 come del resto il maestro dei chierici e i chierici stessi. Per assentarsi per più di otto giorni e per celebrare messe fuori da Santa Maria del Fiore dovevano ricevere il permesso del capitolo. Compiti del sacrestano erano la distribuzione delle candele e il pagamento di soldi 10 per le processioni a canonici e preposto, nonché la retribuzione dei salari ai 4 chierici della sacrestia.
Dall’analisi sui documenti de Gli anni della Cupola abbiamo rilevato che il numero dei cappellani nella durata del ventennio si aggirava all’incirca sulla cinquantina, come si è precedentemente detto, ma si presuppone che il dato può essere soltanto approssimativo per le difficoltà di un’identificazione certa di persone prive di cognome, segno del resto della modesta estrazione sociale. Tenteremo comunque di individuarli: Giovanni cappellano dei Bischeri potrebbe essere assimilato a Giovanni di Nasino o a Giovanni di Jacopo per la concomitanza di date; Jacopo detto «nuovo cappellano» per distinguerlo da Jacopo detto anche Papi «senex», potrebbe essere identificabile con Jacopo cappellano dell’arcivescovo; Lorenzo economo, Lorenzo da San Lorenzo e Lorenzo da Castiglione, tutti e tre presenti tra il 1432 e il 1434, farebbero pensare a una sola persona; e lo stesso si potrebbe dire per Simone e Simone di Donato, distinti comunque da Simone detto «senex». In tal caso il numero scemerebbe, pur restando tuttavia elevato, rispetto al numero di cappelle dove officiare indicato da Brucker (22 nel 1431).
I cappellani incaricati di svolgere il ruolo di sacrestani furono in tutto 6: Antonio detto ser Massaino, presente dal 1418 al 1433; Ammannato di Barnaba, dal 1421 al 1429; Anselmo da San Miniato, nel 1434; Lapo, dal 1428 al 1430; Salvestro di Donato, nel 1421 e successivamente dal 1426 al 1429, Urbano nel 1423. Esaminando le date in cui risultano nel ruolo, si nota una tendenza alla sovrapposizione nell’incarico, che potrebbe indurre a pensare che il compito fosse svolto contemporaneamente da due membri.
Anche per questi cappellani la documentazione dell’Opera concerne soprattutto le assegnazioni d’alloggio. Abbiamo, tuttavia, un piccolo gruppo di documenti, che si discosta dalla consueta tipologia, consentendoci di ‘sbirciare’ nella vita quotidiana di queste persone all’interno del chiostro. In seguito alla creazione dei 12 nuovi canonicati, i cappellani dovevano liberare le case abitate per lasciarle a disposizione di 6 canonici. I due Operai, aventi mandato dall’Opera di eseguire il provvedimento, Giovanni di Lapo Niccolini e Giovanni di Lorenzo, dovevano procurare loro un’abitazione alternativa perfino in affitto se necessario, e come conseguenza di tale delibera fu redatto un inventario dei beni appartenenti a ser Massaino, nella cui residenza sarebbe subentrato Andrea Fiocchi.234
Oltre alla carenza d’alloggi, che, come si è già detto, era un problema costante, bisognava anche tutelare gli immobili dai possibili danni provocati dai loro abitanti. Un esempio di come l’Opera ne gestisse la manutenzione, ricorrendo fino a misure punitive, si ha in una delibera del 6 maggio 1429. Il capomaestro e il provveditore furono incaricati di fare un sopralluogo nell’abitazione lasciata da ser Giovannino e, se avessero riscontrato danni, avrebbero dovuto imporgli di farvi le riparazioni a proprie spese e dargli un termine per sgombrare le proprie masserizie e nello stesso tempo dovevano precettare ser Simone perché liberasse il palco dell’andito, invaso da oggetti personali.235
Dover sgombrare dalle case le proprie cose, rappresentava evidentemente una forma di grave punizione, se vi si ricorse in più occasioni. I sacrestani, che erano deputati dai Consoli dell’Arte a controllare che i cappellani effettivamente partecipassero alle funzioni e dicessero messa tutti i giorni, decisero nel 1431 di espellerli dalle loro abitazioni, se questi avessero mancato al loro dovere per tre volte nella settimana. Come atto esecutivo del provvedimento fu stabilito di sgombrare le loro residenze, ponendo per strada tutte le masserizie, e venne dato l’incarico a capomaestro e provveditore di mettere in atto la minaccia, chiudendo a chiave le case. Subirono il procedimento ser Tommasino, ser Niccolò da Larciano, ser Simone di Donato pievano di Lucardo, il pievano Arlotto, ser Santi e ser Benedetto. Successivamente si restituì l’incarico a ser Santi di Piero, mentre si proibì a ser Simone di Donato di rientrare nel proprio alloggio.236
Un documento del 29 ottobre 1422 riguarda un fatto increscioso dal momento che fu deciso di espellere di casa, buttando fuori tutte le suppellettili, un cappellano che si era reso colpevole di convivenza disonesta, cosa che sarebbe ricaduta «in dedecus dicti officii». Diversi anni dopo, tuttavia, fu dichiarato innocente perché era stato calunniato «indebite et iniuste» per inimicizie nei suoi confronti dovute soprattutto al fatto che deteneva i pegni del clero fiorentino.237
I cappellani, comunque, non si limitavano a svolgere le ordinarie mansioni di culto, ma, talvolta, erano chiamati a partecipare attivamente a eventi, che esulavano dai loro compiti specifici: è il caso di ser Giovanni di Piero che fu inviato a Vada per prelevare e scortare le reliquie da lì provenienti, con rimborso di spese di viaggio.238
L’ultimo atto che vorrei citare è relativo alla consacrazione di Santa Maria del Fiore: il 4 aprile 1436 furono stanziate a ser Giuliano e a ser Francesco lire 1 e soldi 13 per aver sorvegliato la sacrestia durante la notte e la mattina della cerimonia.239
5. Conclusioni
Come indicato nel titolo, scopo di questo studio è stato di focalizzare la nostra indagine sulla canonica con i due obiettivi di comprendere la consistenza e la funzione architettonica del complesso e di conoscere i residenti nella canonica e le vicende della loro vita in comune.
Da una parte abbiamo analizzato, infatti, la creazione dello spazio claustrale, gli acquisti di beni immobili che sono stati necessari per compierlo e le modifiche apportate, come è avvenuto per la chiusura del chiostro; dall’altra i personaggi che hanno usufruito del nuovo complesso architettonico per la loro residenza, in ottemperanza alle costituzioni capitolari. La nuova sistemazione per ospitare canonici, cappellani, chierici e altri servitori del culto fu realizzata nel tessuto urbano medievale preesistente, con una politica di adattamento di immobili costruiti per civili abitazioni, isolandoli poi in un perimetro chiuso al mondo laico, con un unico ingresso verso la chiesa e il suo portale detto ‘dei canonici’.
Nel nostro percorso ci siamo imbattuti nei provvedimenti e nei finanziamenti che il Comune, l’Arte della Lana e conseguentemente l’Opera hanno elargito nei confronti dell’istituzione clericale per garantirne la dignità e il decoro. Sono emerse fino dalla prima provvisione del Comune del 1339 le disposizioni a tutela del clero della cattedrale per fornire, prima della distruzione della vecchia canonica, un nuovo posto dove poter dimorare onorevolmente. Per poter circoscrivere la nuova area costruttiva si è ritenuto necessario inquadrare l’argomento dal punto di vista storico con riferimenti specifici alla costruzione di Santa Maria del Fiore e seguirne gli sviluppi architettonici fino alla parziale demolizione e rifondazione ottocentesca, come d’altronde, per comprendere appieno i doveri a cui erano sottoposti canonici e cappellani, abbiamo preso in considerazione le costituzioni sinodali di periodi precedenti. Si è appurato che l’area definitiva della canonica era già delineata negli anni venti-trenta del XV secolo. Siamo venuti a conoscenza, inoltre, dai riferimenti al progetto, che l’Opera non aveva acquistato a caso gli immobili per la canonica, ma secondo una logica urbanistica, cercando di dare all’area un aspetto regolare, predisponendone poi la chiusura. Come si è potuto osservare, con l’acquisto sistematico degli immobili di proprietà dei Visdomini/Cortigiani, che si estendevano dal popolo di Santa Maria in Campo fino a via dell’Oche e che comprendevano anche corte e loggia, l’Opera aveva potuto usufruire in parte di un agglomerato di edifici uniti tra loro e già predisposti a creare uno spazio chiuso.
Pur non avendo fatto un vero studio prosopografico del ceto di provenienza dei canonici, tramite la ricchezza di studi sul Quattrocento fiorentino e sulle famiglie della classe dominante, si è potuto constatare che i personaggi da noi esaminati appartenevano tutti all’ambiente sociale più elevato, sia che fossero di antica origine o gens nova, legata al mondo mercantile.
L’analisi delle fonti documentarie sulle spese nell’acquistare le case destinate ad accogliere la nuova canonica, nella maggior parte inedite, ha permesso, una volta ordinate, di ricreare l’assetto urbanistico dell’area.
Dallo studio dei documenti sono emerse, inoltre, le condizioni di vita in comune nella canonica, nel rispetto delle costituzioni, che ne regolavano la disciplina: dagli alloggiamenti in base all’anzianità, al luogo dove riunirsi per condividere i pasti e, infine, alla necessità di avere piccoli ambienti personali, dove poter meditare e studiare.
Tavole fuori testo
Legenda
A. via della Morte |
1. porta della canonica |
B. via dell’Oche |
2. Compagnia di San Zanobi |
C. via dello Studio |
3. case dei Gherardini |
D. piazza e via dei Bonizzi |
4. scuola dei chierici |
E. piazza San Benedetto |
5. Arte dei Corazzai, poi cucina del capitolo |
F. piazza delle Pallottole |
6. case in via dello Scheletro |
G. via del Campanile |
7. casa di Corso dei Ricci |
H. piazza del Capitolo |
8. torre dei Visdomini |
I. via della Canonica |
9. palazzo dei Visdomini |
L. corte dei Visdomini/Cortigiani |
10. casa di Cancino Visdomini |
M. androne dei chierici |
11. casa dei Ricci con forno |
N. via dello Scheletro |
12. bottega e magazzino dei marmi |
O. chiasso del Campanile |
13. casa di Pierozzi |
14. casa di Maso Cicalini |
|
15. casa dei da Asciano |
|
16. case dei Bonizzi |
|
17. casa di Giovacchino e Filippo Ricci |
|
18. chiesa di San Piero Celoro |
|
19. case dei Visdomini/Cortigiani |
|
20. loggia dei Visdomini/Cortigiani |
|
21. case dei Tedaldini |
|
22. palagiotto e torre d’Agnolo e Giovanni Cortigiani |
|
23. chiesa di San Benedetto |
Legenda
A. via della Morte |
1. porta della canonica |
B. via dell’Oche |
4. scuola dei chierici |
C. via dello Studio |
5. Arte dei Corazzai, poi cucina del capitolo |
D. piazza e via dei Bonizzi |
8. torre dei Visdomini |
E. piazza San Benedetto |
9. palazzo dei Visdomini |
F. piazza delle Pallottole |
18. chiesa di San Piero Celoro |
G. via del Campanile |
19. case dei Visdomini/Cortigiani |
H. piazza del Capitolo |
20. loggia dei Visdomini/Cortigiani |
I. via della Canonica |
21. case dei Tedaldini |
L. corte dei Visdomini/Cortigiani |
22. palagiotto e torre d’Agnolo e Giovanni Cortigiani |
N. via dello Scheletro |
23. chiesa di San Benedetto |
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Appendici
Appendice documentaria
1. 1363/4 febbraio 28
Frate Andrea Corsini vescovo di Fiesole a richiesta del prete Rodolfo rettore della chiesa di San Michele Visdomini e dei patroni della stessa interviene per benedire la posa della prima pietra nel luogo predisposto alla nuova costruzione.
ASF, Notarile Antecosimiano, 11380 [ex L 35], registro del notaio ser Lando di Fortino da Ciconia, cc. 24-25v.
Titolo: Fundatio ecclesie nove Sancti Michaelis Vicedominorum
In Christi nomine amen. Anno eiusdem ab incarnatione millesimo trecentesimo sexagesimo tertio indictione secunda die ultimo mensis februarii secundum cursum et consuetudinem florentinam, pontificatus sanctissimi in Christo patris et domini domini Urbani pape quinti. Pateat omnibus evidenter quod reverendus in Christo pater et dominus dominus frater Andreas Dei et apostolice sedis gratia episcopus fesulanus, ad supplicationem, preces et instantiam presbiteri Rodulfi rectoris parrocchialis et curate ecclesie Sancti Michaelis Vicedominorum de Florentia et infrascriptorum nobilium virorum patronorum dicte ecclesie Sancti Michaelis, personaliter constitutus apud locum et in loco in quo fundata et de novo plantata fuit infrascripta nova ecclesia Sancti Michaelis predicti Vicedominorum de Florentia, posita videlicet et sita Florentie in populo et parrocchia dicte primarie et veteris ecclesie Sancti Michaelis predicti et transferende in dicto loco, cui loco et terreno a I via que dicitur via Sancti Gilii, a II via cui dicitur via di Balla, a III filiorum et heredum Nerii condam Lippi, a IIII domine...a infra hos confines posita vel alii siqui forent plures aut veriores causa benedicendi secundum formam et ritum Sancte Matris Ecclesie et canonicas sanctiones primarium lapidem et sanctuarium dicte nove herigende et fundande basilice et ecclesie Sancti Michaelis et ipsam basilicam et ecclesiam plantandi, fundandi et erigendi et presentibus tunc ibidem et predicta et infrascripta fieri humiliter et devote supplicantibus et petentibus dictis et infrascriptis Rodulfo rectore predicto et viris nobilibus civibus florentinis patronis dicte ecclesie Sancti Michaelis, videlicet //(c. 24v) Bonifatio et Iuliano fratribus et filiis olim domini Ormanni, Guccio Simonis, Piero Bindi, Iacobo et Andrea fratribus et filiis condam domini Bartoli et Ghino domini Uberti de domo et stirpe et progenie de Vicedominis pro se ipsis et eorum nominibus et vice et nomine omnium et singulorum de dicta eorum domo et stirpe de Vicedominis et eorum et illorum omnium et singulorum heredum et descendentium; Silvestro olim Lapi et Raynerio Bindi de Aliottis et de domo et stirpe Alioctorum pro se ipsis et eorum nominibus et vice et nomine omnium et singulorum de dicta domo et stirpe de Aliottis et heredum et descendentium ipsorum omnium et singulorum; Bernardo Iohannis Sassi, Nepo domini Pauli, Marsoppino Scholai, Lodovicho domini Bindi et Baldo Simonis de Tosinghis et de domo et stirpe de la Tosa pro se ipsis et eorum nominibus et vice et nomine omnium et singulorum heredum et descendentium; et ipsis omnibus et singulis predictis hominibus de dictis domibus et progeniebus dictis modis vice et nominibus dicentibus et affermantibus in dicto loco et protestantibus ante dictam fundationem et herectionem dicte nove ecclesie Sancti Michaelis Vicedominorum et in ipsa fundatione et erectione et plantatione se ipsos et omnes et singulos supradictos de dictis eorum domibus et progeniebus de Vicedominis, de Alioctis et de la Tosa dictis modis et nominibus fuisse et esse velle perpetuis temporibus in futurum patronos veros et legiptimos et in possessione et quasi iure patronatus pacifice et quiete dicte veteris ecclesie Sancti Michaelis et similiter in futurum esse et esse velle se ut dictum est et omnes et singulos de dictis domibus et progeniebus et heredes et descendentes omnium et singulorum ipsorum dicentibus et protestantibus legiptimos et veros patronos dicte nove ecclesie construende, plantande et herigende ecclesie Sancti Michaelis Vicedominorum cum omni plenitudine iuris patronatus sicut erant et fuerunt patroni dicte veteris //(c. 25) ecclesie Sancti Michaelis que ecclesia vetus et antiqua Sancti Michaelis et eius muri et domus et officine eidem ecclesie coherentes destruendum veniunt et eorum sola et terreni et sita incorporanda et includenda veniunt in maiori ecclesia florentina. Prefatus reverendus in Christo pater et dominus dominus frater Andreas episcopus fesulanus cum licentia, consensu et auctoritate expressis venerabilis viri domini Simonis de Paganis de Regio archidiaconi regini reverendi in Christo patris et domini domini Petri Dei gratia episcopi florentini tunc notorie in remotis agentis, videlicet in legatione pro dicto domino nostro papa Urbano in partibus Alamanie et Ungarie vicarii in spiritualibus et temporalibus generalis tunc predictis et infrascriptis omnibus ibidem presentibus et expresse et auctoritate et potestate sui offitii vicariatus omni modo, via, iure, causa et forma, quibus melius potuit eidem domino episcopo fesulano presenti et petenti in omnibus et singulis predictis et infrascriptis expresse consentientibus et auctoritatem et consensum et licentiam plenissimam dantis concedentis et interponentis primarium et sanctuarium lapidem et fundamentum dicte nove erigende, fundande et plantande ecclesie Sancti Michaelis Vicedominorum schulptum in forma et cum signis debitis observata in omnibus debita forma et solempnitate iuris et in forma ecclesie consueta benedixit et sanctificavit ipsum que benedictum et sanctificatum schulptum lapidem inmicti poni et plantari fecit in fundamento primario et ereptione et plantatione natali murorum et constrictionis dicte nove ecclesie Sancti Michaelis ipsamque ecclesiam et eius fundamenta et muros sub nomine et vocabulo Sancti Michaelis de Vicedominis ad honorem et gloriam Dei omnipotentis et beate Marie semper Virginis et Sancte Romane Ecclesie et beati Michaelis fundavit, plantavit et erexit ibidem posito et erecto in altum venerabili signo crucis omnique solempnitate et forma iuris debita et cum ymis laudibus et divinorum offitiorum celebratione consuetis et debitis secundum ritum et formam iuris et Sancte Romane Ecclesie et canonicum sanctiones solempniter //(c. 25v) observatis. Quibus omnibus et singulis supradictis sic peractis prefatus dominus Simon vicarius antedictus auctoritate et potestate predictis quibus fungebatur expresse consensit ipsisque omnibus et singulis suam et dicti domini episcopi florentini et sue spetialis auctoritatis interposuit pariter et decretum. Acta fuerunt predicta omnia modo et forma premissis Florentie in dicto loco ubi fundata et plantata fuit dicta ecclesia Sancti Michaelis (…).
a Spazio bianco per il nominativo.
2.1. 1356 luglio 17
Lodo di divisione arbitrato da Rosso di Ricciardo Ricci tra Uguccione di Ricciardo Ricci del popolo di Santa Maria Alberighi da una parte, Giorgio suo fratello dall’altra e Jacopo, adulto maggiore di 14 anni e minore di 18, figlio del fu Salvestro di Ricciardo Ricci col consenso di monna Bice sua madre e curatrice dall’altra ancora.
ASF, Notarile Antecosimiano, 4416 [ex C 204], registro del notaio ser Jacopo di Benintendi di Poggino Della Casa da Mugello, c. 75v.a
A Uguccione vengono assegnati una casa e un credito di Monte:
(…) una domus posita Florentie in populo Sancte Marie Alberigi cui a primo via, a secundo heredum domini Niccolai ser Chelli, a tertio Iohannis de Tedaldinis et a quarto heredum Moris de Ricciis (…).
A Giorgio spetta:
(…) una domus posita Florentie in dicto populo Sancte Marie Alberigi cui a primo via, a secundo via, a tertio heredum Bonaccursi Iannis Bonaccursi et a quarto dictorum heredum chiassolino mediante et septem partes ex tredecim partibus pro indiviso trium domorum ad unum se tenentium cum curia et loggia positarum in populo Sancti Martini episcopi de Florentia cui a primo via, a secundo et tertio chiassus et a quarto Gerii Ghiberti (…).
Jacopo riceve:
(…) una domus posita Florentie in populo Sancti Petri Celorum cui a primo via, a secundo Francisci Cichalini, a tertio via et a quarto Iohannis Francisci de Tedaldinis et sex partes ex tredecim partibus pro indiviso dictarum trium domorum ad unum se tenentium positarum in dicto populo Sancti Martini episcopi supra confinatarum et descriptarum (…).
2.2. 1365/6 gennaio 4
Codicillo testamentario di Jacopo di Salvestro di Ricciardo Ricci dove sono ribaditi i confini della casa ricevuta per lodo.
ASF, Notarile Antecosimiano, 4416 [ex C 204], c. 191v.
(…) unius domus sue habitationis posite Florentie in populo Sancti Petri Celorum cui a primo via, a secundo Francisci Masi, a tertio via et a quarto Iohannis Tedaldini (…).
3. 1353 giugno 18
Giovanni di Francesco Tedaldini del popolo di San Benedetto affitta a Torello del fu maestro Dino Del Garbo del popolo di Sant’Apollinare una bottega per 3 anni a 16 fiorini l’anno.
ASF, Notarile Antecosimiano, 4416 [ex C 204], c. 46v.
(…) unam domum sive unam apotecam amattonatam cum tetto et sine solaribus cum quattuor archis et dimidio positam Florentie in dicto populo Sancti Beneditti cui a primo via de Tedaldinis, a secundo dicti Iohannis, a tertio chiassus sive platea et a quarto dicti Iohannis (…).
4. 1418 novembre 17
Giovacchino e Filippo fratelli e figli del fu Ardingo d’Ugucciozzo Ricci vendono all’Opera di Santa Maria del Fiore per 950 fiorini una loro casa con corte, torre e stalla posta nel popolo di San Piero Celoro.
ASF, Notarile Antecosimiano, 12127 [ex L 286], registro del notaio ser Lorenzo di Paolo di ser Guido Gigli, c. 245v.
Item postea dictis anno inditione et die decima septima dicti mensis novembris. Actum Florentie in Opere Sancte Marie del Fiore presentibusa testibus ad hec vocatis habitis et rogatis Antonio Dominici vocato Cere del Cipolla et Antonio Pieri vocato Beliotto ambobus populi Sancte Agate lige Cascie vallis Arni superioris et aliis pluribus.b Iovacchinus et Filippus fratres et filii olim Ardinghi Uguizzozi de Ricciis populi Sancti Petri Celorum de Florentia iure proprio et in perpetuum dederunt, vendiderunt, tradiderunt Batiste Antonii vice capomagistroc Operis Sancte Marie del Fiore de Florentia ibidem presenti et pro dicto Opere Sancte Marie del Fiore ementi et recipienti domum unam positam in civitatem Florentie in dicto populo Sancti Petri Celorum cum curiad et quadam turri iuxta dictam domum et cum stalla iuxta dictam domum et turrim in qua ad presens habitat dictus Iovacchinus, quibus omnibus a I, II et III via comunis a IIII dicti Operis cum omnibus et singulis que infra predictos continentur confines vel alios si qui forent plures aut veriores ad habendum tenendum et possidendum et quidquid dicto Operi et seu ipsius Operis operariis placuerit perpetuo faciendum et cum omni iure et actione sibi ex dicta re vendita aut pro ipsa re vel ipsi rei vendite quomodolibet pertinentiis pro pretio et nomine veri et iusti pretii dicte rei vendite florenorum noningentorum quinquaginta auri nitidorum quam quantitatem dictie venditores fuerunt in veritate et non sub spe alicuius future numerationisf a dicto Opere habuisse et recepisse confessi et contentig exceptioni sibi non date non solute et non numerate dicte quantitatis pecunie omnique alii iuris auxilio omnino renuntiantes. Cuam rem venditam dicti venditores constituerunt se deinceps precario nomine dicti Operis tenere et possidere donec etc.h cuius rei possessionis accipiendi deinceps eidem Batistei ut supra recipienti licentiam omnimodam dederunt atque contulerunt. Cuam venditionem et omnia et singula suprascripta promiserunt dicti venditores et uterque eorum in soliduml dicto Batistem ut supra recipienti perpetuo firma et rata habere et tenere et contra predicta vel aliquid predictorum non facere vel venire nec super dicta re vendita litem vel questionem seu controversiam aliquam inferre nec inferenti vel moventi consentire sed ipsam rem venditam tam in proprietate quam in possessione defendere auctorizare et disbrigare modisque omnibus expedire suis propriis sumptibus laboribus et expensis etc.; et in casu evictionis reddere et restituere dictam quantitatem pecunie cum pena dupli et refectione dapnorum etc. pro quibus omnibus et singulis observandis etc. obligaverunt etc. renuntiaverunt etc. rogantes etc. quibus precepi per guarentigiam etc.
a Segue depennato «Iohanne Niccoli de Quaratensibus et Jacobo Rigaletti beccario civibus florentinis et aliis pluribus».
b «Antonio … pluribus» aggiunto successivamente nello spazio tra «rogatis» e «Iovacchinus».
c «Batiste … capomagistro» corretto nell’interlinea su «Simoni Francisci de Filicaria provisori» depennato.
d Segue depennato «lo-».
e Parola corretta.
f Segue depennato «hu-».
g «confessi et contenti» aggiunto in margine.
h «donec etc.» aggiunto nell’interlinea con richiamo nel testo.
i Segue depennato «Simoni».
l Aggiunto nell’interlinea.
m Corretto nell’interlinea su «Simoni» depennato.
5. 1418 novembre 17
Maso di Cristoforo di Maso [Cicalini] vende all’Opera di Santa Maria del Fiore per 475 fiorini una casa posta nel popolo di San Piero Celoro.
ASF, Notarile Antecosimiano, 12127 [ex L 286], registro del notaio ser Lorenzo di Paolo di ser Guido Gigli, c. 246.
Item postea dictis anno inditione et die decima septima dicti mensis novembris. Actum Florentie in Opere Sancte Marie del Fiore presentibusa testibus ad hec etiam vocatis habitis et rogatis subscripsi Iohanne Niccoli de Quaratensibus et Iacobo Regaletti beccario civibus florentinis et aliis pluribus subscripsi. Masus olim Christofori Masi dicti populi Sancti Petri Celorum de Florentia per se et suos heredes dedit, vendidit et tradidit Simone Francisci de Filicaria provisori Operis Sancte Marie del Fiore ibidem presenti et pro dicto Opere recipienti et ementi domum unam positam in civitate Florentie in dicto populo Sancti Petri Celorum in qua ad presens habitat dictus Masus cui a I, II et a III via publica comunis, a IIII dicti Operis Sancte Marie del Fiore cum omnibus et singulis que infra predictos continentur confines vel alios si qui forent plures aut veriores ad habendum tenendum et possidendum et quidquid dicto Operi et seu operariis aut cui concesserit placuerit perpetuo faciendum et cum omni iure et actione usu seu requisitione sibi ex ea vel pro ea re aut ipsi rei modo aliquo pertinente pro pretio et nomine veri et iusti pretii dicti rei vendite florenorum quadringentorum septuaginta quinque auri nitidorum boni et puri auri recti ponderis et conii florentini quam quantitatem dictus venditor fuit in veritate et non sub spe alicuius futuri numerate confessus et contentus a dicto Opere habuisse et recepisse exceptioni sibi non date non solute et non numerate dicte quantitatis pecunie omniquam aliib iurium et legum auxilio omnino renunteans; cuam rem venditam dictus venditor constituit se precario nomine dicti Operis deinceps tenere et possidere cuius rei possessionem accipiendi deinceps ei licentiam omnimodam dedit atque contulit.
a «postea … presentibus» corretto sopra rigo su «incontinenti ibidem post predicta et circa dictis suprascriptis» depennato.
b «alii» aggiunto nell’interlinea con richiamo nel testo.
6. 1418 dicembre 3
Simone di Francesco da Filicaia come procuratore di Cristoforo, Bartolomea e Caterina figli dello speziale Antonio di Berto da Asciano vende all’Opera di Santa Maria del Fiore per 60 fiorini una casa posta nel chiasso del Campanile.
ASF, Notarile Antecosimiano, 12127 [ex L 286], registro del notaio ser Lorenzo di Paolo di ser Guido Gigli, c. 250.
In Christi nomine amen. Anno ab eiusdem salutifera incarnatione millesimo quadringentesimo decimo octavo inditione duodecima et die tertia mensis decembris. Actum Florentie in Opere Sancte Marie del Fiore, presentibus Pardo Antonii furnaciario de Vulterris et ser Niccolao ser Verdiani Arrigi cive et notario florentinoa et aliis pluribus testibus ad hec vocatis et rogatis etc. Simon olim Francisci de Filicaria tunc provisor Operis Sancte Marie del Fiore de Florentia procurator et procuratorio nomine et nominibus Christofori, Bartolomee et Katerine filiorum Antonii Berti de Asciano spetiarii populi Sancti Fridiani de Florentia, ut de eius procura et mandato publice constat manu mei Laurentii notarii infrascripti,b iure proprio et in perpetuum dedit, vendidit et tradidit Batiste Antonii scarpellatori vice capomagistro dicti Operis ibidem presenti et pro dicto Opere recipienti domum unam positam in populo Sancti Petri Celorum de Florentia in via que dicitur il chiasso del campanile cui a I dicta via sive chiassus, a secundo dicti Operis, a III ...c et alios fines ad habendum tenendum et possidendum et quidquid dicto Operid vele cui concesserit deinceps placuerit perpetuo faciendum cum omnibus et singulis que infra predictos continentur confines vel alios si qui forent plures aut veriores et cum omnibus et singulis que dicta bona habent super se intra se et seu infra se integrum et cum omni [iure] et actione etc. pro pretio et nomine veri et iusti pretii dicte rei et domus vendite florenorum sexaginta auri nitidorum dicto venditori quod pretium dictus venditor dicto nomine et seu nominibus confessus et contentus fuit se a dicto Opere habuisse et recepisse exceptioni sibi non date non solute et non numerate dicte quantitates pecunie et florenorum auri omnique alii iuris et legum auxilio quod pro eo dicto nomine constituit se deinceps precario nomine dicti Operis tenere et possidere cuius rei possessionem accipiendi deinceps ei licentiam omnimodam dedit etc. Cuam venditionem et omnia et singula suprascripta promisit et solempni stipulatione convenit dictus venditor dictis nominibus dicto Batiste ut supra recipienti perpetuo firma et rata habere et tenere et contra non facere vel venire nec inferenti facienti vel moventi consentire sed dicta bona supra vendita tam in proprietate quam in possessione dicto Operi et cui concesseritf defendere, autorizare et disbrigare modisque omnibus expedire etc. omnibus suis venditoris dicto nomine propriis sumptibus etc.; et in casu evictionis etc. dictum pretium cum pena dupli reddere etc. et sub refectione dampnorum etc. et pro quibus observandis etc. obligans etc. renuntians etc. rogans etc. cui precepi per guarentigiam etc. cum protestatione tamen facta per dictum Simonem quod se non intelligit per predictam vel aliquid predictorumg obligare etc. sed solum dictos constituentes et eorum bona etc.
a «ser Niccolao … florentino» corretto nell’interlinea su «Taddeo Andree Fedis de Castro Florentino etiam furnaciario» depennato.
b Segue depennato «d-».
c Spazio bianco per il nominativo.
d Segue depennato «Batiste».
e Segue depennato «suis heredibus».
f «dicto … concesserit» aggiunto nell’interlinea con richiamo nel testo.
g Segue depennato «se».
7. 1357/8 gennaio 18
Atto di donazione redatto nella corte dei Visdomini: Vermiglio di Cancino Visdomini, che agisce per sé e per il figlio Lorenzo, concede a messer Giovanni di messer Bartolo di messer Uberto Visdomini, giudice, che agisce per sé e per i fratelli il diritto di poter edificare su un terreno appartenente a tutta consorteria posto presso la corte dei detti.
ASF, Notarile Antecosimiano, 1011 [ex A 997], registro del notaio ser Azzolino di Contuccino, c. 133
(…) ius hedificandi et construendi et hedificari et construiri faciendi et tenendi per se et suos heredes et successores in perpetuum super quodam ipsorum et dicti domini Iohannis et aliorum de Vicedominis terreno in parte coperto, cui in partem dicitur loggia sito iuxta curia de Vicedominis et super quo terreno est quedam porta per quam itur seu intratur in dictam curiam ex latere platee Sancti Benedicti, videlicet a domo olim Jacopi Teruccii et hodie dictorum filiorum domini Bartholi usque ad palatium quod olim fuit Cancini de Vicedominis quod hodie pertinet ad dictos filios domini Bartholi seu ad dominam Monacham eorum matrem et a muro qui ibidem est et in quo est dicta porta usque ad totum fundamentum turris, que ibidem esse solita est versus dictam curia, quod quidem terreno cum muro, porta et tecto, qui ibidem est, positum est Florentie in dicto populo Sancti Micchaelis Vicedominorum, quibus quidem terreno et rebus tales dixerunt esse confines a primo dictum palatium olim dicti Cancini et hodie dicte domine Monache, seu dictorum eius filiorum, a II platea ecclesie Sancti Benedicti in partem et heredi Iacobi Teruccii seu dictorum filiorum domini Bartholi seu dicte domine Monache in partem, a III dicta domus olim dicti Iacopi Teruccii et hodie dictorum filiorum domini Bartholi seu dicte domine Monache, a IV curia de Vicedominis in quantum extenditur usque ad fundamenta turris suprascripte, que olim ibidem fuit et extenditur usque ad dictum palatium olim Cancini et hodie dictorum filiorum domini Bartholi seu dicte domine Monache, prout trahit et tenet fundamentorum turris predicte, illud et illa et quod seu que hedificium seu hedificia ipse dominus Iohannes vel eius fratres vel heredes vel successores voluerent vel volent et totum quod nunc ibidem est ex inde elevandi, tollendi et removendi seu elevari, tolli, et removeri faciendi, dummodo a dicta die quintadecima mensis ianuarii ad quattuor annos proxime venturos (…) ipsus dominus Iohannes (…) super seu supra dictum terrenum hedificet seu hedificent seu hedificari faciat aut faciant quamdam voltam adminus supra dictum terrenum et in quantum tenet totum dictum terrenum per latitudinem et longitudinem, que quidem volta saltim in eius summitate sit supra archum dicte porte per quam intratur in dictum terrenum et curiam de Vicedominis et ipsam voltam ibidem construendi et a dicta volta supra tenendi et habitandi et usufructandi per se et suos heredes et successores.
8. 1427 marzo 31
Lodo di divisione arbitrato da Daniello di Zanobi speziale del popolo di Santa Reparata e da Francesco di Jacopo Del Pugliese del popolo di San Frediano tra i fratelli Angelo e Giovanni di Gherardo Cortigiani, che devono suddividere la loro abitazione.
ASF, Notarile Antecosimiano, 4420, registro del notaio ser Niccolò di ser Zanobi Della Casa, c. 13v
(…) una domus sive palagiettum posita in populo Sancte Marie in Campo de Florentia cui toti a I via, a II platea que vocatur la piazza delle Pallottole, a III filiorum et heredum Gherardi de Cortigianis, a IV bona olim Bonifatii de Cortigianis (…).
A Giovanni viene assegnato:
(…) hostium usitatum respondens in viam versus Sancte Reparate cum androne et medietate volte versus hostium dicte volte et schalam per quam itur ad primam salam cum parte dicte sale in ingressu sive in entrata a muro dicte scale per spatium bracchiorum quatuor et ¾ et subsequenter postea in exitu per spatium a dicto muro brachiorum quatuor et 1/3 et quidquid est ab inde supra usque ad tectum cum quodam arroto sive andito quod tetigit eis in divisionem aliorum fratrum.
Detto Giovanni sarà tenuto entro ottobre ad erigere a sue spese un muro in detta sala e a chiudere ossia rimurare «hostium andronis quod est apud puteum».
Ad Angelo viene assegnata:
(…) item aliam partem dicte domus sive palagetti que sic describitur et dividitur, videlicet hostium cum androne respondens in dictam plateam que dicitur la piaza delle Pallottole et aliam medietatem volte et cameram terrenam cum sala superius cum fenestris cammino et anticamera et camera (…).
col patto che faccia fare un muro in mezzo alla volta a sue spese entro ottobre. Viene inoltre stabilito che il pozzo sia a comune.
9. 1429
Portata catastale dell’Arte dei Corazzai con dichiarazione della casa di loro residenza tra i beni immobili.
ASF, Catasto, 291, Beni di Compagnie e Arti di Firenze, 1429, c. 64.
Arte de’ Chorazzai e spadai (…)
Una chasa nella quale si rauna detta Arte dirinpetto a San Piero Celoro a primo via overo chiasso, a II Giovanni Bisdomini, a III chasa del chalonachato di Firenze, a IV la via de’ Fondamenti. La detta chasa dicono avere a dare agli operai di Santa Liperata a ogni loro richiesta per fiorini LX d’oro f. 60
(…)
Dicono che come aranno a lasciare la detta chasa alla detta Opera non ne aranno abitazione e chonverrà loro ispendere da fiorini 250 in 300 d’oro (…).
Troviamo questo dì XII di luglio 1429 àno chonperato già fe’ più tenpo II chasette per fare una abitazione de la loro risidenzia; le dette chase sono poste dirinpetto il chanpanile di Santta Liperata da primo via, da sechondo via, da 1/3 Domenicho di Filipo de l’Amanato, da ¼ Domenicho di Zanobi di Cieccho (…) chosta dagli operai di Santa Liperata lire 786 p. vagliono fiorini 196 ½ a soldi 80 per lira f. 196 s. 10
10. 1431
Portata catastale dell’Arte dei Corazzai con dichiarazione della casa di loro residenza tra i beni immobili.
ASF, Catasto, 421, Beni patrimoniali dei religiosi e delle Arti, Portate, cc. 127-127v.
Arte dei Corazzai e spadai
Ànno la chasa dove si raghuna l’Arte, la quale è principiata e non chonpiuta dirinpecto al chanpanile di Sancta Liperata chon due chasecte di rieto, le quali due chasecte chonperarono da Domenicho di Filippo dell’Amanato, delle quali due chasecte vogliono fare l’audientia quando potranno (…)
La decta Arte à gl’infrascripti debiti ed è obligata agl’infrascripti creditori nelle infrascripte quantità e somme, cioè: all’Opera e operai di Sancta Liperata di Firenze per resto della chasa chonperarono da·lloro dove ànno murata la chasa dell’Arte lire quactrocento l. 400
(...) Domenicho di Filippo dell’Amanato per pregio di due chasecte chonperò da·llui la decta Arte lire quactuorcento l. 400
11. Senza data, presumibilmente 1372a
Disposizione riguardante il modo di vestire dei canonici, estratta delle costituzioni sinodali. In essa viene stabilito che debbano indossare una lunga tunica senza bottoni né spille, il mantello foderato di vaio o di mussola, con cappuccio ampio, un berretto di panno foderato. Nella rubrica si dichiara che il provvedimento dovrà essere rispettato in perpetuo sotto pena della sospensione delle distribuzioni.
AOSMF, I 3 4, Bollario e Ordinamenti dell’Opera II, (sec. XV), cc. 43v-44
Constitutio super habitu canonicorum ecclesie florentine. Rubrica.
In Christi nomine, amen. Nos Angelus Dei et appostolice sedis gratia episcopus florentinus et Thommas Cantis et Petrus ser Octaviani, Philippus Paulus de Soderinis, Guido de Boscolis canonicis florentinis ecclesie cathedralis et capitulum ipsius ecclesie representantes ad honorem et statum dicte ecclesie augendum solerti studio intendentes cum honestas morum et habitus sit in omnibus et apud omnes laudabiliter concedenda et multotiens ex habitu presummatur que prima facie videri non possunt in illis precipue decens immo necessaria et iam dignoscitur qui sunt in sortem Yesu Christi electi ac divinis offitiis mancipati et in illis potissime qui in catthedratibus intitulati ecclesiis esse debent aliis tam clericis quam laycis sue condictionis exemplum et norma.
Idcirco statuimus et ordinamus et hac constitutione perpetuis temporibus valitura firmamus quod prepositus et quilibet canonicorum nostre ecclesie florentine qui anualem primam residentiam faciat vel qui distributiones dicte ecclesie percipiat deferant semper per civitatem Florentie vel in ipsa ecclesia maiori longum tabardum qui sit sine butonibus vel maspillis ab ante foderatum de variis, vel de sindone aut alia foderatura cum caputio largo sine butonibus vel maspillis cum becca non longa sed satis larga et condecenti foderato de variis vel de sindone ut alia foderatura seu duplici vel, si non defert tabardum, deferat mantellum longum //usque ad pedes et subtus mantellum guarnacciam longam vel cioppam seu cottarditam longam usque ad pedes largam sine butonibus vel maspillis cum caputio largo sine buttonibus vel maspillis cum becca larga et condecenti foderato de variis vel de sindone vel duplici vel alia foderatura honesta vel si non defert mantellum cum guarnaccia et aliis, ut dictum est, deferat crociam largam et longam usque ad pedes foderatam de variis vel de sindone cum caputio ut supra dictum est condecenti foderato de variis vel de sindone seu duplici vel etiam non foderata croccia.
Item quandocumque in maiori ecclesia vel per civitatem predictam incedat sine caputio ad genas et extra collum teneatur et debeat portare in capite birrettum de panno foderatum de variis vel de sindone aut indesia aut birretum anglicanum griseum seu alio panno honesto et condecenti. Et qui predicta non servaverint in qualibet die in qua sine habitu aliquo ex tribus predictis vel predicto birreto per ecclesiam nostram predictam et extra ecclesiam per civitatem predictam incidat et ipso facto privatus distributionibus ecclesie predicte per otto dies nec ipsas percipiat quoquo modo etiam si intersit horis et divino offitio et dicti octo dies scribantur per apuntatorem capituli ipsius ecclesie.
Et qui distributiones non percipit antedictas quia faciat residentiam claustralem pro qualibet die qua supradicta non servaverit non computantur sive discomputantur sibi otto dies residentie quam fecerint et scribantur dicti otto dies qui non computantur vel discomputantur per distributorem capituli ecclesie predicte. Item quod supra caputium nullus possit portare birrettum more laycorum.
Et quod dicitur de canonicis intelligatur etiam de cappellanis quo ad vestes solum et dumtaxat.
a Data desunta dall’identificazione del regolamento sul modo di vestire dei canonici estratto dalle costituzioni sinodali emanate dal vescovo Angelo Ricasoli alla presenza dei canonici Tommaso di Cante, Piero d’Ottaviano, Paolo Soderini e Guido Boscoli, eletti tra il 1363 e il 1364.
12.1. 1427 luglio 26
Costituzioni sinodali del 1427 redatte collegialmente da arcivescovo, canonici e consoli dell’Arte della Lana, in seguito alla creazione dei nuovi canonicati della detta Arte.
AOSMF, I 3 4, Bollario e Ordinamenti dell’Opera II, cc. 30v-32v
Item posteaa eisdem anno indictione et die vigesima sexta mensis iulii. Actum in loco suprascriptob presentibus testibus ad hec vocatis habitis et rogatis egregiis decretorum doctoribus dominis Stefano Bonacursi et domino Zenobio Iacobi de Guaschonibus civibus et advocatis florentinis.
Pateatc omnibus evidenter quod cum propter predicta reverendus in Christo pater et dominus
dominus Amerighus archiepiscopus predictus et venerabiles viri
domini Amerighus prepositus,
Dinus de Pecoris,
Salutatus, Andreas,
Arditus et
Matteus canonici predicti,
absentibus dominis Batista de Castellanis et Antonio de Acciaiuolis canonicis prefatis, tamen legiptime citatis, ut constat manu mei notarii infrascripti, citati et requisiti et congregati pro hac die et hora ad infrascripta omnia et singula de mandato dicti domini archiepiscopi ut constat manu mei notarii predicti et qui canonici residentes faciunt, constituunt et representant totum capitulum dicte ecclesie; et dicti nobiles viri
dominus Raynaldus,
Silvester,
Antonius Bartolomei,
Thommasius,
Loysius Alexandri ser Lamberti et
Antonius Niccolai de Businis
consules dicte Artis congregati et cohadunati pro infrascriptis tractandis, agiendis et peragiendis, dictus dominus archiepiscopus ipsis preposito et canonicis ac etiam ipsis consulibus narravit et exposuit omnia et singula suprascripta et infrascripta petita per dictos consules et per eos preposita et oblata ac petita coram ipso et dixit quod tam per narrata et petita et oblata per ipsos consules quam etiam per ea que ipse dominus archiepiscopus videre, congnoscere et considerare potuit et potest bonum, utile et expediens pro divino cultu augendo est creare et construere octo prebendas canonicales, que prebende canonicales tradi, conferri et assignari debeant octo canonicis creandis et constituendis per ipsum dominum archiepiscopum et capitulum prefatum una cum dictis consulibus secundum formam, exigentiam et tenorem dictarum licterarum appostolicarum,d que prebende in perpetuum sint et esse debeant redditus et proventus cuiuslibet anni et quolibet anno triginta florenorum auri pro qualibet ipsarum otto prebendarum ut sic in valore reddituum satisfiat intentioni licterarum //(c. 31) appostolicarum ac reformationi Populi et Communis Florentie de materia disponenti, qui floreni triginta auri prout de voluntate et deliberatione dictorum consulum procedit tradi, assignari et solvi debeant quolibet anno cuilibet canonico habenti vel habituro unam ex dictis octo prebendis per camerarium Opere Sancte Marie del Fiore de Florentia pro tempore existentem in tribus pagis, videlicet tempore cuiuslibet consulatus unam pagam, videlicet tertiam partem dictorum triginta florenorum, viso solum et dumtaxat deliberatione seu stantiamento dictorum consulum, hoce tamen salvo et intellecto quod si aliqui vel aliquis aut omnes dictorum otto canonicorum creandorum de novo et construendorum ad dictas otto prebendas secundum formam dictarum licterarum appostolicarum assummerentur vel assummeretur ad gradum doctoratus sacre theologie, iuris canonici vel civilis vel doctor seu doctores in dictis facultatibus vel aliqua earum efficerentur, tunc et eo casu intelligatur constituta et creata seu create et constitute prebenda et prebende predicte pro dicto tali vel talibus doctoribus florenorum triginta quinque solvendorum per dictum camerarium ut supra. Et quod dicte octo prebende intelligantur et sint constitute, create et ordinate et perpetue cum infrascriptis condictionibus oneribus et gravedinibus et sic construantur, creentur et ordinentur etf prout ipsi consules sic dotantes petierunt et voluerunt pro augumento divini cultus, videlicet.
Primo:g quod post primam deputationem fiendam de presenti ad aliquam dictarum octo prebendarum aliqua ipsarum non possit dari vel conferri alicui qui tempore ipsius collationis vel institutionis non sit doctor sacre theologie aut iuris canonici vel civilis, alioquin collatio et institutio aliter facta non valeat et nulla sit ipso iure et pro tali prebenda nulla solutio fieri possit quoquo modo per dictum camerarium.
Secundo:h quod canonici omni tempore et quandocumque etiam in futurum creandi ad dictas octo prebendas vel aliquam ipsarum vel post dictam primam creationem quandocumque vacantibus illis otto prebendis vel aliqua ipsarum eligendi et asummendi a die receptionis et adepte possessionis teneantur et debeant omni fraude et exceptione et gavillatione remota se facere promoveri infra annum //(c. 31v) ad ordinem sacerdotis ita et taliter quod missam celebrare valeant secundum ritum et morem sacerdotum, alioquin sint et intelligantur ipso iure privati et amoti a dictis prebenda et etiam canonicatu et eorum iuribus et possessionibus que prebenda et canonicatus et prebende et canonicatus in dicto casu conferri et tradi et assignari possit et possint per habentes auctoritatem alteri vel aliis modo predicto non obstante aliquo iure in ipsa vel ipsis quesito vel querendo per dictum talem vel tales de proximo assummendos.
Tertio:i quod prefati canonici et eorum successores sic instituendi teneantur et debeant facere continuam residentiam in dicta ecclesia et eius claustro et interesse iuxta posse divinis horis et offitio in dicta ecclesia celebrandis, alioquin ad petitionem et instantiam consulum dicte Artis pro tempore existentium per dominum archiepiscopum florentinum pro tempore existentem ponatur yconomus vel vicarius ad offitiandum in dicta ecclesia substentandus de redditibus ipsius prebende absentis canonici.
Quarto:l quod unus vel alter ex dictis otto canonicis pro tempore existentibus et habentibus dictas prebendas teneatur et debeat quolibet die dominicali vel diebus solempnibus canere et celebrare missam maiorem in altari maiori dicte ecclesie si et in casu quo per unum vel aliquem ex canonicis aliis antiquis dicte ecclesie non celebraretur vel caneretur dicta missa.
Quinto:m quod dicti canonici pro tempore existentes ad dictas octo prebendas vel aliquis ipsarum non possit vel possint se absentare a civitate Florentie sine expressa licentia domini archiepiscopi prefati et dictorum consulum dicte Artis pro tempore existentium de qua apparere debeat publicum instrumentum.
Sexto:n quod dicti canonici pro tempore adsummendi ad dictas octo prebendas vel aliquam ipsarum in ipsorum vel alterius ipsorum electione, creatione vel institutione et seu collatione, saltem antequam recipiantur iurare ad sancta Dei evangelia scripturis corporaliter manu tactis teneantur et debeant ad mandatum domini archiepiscopi pro tempore existentis vel in eius manibus vel sui vicarii facere, actendere et observare omnia et singula suprascripta.
//(c. 32) Hoc tamen apposito et declarato quod consules dicte Artis pro tempore existentes tamquam edificatores et constructores et detentores dictarum prebendarum habeanto omne et quodcumque ius patronatus in dictis prebendis et canonicatibus et habeant ius presentandi et seu eligendi canonicos tempore vacationis ipsarum vel alicuius ipsarum octo prebendarum confirmandos et instituendos per archiepiscopum pro tempore existentem vel eius vicarium.
Quibus sic narratis et expositis per dictum dominum archiepiscopum ipse dominus archiepiscopus dixit quod si eisdem preposito, canonicis et capitulo una cum consulibus videtur creare de novo et constituere ultra solitum numerum dictas octo prebendas modis et qualitatibus prefatis et otto canonicatus et approbare, admictere et accieptare suprascripta omnia et singula et facere, edere et constituere super suprascriptis omnibus et singulis per ipsos dominum archiepiscopum, prepositum, canonicos et capitulum una cum ipsis consulibus provisionem, ordinationem, statutum et constitutionem et quicquid melius dici et excogitarip potest facere et quod in hiis et super hiis omnibus et singulis suprascriptis procedatur, observetur, firmetur et fiat in omnibus et per omnia secundum prout et sicut supra per ordinem narratum est. Ipsi prepositus, canonici et capitulum et consules et quilibet eorum respondeatur et eisdem respondere placeat quid eis videtur et facere volunt.
Qui prepositus et domini Dinus, Salutatus et Matteus canonici predicti auditis predictis non consenserunt nec cum predictis domino archiepiscopo et consulibus concordaverunt, sed petierunt copiam omnium predictorum.
Et dicti domini Andreas et Arditus canonici predicti auditis et intellectis predictis dixerunt et respondiderunt dicto domino archiepiscopo quod predicta per ipsum preposita et narrata eis placebant pluribus rationibus et causis et maxime per ipsum dominum archiepiscopum narratis obtulerunt se paratos omnia et singula facere ut predicta sortiantur effectum.
//(c. 32v) Quiq consules similiter auditis predictis respondiderunt et dixerunt eisdem placere, offerentes se similiter paratos omnia et singula facere in predictis ut predicta sortiantur effectum, reservantes sibi consulibus dotantibus dictas prebendas ius patronatus in dictis prebendis et canonicatibus ita quod ad eas vel eos cum vacaverint ad ipsos consules vel eorum successores spectet presentatio et ad archiepiscopum confirmatio, petentes humiliter ut dictus archiepiscopus predicte reservationi iuris patronatus suam auctoritatem inpendat.
Quibusr peractis, dictus dominus archiepiscopus et dicti domini Andreas et Arditus canonici predicti et dicti domini consules omni modo, via et iure et forma qua et quibus magis et melius potuerunt et eis permictitur tam per dictas licteras appostolicas quam etiam per dictam reformationem quam etiam a iuribus unaminiter et concorditer creaverunt de novo et constituerunt ultra solitum numerum in dicta ecclesia consuetum dictas octo prebendas et pro futuris octo canonicis et super hiis omnibus et singulis statuerunt, firmaverunt, ordinaverunt et constitutionem fecerunt et quicquid melius dici et excogitari potest prout, sicut et quemadmodum et cum qualitatibus et oneribus suprascriptis et in omnibus et per omnia sic per dictum dominum archiepiscopum supra narratum propositum et conclusum est et cum reservatione dicti iuris patronatus prout de iure existit. Mandantes per me notarium infrascriptum ut de predictis publicum conficerem instrumentum.
Et dictuss dominus archiepiscopus in predictis omnibus et singulis et ad cautelam suam auctoritatem interponit et decretum.
a In margine due annotazioni di mano posteriore: «26 luglio 1427». «Constitutioni de’ signori canonici».
b Firenze, palazzo del Popolo.
c Le annotazioni marginali dell’intero manoscritto sono state redatte da due mani diverse, una coeva in latino, che ha valore di rubrica, presumibilmente del notaio dell’Opera ser Bartolomeo del maestro Antonio (mano A) e una cinquecentesca, in volgare (mano B), da ora A, B: «Reformatio archiepiscopi, capituli et consulum circa ordinamenta prebendarum canonicorum». «Riforma dell’arcivescovo e capitolo circa le prebende».
d In margine: «Quod prebenda sit florenorum triginta pro quolibet et quolibet anno». [A]
e In margine: «Quando efficerentur doctores prebenda sit florenorum triginta quinque pro quolibet». [A]
f In margine: «Dotatione di consoli». [B]
g In margine: «Post primam electionem nullus possit assummi qui non sit doctor vel magister». [A]
h In margine: «Electus infra annum debet promoveri ad sacerdotium alioquin remanet privatus» [A]. «Canonici debbono celebrare la messa infra l’anno altrimenti». [B]
i In margine: «Sunt obligati continuam facere residentiam et divinis interesse alias ponatur yconimus sumptibus sue prebende». [A]
l In margine: «Sunt obligati canere missam maiorem». [A]
m In margine: «Non possunt absentari nisi obtenpta licentia ab archiepiscopo et consulibus». [A]
n In margine: «Antequam recipiantur tenentur iurare observantiam capitulorum». [A] «Giuramento dell’osservanza di tutti i capitoli». [B]
o In margine: «Consules sunt patroni in eligendo et archiepiscopus in confirmando». [A] Nel margine sinistro: «Edificatori del patronato». [B]
p Segue depennato «possit». In margine: «Altra creatione di nuove prebende». [B]
q In margine: «Altro patronato e confermatione del arcivescovo». [B]
r In margine: «Creatione d’altri canonici». [B]
s In margine: «Autorità dell’arcivescovo». [B]
12.2. 1427
Approvazione da parte dei canonici delle nuove costituzioni e provvedimenti interni circa le distribuzioni.
AOSMF, I 3 4, Bollario e Ordinamenti dell’Opera, II, cc. 33-35v
In Dey nomine, amen. Anno Domini ab eius incarnatione millesimo etc.
Cum olim in chattedrali ecclesia florentina divinus cultus pro dignitate et magnificentia eiusdem ecclesie non provide ac solerte et iugiter ut decebat magnifice atque honorifice celebrarent, propter quod passa fuerit ac de presenti etiam patiatur in divinis offitiis non modicum detrimentum, idque precipue parvitate stipendiorum que canonicis per presentia divinorum offitiorum atque exercitationem dari solebant potissime contingere videretur, ipsum divinum cultum ante omnia amplificare at nonnullis de novo creatis canonicis una cum aliis prospicere cupientes et ut habentes ministrare ibidem ad divinum offitium magis sollicite inducantur, actendentes hoc utile ymo necessarium fore dicte ecclesie florentine ut ibidem divina offitia solertius ministrentur et divinus cultus cotidie per ibidem ministrare habentes ut necessarium est aumentetur; actendentes etiam quod nichil est propter quod magis inanimentur, alliciantur ac etiam inducantur communiter habentes divina offitia celebrare quam quod eis cotidiana et bona stipendia ministrentur. Idcirco volentes super hoc necessitate cohacti ex debito eorum offitii salubriter providere.
Venerabiles viri:
Dominus Amerighus olim Antonii de Medicis prepositus florentinus,
Dominus Dinus olim Bartolomei de Pecoris,
Dominus Salutatus olim domini Coluccii de Salutatis,
Dominus Arditus olim Leonardi de Antilla,
Dominus Matteus olim Iohannis de Bucellis,
Dominus Thommas Petruccii de Bordella,
Dominus Niccolaus magistri Iohannis Banduccii,
Dominus Andreas Dominici,
Dominus Filippus Pauli de Albizis,
Dominus Bartolomeus de Freschobaldis,
Dominus Michus Pieri de Chapponibus,
Dominus Bernardus Angeli de Spinis,
Dominus Iacobus olim Simonis,
Dominus Iohannes olim Pieri de Rondinellis et
Dominus Bernardus Iohannis
canonici maioris ecclesie florentine //(c. 33v) sponte, libere et ex certa scientia capitulariter congregati cum auctoritate et consensu, ut dixerunt, reverendi in Christo patris et domini domini Amerigi de Corsinis Dey gratia archiepiscopi florentini hac in perpetuum duratura constitutione sanserunt, ordinaverunt et constituerunt quoda omnes et singuli fructus, redditus et proventus census et canones emphitiotici, obventiones et emolumenta cuiuscumque qualitatis et condictionis, et si qua bona emphitiotica essent propter non solutum canonem seu censum seu alio quocumque modo ad predictam ecclesiam sive capitulum devoluta sint etiam si aliquid esset ex predicta causa exigendum, exceptis prebendis canonicis ipsas habentibus reservatis et funeralibus et hiis que ex campana, offitiis, festis et oblationibus, que fuerit in festo Sancti Zenobii et Sancti Sebastiani pervenient que debeant, secundum antiquarum constitutionum dispositionem et consuetudinem inter presentes canonicos distribui deveniantur et devenire debeant ad manus distributoris capituli sive ecclesie antedicte supradicta distribuere inter prepositum et omnes canonicos et quemlibet eorum presentes et qui pro tempore fuerint residentes secundum formam, iuris et constitutionum dicte ecclesie catthedralis editarum et edendarum et divinis offitiis interessentes infrascripto modo et ordine, videlicet:b quod pro quolibet et quibuscumque denario et denariis qui dabantur venientibus et interessentibus divinis offitiis secundum dispositionem constitutionum antiquarum dicte ecclesie, scilicet constitutio LXXXXIIII, constitutio LXXXXV et constitutio LXXXXVI, in futurum dentur et distribuantur quatuor denarii preposito canonicis et cuilibet eorum presentibus, residentibus et interessentibus ut supra divinis offitiis et horis canonicis, habita relatione ad predictas constitutiones.
Itemc ordinaverunt et constituerunt quod prefatus distributor teneatur de predictis proventibus et aliis solvere et satisfacere onera solita et consueta secundum consuetudinem et constitutiones dicti capituli et pro omnibus expensis que incombent in posterum dicto capitulo tantum.
Itemd quod teneatur et debeat distribuere et dare dictis preposito et canonicis et etiam cappellanis dicte ecclesie cappones, anseres, ova et agnum benedictum ac etiam sal prout olim in dicta ecclesia observatum est modo et forma ac diebus hactenus consuetis; et quod quid ex predictis introytibus et proventibus et aliis supradictis //(c. 34) residuum fuerit distribuat et distribuere teneatur secundum formam antiquarum constitutionum dicte ecclesie non obstantibus quibuscumque constitutionibus sive consuetudinibus in contrarium facientibus.e
Itemf ordinaverunt et statuerunt tam per divini cultus in dicta ecclesia institutio est et amplificationeg quam pro pace et unitate et tranquillitate canonicorum et omnium in dicta ecclesia institutorum quod fiat scruptineum, inbursatio sive tabula, in qua scribantur omnes et singuli canonici dicte ecclesie et quolibet mense, hoc est vigesima quinta die cuiuslibet mensis, extrahatur unus, qui una cum preposito curam et regimen cori gerat, procurat et provideat ut in ipsa ecclesia congrue et suo debito ordine divina offitia celebrentur, habeat preterea dictus canonicus extractus una cum preposito auctoritatem et arbitrium cappellanis ab esse volentibus a dicta ecclesia iusta de causa licentiam concedendih dummodo ex huiusmodi absentia predicta ecclesia in divinis offitiis nimis grave preiudicium non patiatur, dicti autem canonici sive coriste offitium duret per mensem cui sit licitum et facultas commictendi voces suas uni ex canonicis seu cappellanis dicte ecclesie. Cappellanis vero cui ille canonicus corista commictetur vices suas dandi licentiam cappellanis se absentare volentibus non habeat facultatem. Quei quidem licentia cappellanis dandi facultas cum per veteres constitutiones preposito et camerariis competetur dicta auctoritas et facultas per presentem constitutionem dictis camerariis abdicata, remota intelligatur, salvis et reservatis prefatis camerariis in omnibus aliis auctoritate, offitio et balia per constitutiones antiquas eisdem atributas. Predictus autem canonicus ad predictum offitium coriste extractus teneatur et debeat dictum offitium acceptare infra triduum a die extractionis ipso die in triduo computato, quod si iuxta causa inpeditus non fecerit, alius extrahatur et prefanisl in bursam remictatur, quod autem dictum est quod quilibet canonicus ad prefatum offitium extractus possit alteri commictere vices suas etiam ad prepositum extendatur dum tamen talis commissio unius mensis terminum non excedat non obstantibus constitutionibus et consuetudinibus ecclesie quibuscumque.
Item statuerunt et ordinaverunt quod fiat tabula in qua per ordinem omnes //(c. 34v) canonici residentes incipiendo ab antiquiori describantur quorum unus qui est antiquior diebus dominicis et festivis missam, vesperas et alia offitia secundum ecclesie consuetudinem debeat celebrare;m idque fiat omnibus diebus solempnibus quos in dicta ebdogmoda evenire contingerit per se vel alium canonicum cui dictum offitium commictere maluerit, hac tamen forma quod is cui contingerit divina offitia celebrare in festo Nativitatis Domini nostri celebret per totam diem usque ad completorium; et pro die sequenti Sancti Stefani celebret alius in tabula sequens per totam illam diem ut supra et pro sequenti, scilicet in die Sancti Iohannis celebret et offitium faciat alius sequens in tabula ut supra, aliis autem diebus edogmode in qua predicta festa occurerint perficiat sive prosequatur ille quem edogmode predicta tangebat. Et idem servetur in die Palmarum, Veneris sancti et Sabati sancti et in festo Ressurressionis cum tribus sequentibus, a qua quidem observatione dominus prepositus intelligatur exceptuatus, cui liceat et permissum sit celebrare et offitium facere quandocumque sibi placuerit et voluerit; et si contingerit dictum prepositum optare missam unius diei ad quam alius canonicus esset extractus, tunc prefatus canonicus in edogmoda sequenti faciat offitium, nisi in dicta edogmoda in qua prepositus celebraverit vel offitium fecerit aliud festum sive solepnitas occurrisse quo casu si ille sic extractus fecisset vel facere potuisset offitium ad quem facere hoc pertineat extractionis, tunc et eo casu alius sequens eum celebret secundum ordinem tabule et offitium faciat; et prepositus sive canonici in huiusmodi diebus festivis, dominicis sive solempnibus celebrans et offitium faciens duplum eius quod datur interessentibus et non celebrantibus habere debeat et percipiat pro illa vice tantum.
Itemn statuerunt et ordinaverunt quod fructus, redditus et proventus cappellarum vacantium veniant ad manus distributoris qui ipsos servare debeat et in utilitate talis cappelle vacantis convertere sive novo cappellano tradere prout capitulo videbitur et placebit.
Itemo quod quilibet cappellanus teneatur et debeat facere residentiam nec possit aliquis se absentare a dicta ecclesia ultra otto dies absque licentia et dispensione capituli et qui secus fecerit arbitrio capituli puniatur.
Item etiam cum prepositure dignitas obtineat principatum in dicta ecclesia et conveniens et decens sit prepositus presens et pro tempore existens in redditibus alios ca//(c. 35)nonicos antecellat, statuerunt et ordinaverunt quod ubi per presentes vel alias constitutiones editas vel edendas dicte ecclesie aliquis canonicus vel prepositus certam summam et distributionem percipere et recipere debet pro interessentia vel celebratione divinorum vel alia quacumque de causap tunc semper dominus prepositus presens et futurus percipere et recipere debeat ultra illud etiam dimidiam partem eius quod percipere debet unus canonicus, idest ubi unus canonicus habere et recipere debet pretextu istarum vel aliarum constitutionum denarios duos dominus prepositus habere et percipere debeat tres, hoc excepto et declarato quod ista non habeant locum in funeralibus, offitiis annuariis, campana, festivitatibus clericatibus, missarum celebratione ad emphitioticariis censibus et ab eis debentibus quibuscumque,q quod etiam dimidium distributor dicte ecclesie pro tempore existens solvere et distribuere possit, teneatur et debeat de quibuscumque pervenientibus ad eius manus dicto preposito.
Item statuerunt et ordinaverunt quod appuntator eligendus et deputandus per prepositum et capitulum dicte ecclesie teneatur iurare in manibus prepositi et capituli quod faciet bene fideliter et legaliter dictum suum offitium et sine aliqua frauder vel machinatione et quod in fine cuiuslibet mensis reddet et demostret rationem cuiuscumque et tunc camerarii dent nomen et summam omnium distributori qui teneatur et debeat in libro suo ad hoc spetialiter deputato dictos canonicos ponere creditores cuiuscumque quantitatis quam lucrati essent predicto modo constiterit ita tamen quod propterea vel aliqua superius dicta non derogent alicui balie, auctoritati et potestati concesse consulibus Artis Lane per licteras appostolicas.
Item statuerunt et ordinaverunt quod qualibet die tertia illius mensis qui sequitur eum mensem in quo fuerit per canonicos in divinis offitiis deservitum et propterea secundum antiquas constitutiones dictus distributor viso quantum quisque lucratus fuerit sic ei et cuilibet si patitur quantitas quam habet ad manus distribuendas integre satisfaciat; sis vero non patitur distribuat pro ratha cuilibet contingente, ita quod habeat quilibet suam debitam portionem. Quas quidem constitutiones in quantum locuntur de canonicis debentibus percipere distributiones ut supra voluerint habere locum quo ad canonicatus sive canonicos et prebendas dumtaxat in presenti ecclesia existentes vel ipsis in posterum succedentibus, non autem //(c. 35v) ad eos canonicos canonicatus et prebendas si quos et si quas in futurum ultra numerumt qui in prefata ecclesia viget de novo creari contingerit. Et predictas constitutiones fecerunt et valere voluerunt non obstantibus aliis constitutionibus sive consuetudinibus dicte ecclesie in contrarium facientibus, hoc expresso, addito et declarato quod licet per predictas constitutiones vel aliquam ipsarum comprehendantur ac etiam includantur dominus Andreas de Empulo ac dominus Bernardus Sancti Petri Maioris ut alii canonici, nicchilominus nullum ius acquiratur vel acquiri possit in dictis eorum successoribus vel alicui ipsorum ultra ius quod habent sive habeant tempore harum constitutionum nisi quantum alias disponitur per ipsum capitulum; quas constitutiones incipere voluerunt ligare et vigorem habere die prima mensis septembris proxime futuri.
Actum et factum etc.
a In margine: «Introytus capituli deveniat ad manus distributoris». [A]
b In margine: «Pro quolibet denario solito dari canonicis interessentibus offitiis dentur quatuor». [A]
c In margine: «Tenentur habere anseres et alia certis temporibus». [A]
d In margine: «Capponi etiam a’ cappellani». [B]
e In margine: «Residuum distribuatur inter canonicos». [A]. In margine sul lato opposto ‘Manicula’.
f In margine: «Quolibet mense extrahatur unus canonicus qui una cum preposito habeat curam cori». [A]
g «per divini cultus … institutio est» così nel testo, errore dell’amanuense per «pro divini cultus in dicta ecclesia institutione et», cfr. AOSMF, I 3 3, Bollario e Ordinamenti dell’Opera I, c. 29v.
h In margine: «Notare. Formam dandi licentiam cappellanis asentari volentibus». [A]
i In margine: «Potest commictere vices canonicus. Commissarius non potest dare licentiam». [A]
l «prefanis» così nel testo, probabile errore dell’amanuense per «prefatus».
m In margine: «Canonici debent habere tabulam in qua scribantur residentes et ordo celebrandi missam diebus solempnis et dominicalibus». [A]
n In margine: «Fructus cappellarum vacantium convertatur in benefitium cappelle vel cappellani». [A]
o In margine: «Cappellani non possunt absentare ultra otto dies absque licentia capituli». [A]
p In margine: «Prepositus debet habere maiorem portionem distributionum quod canonici». [A]
q In margine: «Notare: salvum». [A]
r In margine: «Apuntator tenetur iurare manibus capituli et prepositi». [A]
s In margine: «Modus distribuendi introytus canonicorum». [A]
t In margine: «Distributiones habent locum pro presentibus et non pro futuris canonicis». [A]
13. 1427 giugno 26-28
Copia della provvisione redatta nei consigli del Popolo e del Comune da Gonfaloniere di Giustizia e Priori per concedere all’Arte della Lana, secondo le disposizioni delle bolle di Gregorio XII e Giovanni XXIII, il diritto di poter eleggere nuovi canonici e di occuparsi della sacrestia.
AOSMF, I 3 4, Bollario e Ordinamenti dell’Opera, II, cc. 18-20
In Dei nomine, amen. Anno incarnationis Domini nostri Yesu Christi millesimo quadringentesimo vigesimo septimo indictione quinta die vigesimo sexto mensis iunii in consilio Populi et die vigesimo octavo mensis eiusdem in consilio Communis. Mandato magnificorum dominorum Priorum Artium et Vexilliferi Iustitie Populi et Communis Florentie offitio presidentium precona convocatione campaneque sonitu more solito congregatorum, quorum dominorum Priorum et Vexilliferi nomina sunt ista videlicet:a
Niccolaus Feduccii Falchoni,
Iohannes Tommasii Corbinelli,
Niccolaus Bellaccini Bellacci,
Francischus Buonaiuti Rimba,
Pierus Filippi domini Leonardi de Strozzis,
Tommasius Andree de Minerbettis,
Laurentius Stagii Barducci aromatarius,
Chimentus Zenobiis Ghuidotti
Priores Artium et
Fruosinus Cecis de Verrazzano Vexillifer Iustitie
et per ipsa consilia in numeris sufficientibus congregati in palatio Populi florentini totaliter approbata, admissa et accepta fuit infrascripta provisio facta, edita super infrascriptis omnibus et singulis per ipsos dominos, Vexilliferum, gonfalonerios societatum Populi et Duodecim bonos viros Communis predicti secundum ordinamenta Communis eiusdem ut infra proxime adnotata et scripta et provisum et ordinatum fuit quod in hiis et super hiis omnibus et singulis infrascriptisb procedant, observetur, firmetur et fiat et firma et stabilita esse intelligatur et sit in omnibus et per omnia secundum et prout inferius continebitur cuius quidem provisionis tenor talis est, videlicet.
Cumc maxima pecuniarum quantitas et infiniti sumptus in honorem Dei glorioseque eius matris Virginis Marie in constructione et hedificatione cathedralis //(c. 18v) ecclesie florentine intitulate sub nomine Sancte Marie del Fiore sint facti per Populum et Commune Florentie parumque esset prefatam constructionem et impensam factam esse nisi eadem ecclesia iuxta eiusdem magnificentiam et florentini populi magnitudinem et excellentiam canonicis et cappellanis decoraretur et Dei cultus in eadem augmentaretur, idicirco magnifici et potentes domini domini Priores Artium et Vexillifer Iustitie Populi et Communis Florentie advertentes ad parvum numerum canonicorum in eadem ecclesia in presentiarum degentium et augmentum reddituum eidem ecclesie per prefatum Commune assignatorum; considerantesque cursum civium ac totius populi et forensium ad dictam ecclesiam et illius devotionem; et considerantes baliam ac auctoritatem concessam operariis Opere prefate ecclesie per reformationem editam per opportuna consilia Populi et Communis Florentie de anno Domini millesimo trecentesimo nonagesimo secundo indictione quintadecima die vigesimo septimo mensis iunii per quam in effectu continetur quodd operarii Opere prefate possent ac etiam tenerentur et deberente semel et pluries et quotiens providere, deliberare et ordinare quo modo forma et ordine et quomodo et qualiter dicta ecclesia in celebratione divinorum offitiorum dirigatur et gubernetur et circa redditus et proventus assignandos cappellanis ad celebrandum huiusmodif divina offitia in ipsa ecclesia deputatis et seu deputandis et numerum dictorum cappellanorum augere ac ordinare; et quod pro executione et effectu predictorum prefati operarii seu due partes eorum possent et eis liceret de pecunia redditu et introytu Opere prefate expendere, deputare ac stantiare et solvi facere per camerarium ipsius Opere semel et pluries et quotiens ubi et quantum et quomodo et prout et sicut eis videretur expedire; et animavertentes ad auctoritatem, potestatem et baliam ex post concessam per sedem appostolicam tam per Gregorium XII quam per Iohannes XXIII eorum dominationi seu archiepiscopo florentino una cum consulibus Artis Lane civitatis Florentie modo et forma ut in dictis licteris appostolicis continetur in augendo prefatum numerum prebendarum et canonicorum et cappellanorum et cappellaniarum. Et de novo ultra solitum numerum creandi novas prebendas et novos canonicos novasque cappellanerias et cappellanos in dicta ecclesia ut in dictis licteris appostolicis continetur.
Et audito et intellecto a consulibus Artis Lane qui magna cum sollicitudine et devotione tam per se quam per alios pro honore Dey et florentine civitatis gloria dicte ecclesie gubernatori et administratori sine intermissione vigilant et in//(c.19)cumbunt quod numerus canonicorum et prebendarum in dicta ecclesia ad presens degentium non sufficit pro honore et magnificentia divini cultus et dicte ecclesie ac florentini populi et quod propterea est necesse novas prebendas et novos canonicos de novo creare et constituere prout per prefatas licteras appostolicas concessum et permissum; et quod dicti canonici noviter creandi nisi eisdem de congrua prebenda provideretur iusta tenorem dictarum licterarum appostolicarum non possent in eadem ecclesia commode residere et divino cultui interesse; et quod propter prefatam reformationem non habent nec haberent auctoritatem prefati consules circa institutionem et statutionem dictarum prebendarum de novo creandarum aliquid de introytu dicte Opere expendere nisi per opportuna consilia de novo provideatur; et iudicantes in congruum in favorem cappellaneriarum et cappellanorum per dictam provisionem et reformationem provisum esse prebendis et canonicis obmissis quorum presentia ecclesia precipue honoratur et nobilitatur ut magistra experientia docet. Idcirco primo motu et pro augendo divinum cultum in prefata ecclesia et pro magnificentia, gloria et exaltatione inclite Florentie civitatis et ut eadem ecclesia licteratissimis ac prudentissimis canonicis decoretur; et habita super hiis invicem et una cum offitiis gonfaloneriorum societatum populi et Duodecim bonorum virorum dicti Communis deliberatione solempni et demum inter ipsos omnes in numeris sufficientibus congregatis in palatio Populi florentini, premisso, facto et celebrato solempni et secreto scruptineo et obtempto partito ad fabas nigras et albas secundum ordinamenta dicti Communis, eorum proprio motu pro utilitate Communis eiusdem et omni via, iure et modo, quibus melius potuerunt, providerunt et ordinaverunt die vigesimo sexto mensis iunii anni Domini millesimi CCCCXX septimi indictione quinta quodg camerarius prefate Opere sine aliquo eius preiudicio et dampno de pecunia, redditu et introytu dicte Opere possit, teneatur et debeat ad requisitionem consulum Artis Lane prefate seu duarum partium ipsorum, aliis etiam absentibus et inrequisitis, mortuis, remotis vel quomodolibet inpeditis, presentibus et contradicentibus, semel et pluries et totiens quotiens dictis consulibus seu duabus partibus ipsorum expedire videbitur et placebit dare et solvere ac constituere omnem quantitatem pecunie et quicquid per eos ut dictum est fuerit deliberatum, provisum et ordinatum pro constitutione et institutione dictarum novarum prebendarum et canonicorum vel alicuius eorum seu eorum prout per dictos consules vel //(c. 19v) duas partes eorum ut dictum est provisum et deliberatum fuerit omni exceptione iuris et facti remota, visa solum deliberatione seu stantiamento dictorum consulum ut dictum est; subh pena florenorum mille auri ipso facto eidem aufferenda et dicte Opere applicanda, cum hoc tamen salvo et excepto quod non possint virtute presentis provisionis prefati consules vel due partes ipsorum ut dictum est providere aut deliberare aut quoquo modo disponere de pecunia, redditu et introytu dicte Opere nisi solum et dumtaxat pro otto prebendis et otto canonicis noviter virtute dictarum licterarum appostolicarum creandis, constituendis et instituendis; eti cum condictione quod aliqua ex ipsis otto prebendis post primam deputationem canonicorum de presenti fiendam pervenire non possit neque dari vel conferri alicui canonico qui tempore electionis eius etiam per quamcumque viam seu auctoritatem ad canonicam huiusmodi et eius dignitate non esset doctor sacre theologie aut iuris canonici vel civilis; et si sine tali condictione institutio vel constitutio prebende fieret non valeat et pro tali prebenda nulla solutio fieri possit quoquo modo, salvol etiam quod si postquam deliberassent et providissent pro creatione, constitutione et institutione dictarum octo prebendarum et canonicorum modo predicto.
Et sic per dictum camerarium solutum, datum et constitutum esset de pecunia, redditu et introytu dicte Opere pro dictis otto prebendis et canonicis, ipsi consules vel due partes ipsorum ut dictum est vellent pro honore et exaltatione dicte ecclesie et Florentie civitatis ultra dictas otto prebendas creare, constituere et instituere novas prebendas et novos canonicos pro doctoribus theologie vel iuris canonici vel civilis, ita quod non possit aliquis illas habere vel aliquo modo obtinere vel ad illas seu aliquam ipsarum eligi aut sibi conferri aut de ipsis vel aliqua ipsorum sibi ut canonico provideri etiam per viam optionis, nisi sit doctor alterius dictorum iurium, tunc et eo casu possint et liceat etiam dictis consulibus providere et deliberare et stantiare pro creatione et constitutione et institutione dictarum prebendarum et canonicorum pro dictis doctoribus quicquid eis ut dictum est placuerit et visum fuerit expedire de pecunia, redditu et introytu dicte Opere.m Et camerarius dicte Opere teneatur et debeat ut supra quicquid per eos fuerit deliberatum provisum et ordinatum dare, solvere ac constituere prout tenetur //(c. 20) supra pro dictis octo et sub eadem pena prout supra dispositum est. Hocn in omnibus et singulis supradictis disposito et expresse declarato quod ad dictas prebendas vel aliquam ipsarum nullus possit eligi, adsummi vel quoquo modo de illis vel aliqua ipsarum alicui provideri aut in illis vel aliqua ipsarum institui aut alicui conferri, etiam per viam permutationis vel optionis, nisi talis eligendus vel instituendus vel quoquo modo absummendus primo et ante omnia promiserit et iuraverit residentiam in dicta ecclesia facere et ibidem residere et divinis horis et offitiis iuxta posse interesse.
Non obstantibus in predictis vel aliquo predictorum aliquibus legibus, statutis, ordinamentis, provisionibus aut reformationibus consiliorum Populi et Communis Florentie obstaculis seu repugnantiis quibuscumque etiam quantumcumque derogatoriis penalibus vel precisis vel etiam si de eis vel ipsorum aliquo debuisset vel deberet fieri spetialis mentio et expressa, quibus omnibus intelligatur esse et sit nominatim et expresse spetialiter ac generaliter derogatum, et quod predictis etc.
Ego Paulus olim Cini Iacobi publicus imperiali auctoritate iudex ordinarius atque notarius et civis florentinus coadiutorque egregii ac providi viri ser Martini Luce Martini scribe reformationum consiliorum Populi et Communis Florentie predicta omnia et singula in presenti carta et in alia proxime precedenti de membranis simul ad modum quaterni subscripta et publicata ex libris dictarum reformationum in palatio Populi florentini penes dictum ser Martinum existentem fideliter subscripsi et publicavi, ideoque mecum solito signo subscripsi.
a In margine: «1427. Otto canonici de nuovo creandi quibus camerarium Opere praebenda solvat». [Annotazione secolo XV di mano diversa da A].
b In margine: «Confermatione per la parte delli signori consoli circa le sopradette cose». [B]
c In margine: «Reformatio Populi florentini pro solutione prebendarum canonicorum». [A]
d In margine: «1392, 27 giugno».[B] «Auctoritas operariorum circa ordinationem divinorum offitiorum». [A] ‘Manicula’.
e Parola corretta da «deberentur» con «–ur» depennato.
f In margine: «Assignamentum reddituum canonicorum et cappellanorum et balia augendi numerum». [A] «Operarii hanno autorità circa le cose de’ divini offitii della chiesa».[B]
g In margine: «Balia consulum pro stantiamentis prebendarum canonicorum».[A]
h In margine: «Pena camerarii non solventis». [A]
i In margine: «Notare: aliam condictionem, quod a prima electione in antea non possit solvi nisi sit doctor vel magister». [A]
l In margine: «Notare: salvum pro quibuslibet prebendis eligendis». [A]
m In margine: «Solutio prebendarum canonicorum doctorum». [A]
n In margine: «Nullus possit eligi nisi iuret residentiam facere». [A]
14. 1761
Descrizione dell’area della canonica stilata da Ferdinando Morozzi nel 1761 dopo la riapertura del chiostro e prima degli interventi dell’architetto Gaetano Baccani
Archivio Storico del Comune di Firenze, CF 1180, Stime di beni immobili redatte dal perito Ferdinando Morozzi 1761, Quartiere di San Giovanni, cc. 11-13v.
Si principia sulla piazza di San Benedetto a mano sinistra andando su detta piazza fino a via de’ Maccheroni, e per questa si prosegue da detta parte sinistra fino alla piazza delle Pallottole per la quale si ritorna alla suddetta piazza di San Benedetto, dove termina la presente Isola.
Piazza di San Benedetto a sinistra dalla piazza delle Pallottole fino a via de’ Maccheroni:
231 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la stanza ad uso di marmaio e casa sopra, che abita Bartolommeo Gerbi |
l. 21 |
Via de’ Maccheroni a sinistra dalla piazza di San Benedetto fino alla piazza delle Pallottole:
232 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa che abita …a et altri |
l. 30 |
233 |
Signor conte … Acciaioli per la casa che abitano le signore Soderine |
l. 30 |
Piazza delle Pallottole a sinistra da via de’ Maccheroni fino alla piazza di San Benedetto:
234 |
Opera di Santa Maria del Fiore per tre magazzini che uno tiene … e due per suo servizio |
l. 20 |
//(c. 11v)
Si principia sulla piazza del Duomo a mano sinistra dalla cantonata della piazza delle Pallottole, luogo detto Il sasso di Dante, fino alla piazza della Canonica e proseguendo da detta parte sinistra su detta piazza e passa la medesima ed entrati nella strada che conduce alla piazza di San. Benedetto e per detta piazza si arriva ad altra detta delle Pallottole per la quale si ritorna sulla piazza del Duomo dove resta terminata quest’Isola.
Piazza del Duomo a sinistra dalla piazza delle Pallottole fino alla piazza della Canonica:
235 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa che abita il signor canonico Corso Ricci |
l. 25 |
Piazza della Canonica a sinistra dalla piazza del Duomo fino alla via che va a San Benedetto:
236 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa che abita il rev. signor Pietro Cecchini |
l. 16 |
237 |
Detta per la casa che abita il rev. signor Giovanni Antonio Ferri |
l. 14 |
238 |
Suddecanato del Duomo per la casa che abita il signor Gaetano Bacherini |
l. 25 |
239 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa che abita il rev.mo signor canonico Orlando Gabburri |
l. 35 |
Piazza di San Benedetto a sinistra dalla piazza della Canonica fino alla piazza delle Pallottole:
240 |
Prioria di San Benedetto per la chiesa e canonica che presentemente abita il rev.do signor Antonio Cecchini economo di detta chiesa |
l. 24 |
241 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa che abita il signor Vincenzio Pepi |
l. 32 |
Sulla piazza delle Pallottole non vi è niente da descrivere perciò termina l’Isola.
//(c. 12)
Si principia in via dell’Oca a mano destra dalla nuova via della Canonica et in faccia a via dello Studio, fino a via della Morte, per la quale s’arriva alla stradella che passa per la canonica e per la medesima stradella si ritorna alla predetta via della Canonica, dove resta terminata la presente Isola.
Via dell’Oca a destra:
242 |
Opera di Santa Maria del Fiore per un magazzino di suo servizio |
l. 8 |
243 |
Signor Evangelista Becaglini livellario dell’Opera di Santa Maria del Fiore per la casa che abita |
l. 50 |
244 |
Arcidiaconato del Duomo per la casa che abita il rev.mo signor canonico … Buonaccorsi |
l. 75 |
In via della Morte non vi sono case da descriversi perciò si passa nella stradella che da detta via della Morte arriva alla nuova strada da dietro San Benedetto ove termina l’Isola.
245 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa che abita Alessandro Bartolani et altri |
l. 14 |
Si principia sulla piazzetta detta del Capitolo a mano destra et in faccia alla casa livellaria del signor Becallini, andando per detta piazza fino alla cantonata della strada che va dietro al Capitolo e per questa sempre da destra s’arriva alla piazzetta in faccia a via dello Studio, per la quale conducendosi alla stradella, che arriva a via della Morte ed entrati nella medesima ritornando alla piazzetta detta al Capitolo resta terminata quest’Isola.
Piazzetta del Capitolo del Duomo a destra della cantonata in faccia alla casa del signor Becaglini fino alla strada che va dietro detto Capitolo:
246 |
Capitolo del Duomo per la casa che abita il risquotitore del medesimo |
l. 18 |
247 |
Opera di Santa Maria del Fiore per due stanze ove è il Capitolo et Archivio |
l. 12 |
//(c. 12v)
Via dietro il Capitolo in Canonica a destra dalla piazza di detto Capitolo fino alla piazza di canonica in faccia a via dello Studio:
248 |
Propositura del Duomo per la casa che abita Mattio Piccini |
l. 39 |
Stradella dietro la casa del Becallini a destra dalla piazza in faccia a via dello Studio fino alla piazza del Capitolo:
249 |
Calamai per la casa che abita … et altri |
l. 17 |
Si principia sulla piazza del Duomo alla cantonata in faccia allo Scrittoio dell’Opera di Carità e si va a sinistra fino alla piazzetta del Capitolo, quivi voltando lungo il fianco di detto Capitolo si riesce all’altra piazzetta di Canonica in faccia a via dello Studio, dove si volta a sinistra conducendosi sulla piazza del Duomo e per detta piazza si ritorna alla cantonata in faccia allo Scrittoio della Carità, dove resta terminata quest’Isola.
Strada in faccia allo Scrittoio della Carità a sinistra dalla piazza del Duomo fino alla piazzetta del Capitolo:
250 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa ove stanno a dormire i chierici di Sagrestia del Duomo |
l. 18 |
251 |
Arcipretato del Duomo per la casa da cappellano che abita |
l. 16 |
252 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa che abita il corista di Duomo |
l. 28 |
Via lungo il Capitolo e tutto il rimanente dell’Isola dalla piazza del Capitolo fino alla cantonata in faccia allo Scrittoio della Carità andando sempre a sinistra:
253 |
Opera di Santa Maria del Fiore per una casa da cappellano che abita … |
l. 16 |
//(c. 13)
254 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa da cappellano che abita il rev.do signor priore … Ginetti |
l. 20 |
255 |
Prebenda del rev.mo signor canonico … Gianfigliazzi per la casa che abita il signor Lorenzo Sequi |
l. 26 |
Si principia dallo Scrittoio dell’Opera di Carità presso la piazza del Duomo a mano destra e per la strada che passa d’avanti Capitolo s’arriva alla stradella che conduce a via della Morte, in questa voltando da detta mano destra si va verso il campanile del Duomo fino al medesimo e sulla piazza del Duomo proseguendo sempre la predetta mano destra si descrive fino alla cantonata presso il sopradetto Scrittoio della Carità, ove termina l’Isola.
Via dentro alla Canonica che passa d’avanti il Capitolo a destra dalla piazza del Duomo fino alla stradella che resta alla fine della piazza di detto Capitolo:
256 |
Opera di Carità dei Cappellani del Duomo per lo Scrittoio della medesima Opera |
l. 14 |
257 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa da cappellano che abita il rev.do signor … Becattini |
l. 27 |
258 |
Arcipretato del Duomo per la casa spettante a detta dignità che abita … |
l. 45 |
259 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa che abita il rev.do signor … Palagi |
l. 16 |
260 |
Detta per la casa che tiene per suo servizio il rev.mo signor canonico … Morelli |
l. 30 |
Stradella in Canonica a destra dalla piazza di Capitolo fino a via della Morte:
261 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa da cappellano che abita … |
l. 16 |
262 |
Detta per la casetta che abita Dionisio Del Soldato |
l. 4 |
263 |
Prebenda dell’ill.mo e rev.mo signor canonico … Manetti per una casa e bottega che tiene |
l. 38 |
//(c. 13v)
Via della Morte a destra della stradella di canonica fino alla piazza del Duomo:
264 |
Opera di Santa Maria del Fiore per la casa che abita il maestro de’ chierici del Duomo, squola de’ medesimi et altre stanze che tengono diversi |
l. 45 |
Nel restante dell’Isola non vi è niente da descrivere perciò resta terminata.
Si principia in via della Morte a mano destra andando per questa fino a via dell’Oca, per la quale s’arriva in via del corso degl’Adimari dove si volta nella medesima, seguitando sempre la detta parte destra si giunge sulla piazza del Duomo e voltando su detta piazza si ritorna a via della Morte dove resta terminata quest’Isola.
Via della Morte a destra dalla piazza del Duomo fino a via dell’Oca:
265 |
Compagnia della Misericordia per la casa che abita il servo della medesima |
l. 20 |
266 |
Detta per la casa contigua alla suddetta che abita … et altri |
l. 16 |
267 |
Opera di Carità de’ Cappellani del Duomo per la bottega di magnano che tiene … |
l. 1 |
268 |
Detta per un magazzino che tiene … Pasqui |
l. 9 |
269 |
Detta per il pian di casa con terreno ad uso di legnaiolo che tiene … |
l. 12 |
a Spazio bianco per il nominativo e così anche per le successive lacune del censimento, presumibilmente perché tali dati non erano disponibili all’estensore del documento.
Tabella A. Beni componenti l’area della canonica (1340-1436)
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Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
---|---|---|---|---|---|---|---|
1340 ago 17 |
San Piero Celoro |
Case |
|
Francesco di Rocco e figli di Giano di Dino Gherardini |
Acquisto (delibera per) |
f. 1.040 |
Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 58, p. 56 |
1340 ago 25 |
San Piero Celoro |
Casa |
1. via 2. creditori di Marco di Rinieri oggi Opera 3. Lapaccio vinattiere /(muro) eredi di Neri legnaiolo, Corso dei Ricci 4. eredi di Giano di Dino Gherardini |
Monna Giovanna figlia di Dino di Gherardino vedova d’Arrigo di Rocco e figlio Francesco |
Acquisto |
con successivo f. 710 |
ASF, Diplomatico, S. Maria del Fiore, Lunghe; Notarile Antecosimiano, 21273, c. 142 |
1340 ago 25 |
San Piero Celoro |
1/3 di tre case unite |
1. via 2. Opera 3. Francesco e Guido vinattieri 4. monna Giovanna e Francesco |
Monna Giovanna figlia di Dino di Gherardino vedova d’Arrigo di Rocco e figlio Francesco |
Acquisto |
con precedente f. 710 |
ASF, Diplomatico, S. Maria del Fiore, Lunghe; Notarile Antecosimiano, 21273, c. 142 |
1340 nov 18 |
San Piero Celoro |
Casa |
«super angulo» 1. via 2. via 3. Arrigo di Rocco, oggi Opera 4. figli di Giano Gherardini |
Jacopo di Giano di Dino Gherardini |
Acquisto |
f. 330 |
ASF, Notarile Antecosimiano, 21273, c. 151v |
1341 ago 31 |
San Piero Celoro |
Casa |
1. via 2. Arrigo di Rocco, oggi Opera 3. Lapaccio vinattiere, chiassolino in mezzo 4. monna Giana figlia di Francesco di Dando |
Corso di Guido Ricci |
Acquisto |
f. 78 |
ASF, Notarile Antecosimiano, 21273, c. 180v |
Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1349 mar 20 |
San Cristoforo |
Terreno presso il campanile |
1. via 2. via 3. monna Letta vedova di Lorenzo di ser Niccolò 4. monna Venna vedova di Jacopo Giandonati |
Giovanni di Bartolo di Firenze e nipoti |
|
|
Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 65, p. 61 |
1357 ago 23 |
San Piero Celoro |
Case 2 |
Al lato casa messer Rinaldo Altoviti canonico sulla piazza di S. Piero |
Ser Francesco prete di San Pier Celoro |
Affitto |
lire 36 annue |
Guasti, Santa Maria del Fiore, p. 106 |
1357 ago 31 |
San Piero Celoro |
Case 2: ingresso dentro «per lo chiostro de’ chalonaci», e rimuratura porte esterne |
|
Prete di San Pier Celorum |
Affitto; Modifica |
|
Guasti, Santa Maria del Fiore, p. 107 |
1357 ago 31 |
San Cristoforo |
Palco e volta sottoterra di casa |
Piazza S. Giovanni a lato Misericordia |
Messer Neri Corsini preposto |
Acquisto |
f. 75 |
Guasti, Santa Maria del Fiore, p. 107; ACMF, Diplomatico, 880/C 44 |
1361 feb 5 |
San Piero Celoro |
Case 2 unite, con corte e torricino dietro |
1. via del Campanile 2. Opera 3. Paolo di Benci vinattiere 4. casa di Opera / chiasso / casa di S. Pier Celoro |
Monna Niccolosa figlia di Lapaccio di Neri moglie di Cetto di Giovanni di Lottino |
Acquisto |
f. 360 |
ASF, Diplomatico, S. Maria del Fiore |
1363 feb 1 |
|
Case 2 |
Via del Campanile |
Paolo di Benci |
Acquisto |
f. 200 |
Guasti, Santa Maria del Fiore, p. 148 |
1363 feb 13 |
|
Casa, camera già tenuta da messer Tommaso Saltarelli |
|
|
Assegnazione a messer Ghino canonico |
|
Guasti, Santa Maria del Fiore, pp. 148-149 |
1367 apr 6 |
|
Casa |
«que est ex opposito campanilis» |
Opera |
Demolizione per fare piazza Campanile |
|
Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 166, p. 185 |
Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1375 mag 16 |
|
Casa |
Presso S. Reparata e «laborerium Opere» |
Aliotti |
Acquisto |
|
Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 242, p. 228 |
1376 nov 7 |
San Cristoforo del Corso |
terreno di br. quadre 570 detto Guardamorto |
1. corso degli Adimari br. 19 2. via/piazza S. Giovanni o S. Reparata br. 30 3. chiasso e eredi di Giovanni Adimari br. 30 4. monna Lena di Jacopo Giandonati oggi Opera br. 19 |
Adimari |
Acquisto |
l. 855 |
Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 263, p. 235 |
1383 mag 18 |
|
terreno di br. quadre 50 |
1. pilastro di chiesa verso mezzogiorno/chiesa 2. chiesa 3. chiesa 4. Benvenuto |
Benvenuto di messer Jacopo di ser Bandino |
Acquisto |
|
Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 345, p. 266 |
1388 mar 19 |
San Piero Celoro |
Case 2 |
1. via pubblica 2. beni dell’Opera 3. eredi di Jacopo Bonizzi e Opera 4. Lorenzo di Mico da Borgo San Lorenzo |
prete Francesco di Martino detto Martinocchio rettore di San Pier Celoro |
Acquisto |
f. 180 |
ASF, Notarile Antecosimiano, 159, c. 105v |
1388 apr 7 |
San Michele Visdomini |
Casa |
1. chiasso della Campanella 2. messer Jacopo di ser Bandino oggi Opera 3. Andrea fornaio 4. Opera |
Giovanni di Francesco Tedaldini |
Acquisto |
f. 70 |
ASF, Notarile Antecosimiano, 159, c. 106v |
1389 giu 30 |
San Piero Celoro |
Casa con corte dietro |
1. via/piazza S. Pier Celoro 2. beni Opera 3. ser Niccolò di Manetto 4. Gaspare di Jacopo Bonizzi |
Lorenzo di Mico stovigliaio |
Acquisto |
f. 180 |
AOSMF, II 1 26, c. 28 |
1393 feb 6 |
San Piero Celoro |
Casa |
|
Monna Ermellina vedova di Jacopo Bonizzi |
Affitto |
|
AOSMF, II 1 32, c. 5 |
Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1393 mag 20 |
San Piero Celoro |
Casa con 4 palchi e un soppalco |
1. via/piazza S. Pier Celoro 2-3. eredi di messer Rosso Ricci 4. Opera |
Giovanni e Rosso di Bonino di Ciullo Rustichelli |
Acquisto |
f. 140 |
AOSMF, II 1 32, c. 16 |
1394 nov 6 |
|
Casa |
1. chiasso Campanella 2. Opera 3. Falconieri e altri 4. Gherardo Cortigiani |
Lorenzo di Cresci tintore |
Acquisto |
f. 62 |
AOSMF, II 1 34, c. 19 |
1394 dic 11 |
Santa Maria in Campo |
Casa |
1. via chiasso Campanella 2. via da casa Falconieri 3. chiassolino 4. Bonifacio di messer Ormanno Cortigiani |
Falconieri |
Acquisto |
f. 203 |
AOSMF, II 1 34, c. 26 |
1394 dic 11 |
San Michele Visdomini |
Casa |
1. via da casa Falconieri 2. chiassolino 3. eredi di Niccolò Falconieri 4. eredi di Niccolò Falconieri |
Falconieri |
Acquisto |
f. 132 |
AOSMF, II 1 34, c. 26 |
1394 dic 11 |
Santa Maria in Campo |
Casa |
1. chiasso Campanella 2. Gherardo di Zanobi Cortigiani 3. Bonifacio di messer Ormanno Cortigiani 4. chiassolino |
Bartolomeo e Filippo di Niccolò di Forese Falconieri |
Acquisto |
f. 81 |
AOSMF, II 1 34, c. 26v |
1394 dic 11 |
San Michele Visdomini |
Case 2 |
1. via da casa Falconieri 2. palazzo Falconieri 3. chiassolino 4. Falconieri |
Bartolomeo e Filippo di Niccolò di Forese Falconieri |
Acquisto |
f. 1.029 |
AOSMF, II 1 34, c. 26v |
1395 lug 9 |
Santa Maria in Campo |
Case 2 già demolite |
1. chiasso Campanella |
Bonifacio di messer Ormanno Visdomini |
Acquisto |
f. 292 |
AOSMF, II 1 36, c. 1v |
1396 lug 11 |
San Piero Celoro |
Casa dell’Opera |
1. via/piazza Bonizzi 2. via 3. ser Niccolò Pierozzi 4. Opera |
Opera |
Assegnazione a ser Paolo di Giovanni cappellano |
|
AOSMF, II 1 38, c. 3v |
Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1396 lug 11 |
San Piero Celoro |
Casa dell’Opera |
1. via del Campanile 2. Opera 3. Opera 4. Opera |
Opera |
Assegnazione a ser Andrea di Piero cappellano |
|
AOSMF, II 1 38, c. 3v |
1396 ago 11 |
San Piero Celoro |
Casa dell’Opera |
1. piazza Bonizzi |
Opera |
Locazione a Giovanni di Jacopo da Borgo Collina |
|
AOSMF, II 1 38, c. 11v |
1396 dic 14 |
Santa Reparata |
Casa dell’Opera |
1. via del Campanile 2. prete Betto cappellano 3. Opera (messer Filippo Cavalcanti) 4. beni dell’Opera |
Opera |
Assegnazione a ser Ricciardo di Giraldo da Pidemonte cappellano |
|
AOSMF, II 1 38, c. 38 |
1397 dic 26 |
|
|
Volta presso il campanile tra chiesa e campanile |
|
Realizzazione lastrico sotto volta |
|
Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 408, p. 294 |
1408 feb 17 |
San Piero Celoro |
Casa con palchi e altri «agiamenti» |
1. chiasso dei Bonizzi 2. Opera 3. Opera 4. Opera |
Ser Niccolò Pierozzi |
Acquisto |
f. 125 |
AOSMF, II 1 53, c. 14v |
1408 mar 13 |
San Piero Celoro |
Casa dell’Opera |
1. via/piazza S. Pier Celoro 2. casa dell’Opera 3. corte dell’Opera |
Opera |
Assegnazione a ser Giovanni di Tingo cappellano |
|
AOSMF, II 1 54, cc. 2-2v |
1409 apr 12 |
|
|
Fondamenta in piazza dei Bonizzi |
|
Delibera consoli Arte Lana |
|
AOSMF, II 1 56, c. 3v |
1410 feb 25 |
San Piero Celoro |
Case 2 contigue |
1. chiasso del Campanile 2. eredi di Moddeo sellaio 3. Andrea di Mazza 4. Francesco di Daldo Cantini |
Ammannato di Filippo Tecchini |
Acquisto |
f. 180 |
AOSMF, II 1 57, c. 13v |
1410 set 18 |
San Piero Celoro |
Casa |
|
Antonio di Moddeo sellaio |
Affitto |
f. 5 annui |
AOSMF, II 1 58, c. 21v |
Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1411 set 28 |
|
Casa contro chiesa di Santa Reparata |
1. via 2. Opera 3. Opera 4. chiesa di S. Reparata |
Opera |
Assegnazione a messer Francesco canonico |
|
AOSMF, II 1 61, c. 2 |
1412 giu 28 |
|
Casa dell’Opera |
|
Opera |
Assegnazione a messer Giuliano; acconcimi a 3 scale, sala e camera terrena |
|
AOSMF, II 1 62, c. 7v |
1413 apr 29 |
|
Casa |
«Site in chiassolino ex opposito campanile» |
Filippo d’Ammannato Tecchini |
Affitto |
|
AOSMF, II 1 63, c. 18v |
1413 set 12 |
|
Casa |
|
Antonio di Moddeo brigliaio |
Affitto |
|
AOSMF, II 1 63, c. 23 |
1413 set 25 |
San Piero Celoro |
Casa |
Piazza di S. Piero Celoro: 1. via 2. via 3. Opera 4. Opera |
Opera |
Assegnazione a messer Lorenzo d’Antonio di Santi nuovo canonico |
|
AOSMF, II 1 64, c. 3 |
1415 lug 17 |
|
Casa |
|
Antonio di Moddeo sellaio |
Affitto; Assegnazione a cuoco di canonici e cappellani |
f. 5 annui |
AOSMF, II 1 67, c. 36 |
1415 dic 5 |
San Piero Celoro |
IV casa |
|
Opera |
Assegnazione a messer Lorenzo d’Antonio |
|
AOSMF, II 1 67, c. 18v |
1415 dic 16 |
San Piero Celoro |
VII casa |
|
Opera |
Assegnazione a messer Benedetto Castellani |
|
AOSMF, II 1 67, c. 18v |
1415 dic 20 |
San Piero Celoro |
X casa |
|
Opera |
Assegnazione a messer Antonio Ferrantini |
|
AOSMF, II 1 67, c. 20 |
Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1416 apr 10 |
|
Casa |
|
Filippo d’Ammannato |
Affitto; Assegnazione a ser Salvestro di Donato |
f. 4 a semestre |
AOSMF, II 1 68, c. 7v |
1416 lug 7 |
San Piero Celoro |
Casa |
|
Antonio di Moddeo brigliaio |
Affitto |
|
AOSMF, II 1 69, c. 3 |
1416 dic 23 |
|
Casa |
|
Filippo d’Ammannato |
Affitto |
f. 7 l. 10 s.9 per 17 mesi |
AOSMF, II 1 69, c.16v |
1416 ago 27 |
|
Casupola presso casa e casa |
|
Opera |
Assegnazione a messer Amerigo Medici preposto |
|
AOSMF, II 1 69, c. 40v |
1417 giu 3 |
San Benedetto |
Casa |
|
Ospedale di S. Maria Nuova |
Affitto; Assegnazione a ser Antonio di Jacopo detto Massaino |
f. 6 annui |
|
1417 lug 9 |
|
Casa |
|
Figli d’Antonio di Berto da Asciano |
Affitto |
f. 5 annui |
|
1418 feb 14 |
|
Casa |
|
Filippo d’Ammannato |
Affitto; Assegnazione a un cappellano |
f. 14 l. 2 s. 13 d. 4 per 2 anni |
|
1418 giu 17 |
San Benedetto |
Casa |
|
Ser Jacopo di Bartolomeo rettore di S. Benedetto |
Affitto |
f. 6 l. 2 per 13 mesi |
|
1418 ago 19 |
|
Casa |
1. via 2. ospedale S. Maria Nuova 3. via 4. figli di Cristoforo di Francesco Cicalini detto Maso |
Giorgio di Ricciardo Ricci |
Acquisto |
f. 325 |
|
Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1418 ago 19 |
|
Case |
Entro il ‘disegno’ in cui si faranno le case dei canonici e del clero. |
|
Precetto per acquisto di case entro l’area definita |
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1418 set 2 |
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Casa |
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Antonio di Moddeo brigliaio |
Acquisto (lettera con offerta di) |
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1418 set 6 |
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Casa |
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Opera, già di Giorgio Ricci |
Assegnazione a ser Tommaso e a ser Massaino |
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1418 set 6 |
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Casa |
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Figli d’Antonio di Berto da Asciano |
Affitto per farvi cucina dei preti |
f. 5 annui |
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1418 set 26 |
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Casa |
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Opera, già di Giorgio Ricci |
Divisione per 2 cappellani |
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1418 nov 15 |
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Casa |
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Giovacchino e Filippo d’Ardingo d’Ugucciozzo Ricci |
Acquisto (delibera consoli e operai per) |
f. 950 |
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1418 nov 15 |
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Casa |
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Maso di Cristoforo Masi |
Acquisto (delibera consoli e operai per) |
f. 475 |
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1418 nov 15 |
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Casa con altra accanto |
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Arte dei Corazzai |
Acquisto (delibera consoli e operai per) |
f. 60 |
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1418 nov 15 |
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Casa |
In chiasso del Campanile dirimpetto al forno dei Ricci |
Figli d’Antonio di Berto da Asciano |
Acquisto (delibera consoli e operai per) |
f. 60 |
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1418 nov 15 |
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Casa |
In chiasso del Campanile |
Filippo d’Ammannato sensale |
Affitto |
f. 8 annui |
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1418 nov 21 |
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Casa |
Dirimpetto al forno dei Ricci |
Giovacchino e Filippo d’Ardingo d’Ugucciozzo |
Acquisto |
f. 950 |
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Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1418 nov 21 |
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Casa |
Dai Ricci |
Maso di Cristoforo di Maso Cicalini |
Acquisto |
f. 475 |
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1418 dic 2 |
San Piero Celoro |
Casa |
In chiasso del Campanile |
Figli d’Antonio di Berto da Asciano |
Affitto |
f. 5 annui |
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1418 dic 2 |
San Piero Celoro |
Casa |
In chiasso del Campanile |
Figli d’Antonio di Berto da Asciano |
Acquisto |
f. 60 |
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1419 gen 25 |
San Piero Celoro |
Casa |
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Opera, già di Giovacchino e Filippo Ricci |
Locazione a ex proprietari con patto di liberarla se dovesse esser demolita |
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1419 gen 25 |
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Casa |
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Opera, già di Maso di Cristoforo |
Assegnazione a messer Marco Davanzati |
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1419 feb 13 |
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Casa |
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Opera, già di Giorgio Ricci |
Assegnazione a ser Simone e ser Antonio detto Massaino |
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1419 set 4 |
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Casa |
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Opera, già di Maso di Cristoforo |
Assegnazione a messer Marco Davanzati |
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1419 ott 7 |
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Casa |
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Opera, già di Maso di Cristoforo |
Assegnazione a messer Marino Guadagni |
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1419 dic 14 |
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Casa |
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Opera, già dei figli d’Ardingo Ricci |
Assegnazione a messer Dino Pecori |
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Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1419 dic 29 |
San Benedetto |
Casa |
Presso palazzo di messer Giovanni Tedaldini, vicino a piazza dei Visdomini: 1. via 2. casa di S. Maria Nuova 3. via 4. casa di S. Maria del Fiore |
Ser Michele di Fruosino spedalingo S. Maria Nuova |
Acquisto |
f. 193 l. 1 s. 3 |
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1420 feb 7 |
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Casa |
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Opera, già dei figli d’Ardingo Ricci |
Assegnazione richiesta da messer Amerigo Medici preposto |
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1420 feb 21 |
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Casa |
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Opera, già di S. Maria Nuova |
Locazione al cortigiano messer Piero di Quintino da Germania |
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1420 feb 23 |
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Casa |
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Opera, già di S. Maria Nuova |
Acquisto (approvazione di consoli e operai) |
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1420 apr 24 |
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Casa |
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Opera, già di S. Maria Nuova |
Locazione al cortigiano messer Piero di Quintino da Germania |
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1421 nov 21 |
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Casa |
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Filippo d’Ammannato Tecchini sensale |
Affitto per un cappellano |
f. 8 annui |
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1427 ott 10 |
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Casa |
Casa che fu di messer Giovanni Tedaldini |
Ser Michele di Fruosino spedalingo S. Maria Nuova |
Acquisto (approvazione di) |
f. 775 |
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1427 ott 30 |
San Benedetto |
Casa |
Casa già di messer Giovanni Tedaldini: 1. via e piazza S. Benedetto 2. Opera 3. Opera 4. via |
Ser Michele di Fruosino spedalingo S. Maria Nuova |
Acquisto |
f. 775 |
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Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1427 nov 4 |
San Benedetto |
Casa |
Casa già di messer Giovanni Tedaldini e Bartolomeo figlio: 1. piazza S. Benedetto 2. via pubblica 3. chiasso 4-5. Opera |
Ser Michele di Fruosino spedalingo S. Maria Nuova |
Acquisto |
f. 775 |
AOSMF, I 1 2, cc. 104105v |
1428 mar 29 |
San Benedetto |
Case n. 6 con corte e loggia |
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I seguenti Cortigiani: 1. Gentile di Ghino; 2. eredi di Bonifacio; 3. Zanobi di Gherardo; 4. Roberto di Bartolo; 5. Giovanni di Guglielmo; 6. Angelo di Guglielmo |
Acquisto; Assegnazione a canonici Salutati, Frescobaldi, Albizi, Capponi, Rondinella, Spini, Fiocchi |
f. 470 a 1; f. 615 a 3; f. 600 a 4; f. 450 a 5; f. 340 a 6 |
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1428 mar 29 |
San Benedetto |
Case dei Cortigiani / Visdomini con corte e loggia |
Corte dei Visdomini |
Cortigiani: figli di Gherardo; figli di Bartolo; monna Bice vedova di Gherardo |
Acquisto |
f. 3.000 in totale |
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1428 apr 30 |
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Casa |
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Opera, già di eredi di Bonifacio Cortigiani |
Locazione a Zanobi Cortigiani; Studio per messer Bartolomeo Frescobaldi in una camera |
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1428 mag 5 |
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Casa con corte e loggia |
In corte e loggia dei Cortigiani |
Opera, già di Zanobi di Zanobi Cortigiani |
Diritti di Sandro di Nerone di Sandro su proprietà |
f. 230 |
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1428 mag 14 |
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Casa detta Palagiotto |
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Agnolo di Gherardo Cortigiani |
Acquisto |
f. 170 per sua metà |
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1428 mag 14 |
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Casa |
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Gentile di Ghino Cortigiani |
Acquisto |
f. 470 |
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Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1428 mag 14 |
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Casa |
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Giovanni di Guglielmo Cortigiani |
Acquisto |
f. 450 |
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1428 mag 14 |
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Casa |
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Roberto e Andrea di Bartolo Cortigiani |
Acquisto |
f. 600 |
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1428 mag 14 |
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Casa |
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Giovanni di Gherardo Cortigiani |
Acquisto |
f. 170 per sua metà |
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1428 nov 29 |
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Casetta («domuncula») |
Presso la corte dei Visdomini fuori la porta confinata con San Benedetto e Opera |
Roberto e fratello figli di Bartolo Cortigiani |
Acquisto |
f. 28 |
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1428 dic 10 |
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Casa |
Opera |
Opera, già di eredi di Bonifacio Cortigiani |
Elezione avvocato per consiglio sulla divisione per diritti ereditari sulla proprietà |
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1429 gen 9 e gen 29 |
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Casa |
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Opera, già di eredi di Bonifacio Cortigiani |
Testo del consiglio legale |
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1429 mag 12 |
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Case |
Pressi case Visdomini e porta d’ingresso Opera |
Opera già dei Visdomini |
Demolizione case o parte di case |
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1429 mag 12 |
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Case |
Via del Campanile cucina dei preti |
Opera |
Vendita a Arte dei Corazzai (autorizzazione a) |
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1429 mag 18 |
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Casetta |
Raddrizzamento di via |
Opera |
Demolizione casetta assegnata a messer Bernardo Spini |
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1429 lug 16-21 |
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Case 2 |
Via del Campanile dove è la cucina dei preti |
Opera |
Vendita a Arte dei Corazzai |
l. 780 s. 8 d. 5 |
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1429 lug 16 |
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Casa |
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Arte dei Corazzai |
Acquisto |
Cambio con 2 case vendute |
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Data |
Popolo |
Bene |
Confini |
Proprietà |
Tipo atto |
Prezzo |
Fonte |
1429 ago 20 |
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Casa |
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Opera |
Affitto (rinnovo) a messer Giovanni da Gubbio di casa assegnata a canonico |
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1429 ott 4 |
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Casa |
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Domenico di Filippo d’Ammannato |
Affitto; Assegnazione a ser Lapo sacrestano |
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1429 dic 3 |
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Casetta |
«et que est extra canonicam» |
Opera, già di Roberto Cortigiani |
Locazione (licenza a provveditore per) |
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1430 apr 21 |
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Da via dai Ricci dov’è torre di messer Dino fino a casa di Giovanni Tedaldini br. quadre 505 |
Opera |
Lastricatura via |
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1434 mar 24 |
San Piero Celoro |
Casa |
Nel chiostro del capitolo |
Ser Nicola rettore di San Piero Celoro |
Affitto |
f. 6 annui |
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1434 apr 12 |
San Piero Celoro |
Casetta |
Tra le case di detta chiesa |
Ser Nicola rettore di San Piero Celoro |
Affitto |
f. 6 annui |
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1435 dic 7 |
San Piero Celoro |
Casa |
Nel chiostro dei preti |
Ser Nicola di Cecchino rettore di San Piero Celoro |
Affitto |
f. 2 per 4 mesi |
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1436 nov 21 |
San Piero Celoro |
Casa |
Nel chiostro dei preti |
Ser Niccolò di Piero rettore di San Piero Celoro |
Affitto |
f. 5 per 10 mesi |
Tabella B. Lavori documentati per la sistemazione dell’area della canonica (1417-1436)
Espandi/comprimi Tabella B Apri Tabella B in una nuova finestra
Fonte |
Descrizione dell’intervento |
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1417 maggio 21 |
Chiusura sulla piazza presso le case dei Visdomini |
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1418 agosto 19 |
Termine per vendita di case dove l’Opera vuol fare le case dei canonici, cappellani e chierici |
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1418 agosto 23 |
Costruzione di muro per chiudere la via che è tra la casa degli eredi di Ugucciozzo Ricci e la casa degli eredi di Cristofano di Francesco Masi, con distanza di rispetto di br. 12. Costruzione di un muro sulla piazza S. Benedetto tra casa degli eredi di messer Giovanni Tedaldini e la torre di Bartolo Cortigiani, che chiuda la via che viene presso la chiesa di S. Pier Celoro |
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1418 agosto 31 |
Invito a presentare contributi per il disegno per l’abituro dei canonici e cappellani e per il cimitero che devono essere costruiti |
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1418 settembre 26 |
Costruzione di un muro che divida le abitazioni di 2 cappellani nella casa acquistata da Giorgio di Ricciardo Ricci. Il muro deve essere fatto in volta in modo che la divida in mezzo e deve essere fatta una parete d’assi sul palco che deve essere diviso. La spesa non deve superare f. 12 |
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1419 gennaio 25 |
Affitto biennale a Giovacchino d’Ardingo Ricci di una casa posta nel popolo di S. Pier Celoro acquistata dall’Opera da detto Giovacchino e da suo fratello Filippo a f. 30 l’anno, con patto che quando l’Opera vorrà edificare il chiostro ossia l’abitazione dei canonici gli affittuari la lascino libera |
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1419 aprile 28 |
Demolizione del muro che chiude la via da casa di Bartolo Cortigiani alla casa dell’ospedale di S. Maria Nuova dove sta messer Giovanni da Gubbio costruita l’anno precedente in modo che la strada resti aperta |
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1419 ottobre 24 |
Ordine congiunto di Consoli e Operai di eseguire lavori (tetti, acquai e necessari) nelle case in cui abitano canonici e cappellani |
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1419 dicembre 14 |
Delibera di Consoli e Operai su regole per assegnazione di case a clero |
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1423 febbraio 5 |
Spostamento di pietre che erano ‘abbrancate’ di fronte alle case dei preti presso il disegno |
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1423 marzo 30 |
Spostamento di pietre che erano ‘abbrancate’ di fronte alle case dei preti presso il disegno |
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1423 marzo 9 |
Cucina dei preti da rimettere a posto dopo un incendio con minor spesa possibile |
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1423 maggio 22 |
Acquisto di mezzane e quadrucci per il ripristino della cucina dei preti |
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1423 dicembre 9 |
Terra sgombrata dalle sepolture a lato della chiesa verso le case dei preti |
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1425 gennaio 24 |
Costruzione di stalla nella casa di messer Dino dei Pecori |
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1425 giugno 1 |
Autorizzazione a spendere fino a f. 6 per sistemare le case dei canonici e dei cappellani |
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1425 giugno 12 |
Lavori a un palco nelle case dei preti pagati al maestro Nanni da Prato |
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1425 giugno 12 |
Lavori alla cucina dei preti |
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1425 agosto 17 |
Lavori nelle case dei preti pagati a maestranze |
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Data |
Fonte |
Descrizione dell’intervento |
1426 gennaio 24 |
Balìa congiunta di Consoli e Operai per costruire una stalla al canonico messer Dino Pecori, non superando la spesa di f. 20 |
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1426 gennaio 30 |
Balìa agli Operai per acconcimi nelle case di canonici, cappellani e preti con limite della spesa a f. 3 per ogni intervento |
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1426 ottobre 17 |
Balìa a provveditore e capomaestro per acconcimi ai tetti delle case della canonica con spesa limitata a l. 8 |
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1427 marzo 8 |
Acconcimi ai tetti delle case dei preti a l. 8, compresa la casa dove abita il predicatore |
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1427 agosto 4 |
Balìa ad Operai per sistemare le case dei nuovi canonici e le case dei cappellani che sono dovuti andar via per i nuovi canonici |
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1427 agosto 4 |
Costruzione di case nel chiostro per i 12 nuovi canonici creati dall’arcivescovo. Per loro sistemazione è necessario acquistare le case dei privati rimaste entro detto chiostro e viene concesso a 2 nuovi canonici di risiedere nelle abitazioni dei loro benefici |
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1427 agosto 5 |
Balìa agli Operai Bartolomeo di Jacopone Gherardini e Giovanni di Lapo Niccolini di seguire i lavori delle case dei nuovi canonici e dei cappellani che devono lasciare l’alloggio per i nuovi canonici |
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1427 agosto 5 |
Balìa per assegnare case ai cappellani che devono essere trasferiti per lasciare le loro abitazioni ai nuovi canonici |
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1427 ottobre 16 |
Ripulitura del pozzo della casa della cucina dei preti |
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1427 ottobre 30 |
Balìa al provveditore per affittare una casa degli Ammannati posta presso la cucina dei preti per concederla a ser Bartolomeo cantore |
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1427 ottobre 30 |
Balìa al provveditore per acquistare per f. 775 dallo spedalingo di S. Maria Nuova casa che fu di messer Giovanni Tedaldini dove abita in affitto messer Giovanni da Gubbio |
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1427 novembre 5 |
Iscrizione delle giornate di maestri e manovali che hanno lavorato a sgombrare le case dei canonici messer Antonio Acciaiuoli e messer Salutato Salutati |
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1427 dicembre 3 |
Pagamento per acquisto di mezzane e mattoni per le case dei nuovi canonici |
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1427 dicembre 4 |
Pagamento per asserelli e 18 gronde per le case dei preti |
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1427 dicembre 9 |
Pagamento per ferramenta per le case dei preti e nuovo uscio dei canonici |
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1427 dicembre 9 |
Pagamento a maestranze per acconcimi alle case dei canonici e dei cappellani |
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1427 dicembre 23 |
Pagamento per pulitura di pozzo dei preti e agiamento in sacrestia; disegno del lavorio dei preti |
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1427 dicembre 23 |
Soppalco fatto in casa del canonico messer Mico Capponi di br. 91 quadre e br. 55 d’assito in tutto br. 146 a d. 20 il br. quadro per un totale di l. 12 s. 3 d. 4; finestre in casa del canonico messer Giovanni Rondinelli |
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1427 dicembre 23 |
Terra sgombrata alle case dei canonici e dei preti |
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1427 dicembre 30 |
Acconcimi a casa di canonico con rimuratura di metà arco dell’androne e apertura di una porta |
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Data |
Fonte |
Descrizione dell’intervento |
1428 febbraio 5 |
Messer Giovanni da Prato, che ha fatto un disegno dell’abituro dei preti è pagato per la sua fatica l. 12 |
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1428 marzo 19 |
Pagamento per acquisto di mattoni di 1/5 e mezzane per acconcimi alle case dei canonici per un totale di l. 51 s. 7 d. 7 |
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1428 marzo 29 |
Case acquistate dai Cortigiani e concessione e assegnazione di esse ai canonici per licenza dei Consoli |
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1428 aprile 8 |
Balìa agli Operai Luca di messer Maso Albizzi et Bernardo di Iacopo Ciachi di assegnare case a cappellani |
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1428 aprile 28 |
Balìa all’Operaio Luigi d’Alessandro di ser Lamberto per gli acconcimi a 3 case di canonici e per fare 3 studi in dette case |
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1428 aprile 30 |
Costruzione nel mese di novembre di uno studio in una camera degli eredi di Bonifacio d’Ormanno Cortigiani comprata dall’Opera e assegnata al canonico Bartolomeo Frescobaldi. La camera attualmente è tenuta in affitto da Zanobi di Gherardo Cortigiani che la deve lasciare prima di novembre |
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1428 aprile 30 |
Lo scrivano delle giornate deve scrivere le giornate lavorate dalle maestranze a tetti, acquai e necessari nelle case dei canonici e dei cappellani |
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1428 maggio 18 |
Balìa a capomaestro per acconcimi ai tetti e acquai nelle case dei canonici, cappellani e chierici |
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1428 luglio 15 |
Assegnazione della casa di monna Bice vedova di Gherardo Cortigiani posta nella corte dei Cortigiani ossia dei Visdomini a messer Antonio da Citerna cappellano |
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1428 agosto 4 |
Pagamenti a maestranze per esecuzione di lavori nelle case dei canonici |
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1428 settembre 18 |
Pagamento a bottaio per cerchi per arche ai pozzi dei canonici |
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1428 ottobre 12 |
Termine di pagamento per la tassa della casa ai canonici |
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1428 novembre 15 |
Divieto a parenti dei nuovi canonici di fare da fideiussori per la tassa della casa |
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1429 gennaio 8 |
Ordine di chiudere tutte le porte delle case di canonici e cappellani che abbiano ingresso e uscita sulla via pubblica, tenendone aperta una sola per tutta la canonica |
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1429 gennaio 11 |
Costruzione di un muro tra la casa dell’Opera tenuta in affitto da messer Giovanni da Gubbio e alcune case di S. Pier Celoro in modo da chiudere detta via; rimuratura di una finestra e costruzione di una stalla alla casa di messer Giovanni |
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1429 gennaio 28 |
Acconcimi alla porta della casa di messer Giovanni da Gubbio |
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1429 gennaio 28 |
Nuovo accesso con andito e via nella corte dei Visdomini per la casa assegnata al canonico messer Andrea Fiocchi con rimuratura dell’apertura sulla via pubblica secondo il parere di Battista d’Antonio e di Filippo Brunelleschi |
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1429 gennaio 28 |
Balìa agli Operai Bernardo Guadagni e Niccolò Albizzi per fare la chiusura della canonica lasciando solo una porta |
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1429 gennaio 28 |
Iscrizione delle giornate delle maestranze che lavorano nelle case dei canonici e dei cappellani |
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1429 gennaio 28 |
Fornitura di pietre di concio per le case di preti, cappellani e canonici per un totale di l. 33 s. 10 d. 1 |
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1429 gennaio 28 |
Fornitura di mezzane e mattoni di 1/5 per le case dei preti |
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Data |
Fonte |
Descrizione dell’intervento |
1429 febbraio 17 |
Pagamento a Zanobi Cortigiani per fornitura di uno studio |
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1429 febbraio 25 |
Balìa data da Consoli e Operai per fare acconcimi alle case di canonici e cappellani, spendendo fino a f. 100 e non oltre |
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1429 febbraio 25 |
Divieto di spendere in acconcimi alle case dei canonici oltre la somma di f. 100 |
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1429 marzo 12 |
Commissione a Giovanni Minerbetti e Giovanni Popoleschi per controllare i lavori e le spese necessarie alle case dei canonici |
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1429 marzo 30 |
Balìa data a Filippo Brunelleschi e Battista d’Antonio per la chiusura della canonica secondo il disegno del capomaestro |
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1429 aprile 5 |
Iscrizione delle giornate lavorate da maestranze nelle case di canonici, cappellani e chierici e nella chiusura della canonica |
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1429 aprile 12 |
Acconcimi a case di canonici e cappellani su indicazione degli Operai commissionati a tale scopo |
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1429 aprile 12 |
Lavori in una casa di canonico bruciata |
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1429 aprile 12 |
Pagamento per bandelle per le case dei preti |
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1429 aprile 21 |
Ordine al capomaestro di intonacare il muro intorno alle case della canonica fino a br. 6 d’altezza e di abbattere i muriccioli esistenti presso dette case |
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1429 maggio 6 |
Assegnazione di 2 case nel chiostro a 2 nuovi cappellani creati da messer Antonio cardinale di S. Marcello |
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1429 maggio 12 |
Balìa dei Consoli agli Operai per demolire le case dei chierici o parti di esse esistenti dalla parte dov’è l’ingresso dell’Opera presso le case acquistate di nuovo dalla famiglia dei Visdomini |
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1429 maggio 12 |
Licenza agli Operai per assegnare case a canonici e cappellani che hanno avuto le loro demolite |
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1429 maggio 12 |
Autorizzazione a vendere certe case, una dove è situata la cucina dei chierici e altra presso a detta cucina all’Arte dei Corazzai |
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1429 maggio 18 |
Autorizzazione al capomaestro di fare acconcimi e ornamenti all’andito dei chierici |
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1429 maggio 18 |
Ordine di demolire una casetta e una casa di canonici per raddrizzare la via e assegnazione ad un canonico di una casa affittata a messer Giovanni da Gubbio |
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1429 maggio 27 |
Balìa per la vendita di oggetti provenienti da una casa demolita |
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1429 giugno 16 |
Lastricatura della via malmessa presso la cucina dei preti che è rimasta l’unica via d’accesso alle case di canonici e cappellani dopo la chiusura di tutte le altre strade |
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1429 giugno 16 |
Considerato che la distruzione delle case per la chiusura dei canonici non è sufficiente e idonea, gli Operai decidono di demolire altre case e ordinano al Brunelleschi e al capomaestro di circoscrivere con una corda l’area da demolire dall’angolo della casetta distrutta contigua alla loggia dei Visdomini fino all’altro angolo della casa d’abitazione di messer Andrea da Empoli |
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1429 giugno 6 |
Pagamento a maestro lastricatore per aver rilastricato l’andito dei preti che, misurato da capomaestro e provveditore, è in tutto br. quadre 141 |
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1429 giugno 16 |
Pagamento per concio messo nelle case dei preti dal 23 febbraio al 16 giugno |
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Data |
Fonte |
Descrizione dell’intervento |
1429 luglio 16 |
Dopo aver acquistato la casa dov’è l’Arte dei Corazzai l’Opera vende a detta Arte alcune casette dove era la cucina dei preti e l’abitazione di ser Papi vecchio cappellano con termine di pagamento |
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1429 luglio 20 |
Il provveditore è autorizzato a vendere all’Arte dei Corazzai 2 case poste in via del Campanile in cui in una era la cucina del capitolo e nell’altra abitava ser Papi vecchio cappellano per l. 780 s. 8 d. 5 |
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1429 luglio 21 |
Viene data da Consoli e Operai la commissione al provveditore per vendere dette 2 case all’Arte dei Corazzai |
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1429 agosto 3 |
Acquisto di 2 ceste di castagno per collare mattoni per il muro dei preti |
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1429 agosto 4 |
Registrazione di terra sgombrata dalle case dei chierici |
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1429 agosto 31 |
Autorizzazione a capomaestro a fare la porta del chiostro delle abitazioni del clero |
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1429 settembre 22 |
Ordine di allontanare le donne che al presente abitano nel chiostro della canonica |
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1429 ottobre 27 |
Pagamento per trasporto di cardinale per la porta dei preti |
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1429 ottobre 31 |
Rimondatura di pozzo nella corte dei cappellani |
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1429 novembre 4 |
Pagamento per scultura di 2 agnus Dei ai beccatelli della porta dei preti |
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1429 novembre 15 |
Ordine ai canonici di rientrare ad abitare nel chiostro sotto pena di revoca d’assegnazione di casa e di prebenda |
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1429 novembre 15 |
Notifica ai canonici dell’ordine di rientrare in canonica |
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1429 novembre 21 |
Autorizzazione data ad alcuni canonici di tenere presso di loro una serva d’età superiore ai 45 anni |
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1429 novembre 21 |
Pagamento per scultura di un giglio nel cardinale della porta dei preti |
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1429 dicembre 3 |
Notifica ai canonici di risiedere nelle case loro assegnate in canonica |
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1429 dicembre 3 |
Conferma di notifica effettuata dal messo ai canonici per residenza in canonica |
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1429 dicembre 19 |
Resto di pagamento per trasporto del cardinale della porta dei preti |
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1429 dicembre 23 |
Autorizzazione al provveditore di dare in affitto una casetta che era di Roberto di Bartolo Cortigiani situata fuori dall’area della canonica |
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1430 gennaio 21 |
Pagamento per ferramenta per il ‘disegno’ e per il tetto dei preti |
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1430 febbraio 22 |
Pagamento per toppa e chiave alla porta dei preti |
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1430 marzo 7 |
Costruzione di muricciolo presso finestra della casa di messer Dino per la famiglia Ricci, cioè presso il forno, che su richiesta degli Operai potrà essere demolito |
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1430 maggio 2 |
Lastricatura della via che è nel chiostro del capitolo e per la quale si va alla casa assegnata al canonico messer Tommè Della Bordella |
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Data |
Fonte |
Descrizione dell’intervento |
1430 maggio 2 |
Appello ai Consoli per ricordare loro la necessità di sistemare la cucina dei chierici |
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1430 maggio 18 |
Terra sgombrata dall’abituro dei preti |
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1430 maggio 22 |
Ferramenta acquistate per la porta dei preti |
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1430 settembre 27 |
Casa posta nel chiostro nel vicolo dove è la stalla del canonico messer Dino Pecori assegnata fino alla sua morte al canonico messer Matteo Bucelli e quindi assegnata al cappellano ser Santi |
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1430 dicembre 19 |
Autorizzazione a fare la nuova cucina del capitolo nel casolare in cui si radunava l’Arte dei Corazzai poiché è nel mezzo del chiostro e non si deve demolire nessuna casa. In detta cucina devono essere fatti pozzo, forno, camino, acquaio e camera per il cuoco e demolizione di vecchia |
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1431 gennaio 16 |
Autorizzazione a fare la nuova cucina del capitolo secondo il disegno degli Operai Alessandro Alessandri e Giuliano di Tommaso di Guccio secondo la delibera congiunta di Consoli e Operai del 19 dicembre 1430 |
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1431 gennaio 26 |
Demolizione degli sporti nelle case dell’Opera in via del Campanile |
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1431 febbraio 5 |
Apposizione di selce sulla porta del chiostro |
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1431 marzo 14 |
Acquisto di ghiaia per il pozzo della nuova cucina del capitolo |
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1431 marzo 27 |
Rimozione di terra tra la facciata della chiesa e la porta del capitolo, ricostruzione delle tombe che vi sono, completamento della selce della porta e fognatura per il decorso delle acque pluviali nel chiostro sotto la casa di messer Andrea da Empoli |
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1431 giugno 28 |
Pozzo e agiamento nella cucina dei canonici e vuotatura di pozzo per il nuovo acquaio |
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1431 luglio 20 |
Acquisto di toppe per la corte dei preti e per la casa che fu di Taddeo Del Formica |
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1431 ottobre 10 |
Proibite le distribuzioni a cappellani che non dicono messa e che non stanno nel chiostro |
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1431 ottobre 25 |
Pagamento per il pozzo nuovo nella cucina dei preti |
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1431 dicembre 23 |
Costruzione di due case da quella comprata da Santa Maria Nuova che già fu di messer Giovanni Tedaldini |
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1432 febbraio 4 |
Spostamento di sepolture che sono in 3 arche presso il campanile e scelta del luogo di raduno della compagnia di San Zanobi in modo che la chiusura del capitolo sia integrale |
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1432 giugno 2 |
La casa dove abitò messer Filippo Albizzi è posta sull’angolo del vicolo per il quale si va alla stalla di messer Dino Pecori |
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1432 luglio 30 |
Acconcimi al tetto della loggia dei Visdomini che oggi è dell’Opera situata nel chiostro del capitolo |
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1432 agosto 22 |
Rifacimento del pozzo alla cucina del capitolo e dell’acquaio dei chierici |
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1432 agosto 30 |
Acconcimi dai preti |
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1432 settembre 10 |
Commissione al capomaestro per la manutenzione delle case del chiostro (acquai, tetti, necessari) |
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Data |
Fonte |
Descrizione dell’intervento |
1433 gennaio 28 |
Deliberazione congiunta di Consoli e Operai per la divisione della casa di messer Giovanni Tedaldini e per acconcimi ad altre case |
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1433 febbraio 2 |
Giornate lavorate nella casa di messer Giovanni da Gubbio e di ser Massaino |
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1434 marzo 24 |
Autorizzazione data al provveditore e al notaio per prendere in affitto annuale una casa esistente presso la chiesa di S. Pier Celoro nel chiostro del capitolo da ser Nicola rettore di detta chiesa alla presenza di Filippo Brunelleschi e del cappellano ser Giuliano da Empoli |
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1434 aprile 12 |
Deliberazione congiunta di Consoli e Operai per costruire nel chiostro 3 case per 3 cappellani dove era la loggia dei Visdomini nel chiostro spendendo fino a f. 115 |
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1434 aprile 12 |
Costruzione di casa per messer Roberto Cavalcanti dalla loggia sotto la casa che era di Bartolo Cortigiani e da una casetta presso detta loggia che era di monna Bice vedova di Gherardo Cortigiani, dove attualmente abita ser Anselmo da San Miniato sacrestano e cappellano con spesa fino a f. 70 |
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1434 aprile 12 |
Acconcimi a case assegnate a corista e a ser Antonio di Ghezzo Della Casa per f. 10; acquaio in casa di Antonio di Ghezzo |
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1434 aprile 12 |
Ricordo della deliberazione congiunta di Consoli e Operai per la costruzione di 3 case nella loggia dei Visdomini, dov’è il tetto lungo: case larghe l’una br. 8 ¾, lunghe br. 8 e alte br. 12, con acquai, necessari, camini e ammattonati e pozzo di fuori per una spesa di non oltre f. 115. Acconcimi per f. 70 a casa a lato della loggia che è in volta dove sta Benedetto assegnata a ser Anselmo sacrestano; casa del corista assegnata a cappellano con un palco e acquaio |
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1434 aprile 13 |
Commissione al capomaestro per la costruzione di 3 case nella loggia dei Visdomini |
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1434 aprile 13 |
Assegnazione e acconcimi al luogo assegnato alla compagnia di San Zanobi |
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1434 aprile 14 |
Modifiche a casa del canonico Bernardo Spini per poter costruire 2 case come abitazioni di 2 cappellani: rimozione delle scale interne da spostare nella parte esterna dove c’è l’orto; qui fare una stalla per 2 cavalli in modo che col terreno della loggia si possano costruire 2 case |
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1434 aprile 22 |
Deliberazione congiunta di Consoli e Operai per ridurre il numero di case da costruirsi dove era la loggia dei Visdomini da 3 a 2 per maggior comodità, essendo lo spazio insufficiente per farne 3 in considerazione della riduzione del terreno per fare le scale all’abitazione del canonico Spini |
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1434 giugno 9 |
Ricompensa al canonico Frescobaldi per la sua stalla distrutta per fare una nuova casa a cappellano |
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1434 luglio 16 |
Acconcimi alla casa di messer Frescobaldi con necessario e muro di chiusura in cambio della stalla sotto la loggia dei Visdomini distrutta |
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1434 luglio 23 |
Casa nuova presso casa di messer Bartolomeo Frescobaldi assegnata a ser Benedetto; casa nuova in chiostro assegnata a ser Anselmo |
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1434 luglio 31 |
Pulitura di pozzi nelle case dei canonici |
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1434 dicembre 17 |
Pittura della Vergine, di S. Stefano e di S. Zanobi commissionata a Bicci di Lorenzo per il tabernacolo sopra la porta del capitolo |
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Data |
Fonte |
Descrizione dell’intervento |
1434 dicembre 31 |
Pagamento a Bicci di Lorenzo per pittura del giglio e degli agnus Dei alla porta del chiostro del capitolo |
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1435 marzo 18 |
Pozzo nella cucina dei preti |
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1435 marzo 22 |
Resto di pagamento a Bicci di Lorenzo per Madonna, 2 agnus Dei e giglio sopra la porta del chiostro |
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1435 marzo 28 |
Acquisto di tegoli per acconcimi nel chiostro |
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1435 aprile 13 |
Acconcimi all’agiamento in casa di un canonico |
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1435 settembre 16 e 17 |
Pagamento per pietre messe nella casa del maestro dei chierici e per toppa e chiave all’uscio della scuola e ad un desco |
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1436 luglio 27 |
Visita con colazione degli Operai alle case dei canonici e preti |
Tabella C. Proposta dell’architetto Baccani per case da demolirsi nel 1824
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Numeri comunali delle case |
Descrizione case |
Importo dei restauri secondo la perizia (scudi) |
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|
n. 745 |
Casa dell’arciprete Parretti non considerata nella perizia dei restauri per essere di prebenda |
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VIII |
n. 746 |
Casa abitata dal prete Niccolai |
382.3 |
IX |
n. 747 |
Detta simile da Pietro Interi |
353.3 |
X |
n. 748 |
Detta simile da Gaspero Veneziani |
239.5 |
XI |
n. 749 |
Detta simile dal prete Paoletti corista |
244.5 |
XII |
n. 750 |
Detta simile dal prete Brocchetti |
87.3.10 |
XIII |
n. 751 |
Detta simile dal prete Balestri |
54.2 |
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n. 752 |
Detta del decano Gentili, ma non considerata nella perizia per esser casa di prebenda |
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XIV |
n. 753 |
Detta abitata dal prete Poggiali |
68.4 |
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n. 835 |
Detta del canonico Niccoli penitenziere, che per esser di prebenda non è notata nella perizia |
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XVII |
n. 836 |
Detta abitata dal curato Bronzuoli e cherici di sagrestia |
235.5 |
XVIII |
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Detta contigua alla suddetta abitata dal curato Nuti |
198.5 |
XIX |
n. 837 |
Detta abitata dal prete Rossi |
207.3 |
XX |
n. 838 |
Detta simile dal prete Pancani |
182.5 |
|
|
Somma totale scudi |
2255.1.10 |
Fonte: Archivio dell’Opera di Santa Maria del Fiore, XI 2 3, n. 44, c. 466.
Nel 1825, su richiesta di Baccani, vennero inclusi nella demolizione gli stabili seguenti:
- la casa del decanato
- la casa del corista
(Fonte: AOSMF, XI 2 4, nn. 8-9)
Tabella D. Canonici di Santa Maria del Fiore in carica (1417-1436)
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Famiglia e nome in Salvini |
Ruolo/i in Salvini |
Periodo di canonicato |
Periodo documentato in Anni Cupola |
Varie |
---|---|---|---|---|
ACCIAIUOLI messer Antonio di messer Donato di Jacopo |
canonico di Santa Maria del Fiore; vescovo di Cefalonia (1427) |
1410- |
1418-1427 |
studiolo |
ACCIAIUOLI messer Giovanni d’Antonio di messer Donato |
canonico pisano e di Santa Maria del Fiore; vescovo di Cefalonia |
1396-†1450 |
|
|
ADIMARI messer Alamanno di messer Filippo di messer Alamanno |
protonotario apostolico; preposto di San Gimignano; vescovo di Firenze (1400); arcivescovo di Taranto e di Pisa; cardinale di S. Eusebio; legato apostolico Francia, Spagna, Aragona |
1422-†1422 |
|
|
ADIMARI messer Roberto di Mainardo di Filippo |
canonico di Santa Maria del Fiore; vescovo di Volterra (1435); governatore della Corsica |
1432-†1484 |
1431-1432 |
|
ALBIZZI messer Filippo di Paolo |
canonico di Santa Maria del Fiore; Arte della Lana |
1427-†1453 |
1427-1435 |
riceve la casa che era stata assegnata al canonico messer Giovanni di messer Maso Albizzi † 1411 |
ALTOVITI messer Jacopo di Bardo di Guglielmo |
canonico di Santa Maria del Fiore; priore di Santa Maria Maggiore |
1396- |
|
|
BANDUCCI messer Niccolò di m° Giovanni di Banduccio |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Prato; vicario di Prato (rinunziò 1460); Arte della Lana |
1427-†1460 |
1427-1434 |
studiolo |
messer Bartolomeo di Bertino da Vinci |
canonico di Santa Maria del Fiore, di Pisa, Siena, San Lorenzo; vescovo di Valva (1427); priore di San Lorenzo; abbreviatore apostolico di Martino V |
1406-†1442 |
|
|
BENVENUTI messer Bernardo di Giovanni |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Fiesole; fondatore del suo canonicato |
1428-†1443 |
1428-1434 |
priore di San Pier Maggiore |
BOSCOLI messer Giovanni di Giachinotto di Francesco |
canonico di Santa Maria del Fiore; dottore in decreti; lettore di Legge canonica allo Studio di Siena; chierico di Camera e tesoriere di Eugenio IV (rinunziò 1435) |
1422-1435 |
|
|
BUCELLI messer Matteo di Giovanni di Francesco |
canonico di Santa Maria del Fiore; di Fiesole e di Volterra; preposto di Volterra |
1421-†1430 |
1423-1430 |
|
Famiglia e nome in Salvini |
Ruolo/i in Salvini |
Periodo di canonicato |
Periodo documentato in Anni Cupola |
Varie |
BUONDELMONTI messer Manente di messer Gherardo di messer Lorenzo |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Varadino |
1436-†1458 |
|
|
CALSIDONI messer Antonio di Giovanni di Matteo |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Pisa (rinunziò 1436) |
1429-1436 |
|
per † di Bucelli |
CANTASANTI messer Piero di Niccolò da Pistoia |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Pisa; abbreviatore lettere apostoliche |
1411-†1420 |
|
|
CAPPONI messer Mico di Piero |
canonico di Santa Maria del Fiore e dei Santi Apostoli; Arte della Lana |
1426-†1476 |
1427-1434 |
|
CASINI messer Antonio di m° Giovanni di maestro Bartolomeo da Siena |
canonico San Lorenzo e di Santa Maria del Fiore; preposto e vicario Fiesole; vescovo di Siena; cardinale S. Marcello; vescovo di Grosseto |
1395-†1438 |
|
|
CASTELLANI messer Battista di messer Vanni di Michele |
canonico aretino, di Santa Maria del Fiore e di San Piero Scheraggio; priore di Santo Stefano a Ponte (rinunziò 1440) |
1403-1440 |
1417-1427 |
obbligo residenza canonica (1421) |
CAVALCANTI messer Roberto di Piero di Cavalcante |
canonico di Santa Maria del Fiore; vicario di Pisa; cappellano di Eugenio IV e di Callisto VI; vescovo di Volterra (1440); Arte della Lana |
1429-†1449 |
1427-1434 |
|
CHIARUCCI messer Lorenzo d’Antonio di Santi |
canonico di Santa Maria del Fiore; arciprete di Colle |
1413- |
1419 |
|
COLOMBINI messer Bartolomeo |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Pisa |
1435- |
|
|
CREMONESI messer Niccolò di Giovanni da Pistoia |
canonico di Santa Maria del Fiore; scrittore lettere apostoliche |
1420-†1443 |
|
|
DAVANZATI messer Marco di Davanzato di Giovanni |
canonico pisano e di Santa Maria del Fiore; collettore apostolico di Martino V |
1403-†1449 |
1418-1429 |
|
DELLA BORDELLA messer Tommaso di Petruccio di Zetto |
canonico di Santa Maria del Fiore; arciprete e vicario di Perugia; Arte della Lana; vicario dell’arcivescovo |
1428-†1452 |
1428-1435 |
studiolo |
DELLA CASA messer Francesco di Filippo di Ghezzo |
canonico di Santa Maria del Fiore; pievano di Santo Stefano in Pane; protonotario apostolico |
1430- |
1432 |
|
DELL’ANTELLA messer Antonio di Simone di Nofri |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Sant’Andrea |
1427-†1445 |
|
|
Famiglia e nome in Salvini |
Ruolo/i in Salvini |
Periodo di canonicato |
Periodo documentato in Anni Cupola |
Varie |
DELL’ANTELLA messer Ardito di Leonardo |
canonico di Santa Maria del Fiore; priore di Santa Maria sopra Porta; preposto di San Miniato al Tedesco |
1421-†1438 |
1421-1430 |
|
DELL’ANTELLA messer Ardito d’Ardito |
canonico di Santa Maria del Fiore |
1427- |
|
|
DELL’ANTELLA Francesco di Nofri di Simone |
canonico di Fiesole, di Santa Maria del Fiore e di Santa Maria sopra Porta; vicario capitolare |
1407- |
|
|
FEDERIGHI messer Benozzo di Lapo Francesco |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Pistoia; vescovo di Fiesole (1421); collettore apostolico di Giovanni XXIII |
1399-†1450 |
1417-1421 |
rettore di Santa Cecilia |
FERRANTINI messer Antonio di Niccolò di Piero |
canonico di Santa Maria del Fiore e di San Lorenzo |
1411-†1424 |
1423-1427 |
|
FIOCCHI messer Andrea di Domenico |
canonico di Santa Maria del Fiore, di Pisa e di San Lorenzo; Arte della Lana |
1427-†1452 |
1427-1432 |
studiolo |
FRESCOBALDI messer Bartolomeo di Tommaso di messer Castellano |
canonico di Santa Maria del Fiore; Arte della Lana |
1427-†1442 |
1427-1434 |
studiolo |
GIUGNI messer Ugolino di Filippo di Niccolò |
canonico di Santa Maria del Fiore, di Volterra e di San Paolo; priore di San Romolo; protonotario apostolico; vescovo di Volterra (1461); Arte della Lana |
1436-†1472 |
|
|
GUADAGNI messer Marino di Leonardo di Francesco |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Bajù (Bretagna), Fiesole, Volterra, Pisa, Pistoia; protonotario apostolico; segretario di Martino V |
1416-†1438 |
1421-1434 |
studiolo |
messer Imperiale di Giovanni |
canonico di Santa Maria del Fiore e di San Lorenzo; pievano di San Martino a Sesto |
1409- |
|
|
INGHIRAMI messer Gimignano di ser Niccolò di messer Tedaldo |
canonico di Santa Maria del Fiore; dottore in decreti, protonotario apostolico e cappellano di Martino V e di Eugenio IV; preposto di Pistoia e di Prato |
1423-†1460 |
|
|
messer Jacopo di Simone |
canonico di Santa Maria del Fiore e dei SS. Apostoli; arciprete di Colle; Arte della Lana |
1427-†1435 |
1427-1429 |
priore di San Michele Bertelde |
Famiglia e nome in Salvini |
Ruolo/i in Salvini |
Periodo di canonicato |
Periodo documentato in Anni Cupola |
Varie |
LATINI messer Guglielmo di Biondo di ser Matteo da Prato |
canonico di Santa Maria del Fiore; scrittore lettere apostoliche; familiare e chierico di camera di Martino V |
1418- |
|
accettato con aspettativa prebenda ottenuta per † di Ferrantini |
MEDICI messer Amerigo d’Antonio di Bartolomeo |
canonico di Santa Maria del Fiore; preposto |
1414-†1431 |
1426-1429 |
|
MEDICI messer Donato di Nicola di messer Vieri |
canonico di Santa Maria del Fiore; preposto (1432); vescovo di Pistoia (1436) |
1432-†1474 |
|
|
MINERBETTI messer Bernardo di Tommaso d’Andrea |
canonico di Santa Maria del Fiore coll’aspettativa da Eugenio IV |
1431- |
|
|
OBIZZI messer Giovanni da Lucca |
canonico di Santa Maria del Fiore; vescovo di Adria |
1430-†1444 |
|
|
PAZZI messer Domenico di Bartolomeo di Beltrame |
canonico di Santa Maria del Fiore |
1427- |
|
|
PECORI messer Antonio di Tommaso di Jacopo |
canonico di Santa Maria del Fiore (rinunziò 1447) |
1436-†1450 |
|
|
PECORI messer Dino di Bartolomeo di Jacopo |
canonico di Fiesole, di Santa Maria del Fiore, Pisa; priore di San Piero Scheraggio; vicario capitolare di Firenze; nunzio e collettore Toscana di Martino V |
1406-†1444 |
1423-1430 |
studiolo |
PERUZZI messer Antonio di Ridolfo di Bonifacio |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Pisa; chierico di camera di Eugenio IV; Arte della Lana |
1427-†1445 |
1427 |
|
PILLI messer Leone di Jacopo di Latino |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Sant’Andrea (rinunziò 1421) |
1416-1421 |
|
|
RICCI messer Giuliano di Giovacchino di Gucciozzo |
canonico di Santa Maria del Fiore, di Pisa, di pieve Santa Maria d’Arezzo; vicario generale di Pisa; arcivescovo di Pisa (1418) |
1407-†1461 |
|
|
RICCI messer Lorenzo d’Ardingo di Corso |
canonico di Santa Maria del Fiore; vescovo di Ancona (1406), Senigallia (1416), Ischia (1419), Ravello (1435); collettore generale Camera apostolica in Inghilterra |
1396-†1457 |
|
|
RICCI messer Piero di Gucciozzo d’Ardingo |
canonico di Santa Maria del Fiore; vescovo d’Arezzo (1403); vicario capitolare di Firenze; arcivescovo di Pisa (1411) |
1384-†1418 |
|
|
Famiglia e nome in Salvini |
Ruolo/i in Salvini |
Periodo di canonicato |
Periodo documentato in Anni Cupola |
Varie |
RONDINELLI messer Giovanni di Piero di Remigio |
canonico di Santa Maria del Fiore |
1420- |
1427-1429 |
in Salvini canonico 1420, in Anni Cupola 1427 |
RONDINELLI messer Simone di Rinaldo di Filippo |
canonico di Santa Maria del Fiore e di San Lorenzo; pievano di Santa Maria d’Arezzo |
1411-†1421 |
|
|
SALUTATI messer Salutato di messer Coluccio |
canonico di Santa Maria del Fiore, di Bologna, di Fiesole; preposto di Fiesole |
1409- |
1421-1432 |
in Salvini † 1422 studiolo |
SALVIATI messer Francesco di Salviato d’Alamanno |
canonico di Santa Maria del Fiore (rinunziò 1438) |
1427-1438 |
|
|
SODERINI messer Niccolò di Giovanni di Niccolò |
canonico di Santa Maria del Fiore e dei SS. Apostoli; priore di San Jacopo sopr’Arno |
1430-†1430 |
|
|
SPINELLINI messer Giovanni di Tommaso di Marco |
canonico di Santa Maria del Fiore, di Pisa e di San Lorenzo; priore dei SS. Apostoli; pievano di Santa Maria di Poggibonsi; preposto e primo arcidiacono |
1436-†1466 |
|
|
SPINI messer Bernardo d’Agnolo di Luigi |
canonico di Santa Maria del Fiore; Arte della Lana |
1427-†1453 |
1427-1434 |
studiolo |
STROZZI messer Ubertino di Strozza di Carlo |
canonico di Santa Maria del Fiore e di San Piero Scheraggio; priore di San Martino a Gangalandi |
1427- |
|
|
UGOLINI messer Jacopo di Giovanni |
canonico di Santa Maria del Fiore e di Volterra; scrittore e abbreviatore lettere apostoliche; Arte della Lana |
1432-†1451 |
1429 |
successore di Acciaiuoli |
VANNOZZI messer Andrea di Jacopo di Francesco da Empoli |
canonico di Santa Maria del Fiore e di San Paolo; fondatore e rettore suo canonicato |
1420-†1438 |
1421-1431 |
|
VITELLESCHI DA CORNETO messer Bartolomeo |
canonico di Santa Maria del Fiore; protonotario apostolico; vescovo di Corneto e di Montefiascone (1438) e di Carpentras (1447) |
1434-†1463 |
1435 |
|
Opere citate
Fonti inedite
Archivio Arcivescovile di Firenze (AAF):
Visite pastorali, 0001.2, 1393 (visita del vescovo Nofri Visdomini o Dello Steccuto)
Visite pastorali, 0002, 1422 (visita di Amerigo Corsini arcivescovo)
Archivio del Capitolo Metropolitano Fiorentino (ACMF):
Fondo Diplomatico, Pergamene, 880/C 44, 31 agosto 1357
Atti in originale e in copia, Scritture Varie, H 132 (ex X), 1556 marzo 4-1581 ottobre 31
Atti in originale e in copia, Scritture Varie, H 136 (ex XIV), 1447-1681
Archivio dell’Opera di Santa Maria del Fiore (AOSMF):
I 1 2, Deliberazioni, riforme e leggi, 1331-1452
I 1 3, Deliberazioni, riforme e leggi, 1428-1484
I 3 1, Agnus Dei, 1296-1561
I 3 4, Bollario e ordinamenti dell’Opera, 2°, secolo XV
II 1 26 - II 1 69, Bastardelli di deliberazioni, 1389-1416
II 2 2, Registro di deliberazioni, 1436-1442
XI 2 3, Negozi, 1822-1824
XI 2 4, Negozi, 1825-1826
Archivio di San Lorenzo di Firenze:
Bullarium, 3895, pp. 15-18
Archivio di Stato di Firenze (ASF):
Archivio delle Riformagioni, Consulte e Pratiche, 44, 1420-1422, cc. 130-131
Arte della Lana, Protocolli di riformagioni dei consoli, 50, 1427-1432
Capitoli della Repubblica Fiorentina, XVII, 26 aprile 1340
Catasto, 195, Beni ecclesiastici dell’arcivescovado di Firenze, Portate dei religiosi, 1427
Catasto, 291, Beni di Compagnie e Arti di Firenze, 1429
Catasto, 421, Beni patrimoniali dei religiosi e delle Arti, Portate, 1431
Catasto lorenese, 1-12, 1776
Consigli Maggiori, Provvisioni, Registri, 7, 1295-1298; 30, 1339-1341; 61, 1373-1374; 62, 1374-1375
Diplomatico, Santa Maria del Fiore (Opera), Normali, 00057197, 1361 febbraio 5; Lunghe, 00075700, 1340 agosto 25
Notarile Antecosimiano: 159, 1385-1389; 1009, 1347-1349; 1011, 1355-1357; 1723, 1381-1387; 4416, 1350-1380; 4420, 1425-1450; 11380, 1363-1366; 11384, 1367-1370; 12127, 1405-1420; 21273, 1335-1340
Signori, Legazioni e Commissarie, 1, 1393-1398
Archivio Segreto Vaticano:
Registra Lateranensia, 61, 1398
Archivio Storico del Comune di Firenze:
Comune di Firenze, CF 1180, 1761, Stime di beni immobili redatte dal perito Ferdinando Morozzi, 1761, Quartiere di San Giovanni, cc. 11-13v
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Note
1Questo non è il luogo per la vasta bibliografia sul complesso edilizio di cattedrale, campanile e battistero; ci limiteremo pertanto a segnalare studi che in parte hanno affrontato il tema delle modifiche della piazza: cfr. Cardini - Cardini, L’avvio della riconfigurazione; Haines, Attorno a Santa Maria del Fiore, testo e foto 39-43; Toker, “Magnifico et visibili”; Trachtenberg, La piazza del Duomo, p. 41.
2Cfr. Storia ecumenica della chiesa, vol. 1, p. 222.
3Cfr. Lopes Pegna, Firenze dalle origini, p. 292.
4Su papa Niccolò II cfr. Violante, Il vescovo Gerardo, pp. 17-22; Ambrosioni – Lucioni, Niccolò II.
5Cfr. Rotelli, Il capitolo della cattedrale, p. 7.
6Cfr. Grégoire, La vocazione sacerdotale, pp. 25-29.
7Gaetano Baccani (Firenze, 6 maggio 1792-18 giugno 1867), architetto dell’Opera del Duomo dal 1824 al 1860. Cfr. Raffo Pani, Gaetano Baccani; Bertano – Quartulli, Gaetano Baccani.
8In ambedue sono presenti vedute di piazza del Duomo dal lato della canonica. Le piante indicate si trovano presso l’Istituto Geografico Militare di Firenze, Catalogo Carte Antiche, Collezione Bianconi (219 e 222), e sono consultabili liberamente on line: F. De Wit, Florentia Pulcherrima Etrurie Civitas, 1680, http://www.igmi.org/ancient/ immagine.php?cod=10888; Magnelli-Zocchi, Pianta della città di Firenze rilevata esattamente nell’anno 1783, http://www.igmi.org/ancient/immagine.php?cod=10888 (URL attivi il 31 dicembre 2014).
9Quando Fabio Borbottoni realizzò il dipinto, le modifiche apportate da Baccani alla canonica erano già state eseguite: l’autore nella sua ricostruzione si ispirò probabilmente a vedute precedenti, compresa La peste del 1630 di Baccio del Bianco.
10Cfr. sull’argomento Bartoli, Un laboratorio dell’architettura gotica; Fanelli, Firenze, p. 23 sgg.; Sznura, L’espansione urbana, pp. 44-45; Pampaloni, Firenze al tempo di Dante, p. 14.
11Sulle chiese fiorentine cfr. Lopes Pegna, Le più antiche chiese; Fanelli, Firenze: Architettura; Dameron, Florence and Its Church; sulla basilica di San Lorenzo cfr. Bowsky, La chiesa di San Lorenzo; Cianfogni, Memorie istoriche.
12Villani, Nuova Cronica, vol. II, p. 29 sgg.
13Sznura, Appunti sull’urbanistica fiorentina, p. 88.
14Cfr. per il palazzo e la piazza dei Priori Davidsohn, Storia di Firenze, vol. I, pp. 827, 1007, 1087-1088, 1110; vol. IV, pp. 92 sgg., 113, 237; Lensi Orlandi, Il Palazzo Vecchio, pp. 52-56, 86-87; Rubinstein, The Palazzo Vecchio, pp. 5-18; Rubinstein, The Piazza della Signoria.
15Cfr. sulla cattedrale Guasti, Santa Maria del Fiore; Davidsohn, Storia di Firenze, vol. I, pp. 500-503, 1098-1102; vol. VII, pp. 511-514; sulla datazione di fondazione della prima pietra di S. Maria del Fiore cfr. Breschi – De Robertis, L’epigrafe di fondazione e Riccetti, Il vescovo Francesco Monaldeschi.
16Sul finanziamento pubblico per la costruzione della cattedrale e dei suoi annessi cfr. Haines, La grande impresa; Haines, L’Arte della Lana; Haines, Brunelleschi and Bureaucracy; Fabbri, L’Opera di Santa Maria del Fiore; Fabbri, La ‘Gabella di Santa Maria del Fiore’; Zervas, Un nuovo documento. Sulle provvisioni citate cfr. Guasti, Santa Maria del Fiore, docc. 16, 56, 232 e Archivio di Stato di Firenze (d’ora in avanti ASF), Consigli Maggiori, Provvisioni, Registri, 7, cc. 13-14; 30, cc. 88-94; 62, c. 211.
17Cfr. la descrizione che fa dell’antica canonica Davidsohn, Storia di Firenze, vol. I, pp. 1099-1100: «A destra di chi guardava la chiesa, a ridosso della cattedrale era un accavallarsi di chiostri, di celle, di fabbriche multiformi che formavano la canonica di Santa Reparata e di San Giovanni e che dovettero poi esser demolite per lasciar posto e spazio al campanile di Giotto. Uno dei chiostri della canonica confinava col muro meridionale di Santa Reparata, lungo il quale si estendeva poi un cimitero, dove si trovavano, come intorno al Battistero, numerosi sepolcreti di famiglie nobili, e nei chiostri stessi venivano seppelliti talvolta i defunti. Sopra uno di questi chiostri si aprivano il refettorio e il dormitorio, e dopo il ‘chiostro esterno’ che guardava la strada, venivano le celle, o abitazioni degli ecclesiastici del Duomo, mentre uno dei canonici si era costruito nel chiostro anteriore una casetta con un piccolo giardino».
18L’affresco si trova al Museo del Bigallo, presso la Loggia, dove fino al 1248 era la torre degli Adimari detta del Guardamorto che fu distrutta dopo la cacciata dei guelfi da Firenze.
19Per una maggiore chiarezza su come si presentasse la zona in cui si doveva intervenire si rimanda a Il bel San Giovanni e Santa Maria del Fiore, tavole B, C e foto 2 (probabile ricostruzione del centro religioso prima della distruzione delle mura carolinge).
20ASF, Notarile Antecosimiano, 11384, cc. 82v-83, in data 16 maggio 1370: dal rogito del notaio ser Lando Fortini si desume che ci fosse già almeno una casa di proprietà dell’Opera dislocata tra piazza San Cristoforo e piazza San Giovanni.
21Cfr. sull’argomento: Davidsohn, Storia di Firenze, vol. I, pp. 1099-1102; Settesoldi, La canonica di S. Maria del Fiore, pp. 9-10.
22G. Maetzke, Il cimitero alto medievale e medievale.
23Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 113, p. 153.
24Sulla fondazione della nuova chiesa di San Michele Visdomini cfr. Appendice documentaria, doc. 1.
25Cfr. Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 56, pp. 53-55.
26Archivio dell’Opera di Santa Maria del Fiore (d’ora in avanti AOSMF), I 1 2, cc. 15v-16.
27Sul potere delle grandi corporazioni mercantili cfr. Brucker, Dal Comune alla Signoria; Najemy, Guild Republicanism; Franceschi, Intervento del potere centrale.
28Haines, Attorno a Santa Maria del Fiore, p. 311, nota 35.
29ASF, Capitoli della Repubblica Fiorentina, XVII, 26 aprile 1340, in cui si ha notizia della nuova ubicazione della canonica, che doveva essere costruita sul lato di mezzogiorno della chiesa, andando verso la piazza dei Bonizzi: «deliberaverunt quod chalonacha et habitatio chalonachorum dicte ecclesie fiat et construatur iusta dictam ecclesia versus meridiem et versus plateam de Bonizis»; Archivio del Capitolo Metropolitano Fiorentino (d’ora in avanti ACMF), Fondo Diplomatico, Pergamene, 880/C 44, 31 agosto 1357: il preposto Niccolò di Neri Corsini donò all’Opera una casa e un edificio, posti nel popolo di S. Cristoforo del Corso presso piazza di San Giovanni e la compagnia della Misericordia, su un terreno di 16 braccia per lato concessogli nel 1338 dallo stesso clero, affinché canonici e cappellani potessero avere nuovi alloggi.
30Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 58, p. 56.
31Per la famiglia Visdomini cfr. Bizzocchi, Chiesa e potere, pp. 34-35; Lansing, The Florentine Magnates, pp. 64-83; Faini, Firenze nell’età romanica, pp. 149, 181-183, 205, 238, 243. I Visdomini erano una tra le famiglie fiorentine più potenti già in epoca consolare ed appartenevano al ceto magnatizio fino agli Ordinamenti di giustizia di Giano Della Bella contro i magnati: essa, come rivela il loro cognome, curava ed aveva l’incarico di amministrare le proprietà del vescovo in sede vacante. Nel 1327 alcuni componenti della famiglia dei Visdomini ottennero di accedere al ceto popolare, cambiando il cognome in Cortigiani. Quando la famiglia iniziò a chiamarsi Cortigiani detenne comunque il privilegio di occuparsi dei beni vescovili come custodi del presule. Per la consorteria cfr. Richa, Notizie istoriche, vol. VII, pp. 4, 8, 10-11. Appartenevano a tale consorteria le famiglie Cortigiani, Della Tosa o Tosinghi, Aliotti, Belligiardi, Sassi, Canciozzi, Accorsi, Gherardeschi, Bindoli, Aghinolfi e Roberti. Per l’importanza del ruolo rivestito presso il vescovo, cfr. Fabbri, La sella e il freno del Vescovo.
32Haines, Attorno a Santa Maria del Fiore, p. 310, nota 11 e ASF, Notarile Antecosimiano, 21273, cc. 142-143.
33Ibidem, c. 151v.
34Ibidem, c. 180v.
35Haines, Attorno a Santa Maria del Fiore, p. 319.
36Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 70, p. 107.
37ASF, Diplomatico, Santa Maria del Fiore (Opera), Normali, 00057197, 1361 febbraio 5; Haines, Attorno a Santa Maria del Fiore, p. 311, nota 14.
38Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 98, p. 148.
39ASF, Notarile Antecosimiano, 159, 1388 marzo 19.
40AOSMF, II 1 26, c. 28.
41AOSMF, II 1 32, c. 16.
42AOSMF, II 1 53, c. 14v; cfr. Grumann, La casa di Sant’Antonino.
43AOSMF, II 1 57, c. 13v.
44ASF, Notarile Antecosimiano, 1723, c.n.n., 1386 ottobre 9.
45AOSMF, II 1 67, cc. 18v e 20.
46Cfr. Haines, La grande impresa, tabella 1, pp. 158-159; tabella 2, pp. 160-161.
48O0201074.009vc e Haines, Attorno a Santa Maria del Fiore, p. 320.
49O0201074.044b; O0204008.034vb.
50Cfr. Appendice documentaria, docc. 2.1 e 2.2.
53Cfr. Appendice documentaria, doc. 3.
55Per l’offerta ad Antonio di Moddeo: O0201074.017c; per l’autorizzazione all’acquisto: O0201074.028f.
56Cfr. Appendice documentaria, doc. 4.
57Cfr. Appendice documentaria, doc. 5.
58Cfr. Appendice documentaria, doc. 6.
59Per gli acquisti: Ricci O0201074.044a e O0204008.034va; Maso di Cristoforo O0201074.044b e O0204008.034vb; figli di Antonio di Berto O0201074.044f e O0204008.035c.
60O0201074.044va e O0204008.035d.
62O0201077.020vb e O0202077.036vb.
63Per una probabile identificazione cfr. Uginet, Le Liber officialium, dove a p. 83 (c. 59v) dà tra i «cubicularii» Petrum de Stiumberg.
64Acquisto: O0201077.052vd e O0204008.065e; autorizzazione per acquisto e pagamento: O0201077.021vd.
65Per le delibere cfr. Haines, Attorno a Santa Maria del Fiore, Appendice documentaria, pp. 323-332.
66Cfr. ASF, Catasto, 195, cc. 1-12: i canonici di Santa Maria del Fiore, secondo le prebende dichiarate nel Campione dei religiosi del 1428 erano complessivamente 28, dei quali 13 nuovi, compresi quelli eletti dall’Arte della Lana.
68Per le pietre: O0204009.050vd e O0204009.056d; per la terra sgombrata O0204009.074vg.
69Per il giardino di ser Massaino: O0204012.002va; per l’orto dell’Opera: O0201078.016a; per l’orto di messer Bernardo Spini: O0202001.214vd.
71AOSMF, I 3 4, Bollario: cc. 1r-2r, 2v-3v, bolle di Gregorio XII (19 aprile 1408); cc. 3v-7, bolla di Giovanni XXIII (15 luglio 1413).
75O0202001.064i; O0202001.064l.
76Per l’inventario dei beni di ser Massaino: O0202001.067c; per messer Acciaiuoli: O0202001.070vd; per le maestranze: O0202001.071vf.
78Per l’acquisto: AOSMF, I 1 2, cc. 104-105v; per la suddivisione in due appartamenti: O0202001.178d.
79ASF, Notarile Antecosimiano, 1009, cc. 74 sgg.: «quedam domus cum curia terrato pergula et puteo de retro» e «quattuor domus ad unum se tenentes et contiguas».
80Ibidem, c. 123.
81Cfr. Appendice documentaria, doc. 7.
82Per la successiva assegnazione: O0202001.080vf; per il pagamento totale di f. 3.000: O0204012.071b. I venditori erano Gentile di Ghino di messer Roberto (f. 470): O0204012.078va; Agnolo di Gherardo (f. 170): O0204012.078c; Giovanni di Gherardo (f. 170): O0204012.078vd; Giovanni di Guglielmo (f. 450): O0204012.078vb; Roberto e Andrea di Bartolo (f. 600): O0204012.078vc; eredi di Bonifacio d’Ormanno (prezzo non specificato, ma presumibilmente f. 525): O0202001.082c; Zanobi di Gherardo (f. 615): O0204012.075e; monna Bice vedova di Gherardo figlia di Giovanni di Francesco d’Andrea.
83Cfr. Appendice documentaria, doc. 8.
84O0202001.097b; O0204012.094vc.
86O0202001.175e; O0202001.175g; O0202001.109va; O0202001.110h.
87Cfr. Appendice documentaria, docc. 9 e 10.
89O0202001.099a; O0202001.099b.
90O0202001.103va; O0202001.099vb.
92O0202001.175b e O0202001.175c; citato in Haines, La colonna della Dovizia, p. 351, nota 14.
94O0202001.108vd: «ponere cordam et mensuram corde ab angulo domuncule destructe contigue lodie de Bisdominis et cum ea ire usque ad alium angulum domus habitationis domini Andree de Empulo».
95O0202001.106vd; O0204012.108d.
99O0202001.111vi; O0202001.112e.
100O0204012.117b; O0204012.118b; O0202001.140a; O0202001.153vi; O0202001.225ve; O0204013.093g.
101O0202001.153vi; O0202001.179d; O0202001.214vh.
102O0202001.110e; O0202001.110vd; O0202001.111e.
104O0202001.176vc; O0202001.135vb.
105O0202001.136f; O0202001.140a.
106O0202001.177ve; O0202001.178d.
107O0202001.178vb; O0202001.166vg.
109O0202001.214vd; O0202001.179a.
111O0202001.213va; O0202001.217vf; O0202001.218vd.
113AOSMF, I 3 4, cc. 44v-47.
114Sulla trasformazione di San Piero Celoro in biblioteca cfr. Fabbri, «Sapientia aedificavit sibi domum»; AOSMF, I 1 3, cc. 75v-76v, «Super biblioteca librorum in claustro canonicorum ecclesie Sancte Marie Floris», in data 3 dicembre 1451.
115AOSMF, I 3 1, cc. 68-69: «el libraio deputato o che si deputasse al governo et guardia di decta libreria sia tenuto et obligato ogni giorno di lavorare la mattina aperta decta libreria almeno hore due cominciando a levata di sole et il giorno dopo vespro altre due hore, et non observando el chorista lo debba rassegnare et appuntare in soldi X per ogni volta».
116AOSMF, II 2 2, rispettivamente alle cc. 12v, 25v, 46v, 54v-55v, 74r, 76v.
117ACMF, Atti in originale e in copia, Scritture Varie, H 136, cc. 389-395.
118Settesoldi, La canonica di S. Maria del Fiore, pp. 10-11.
119AOSMF, I 1 3, c. 46v.
120Ibidem, cc. 83v-84v.
121Ibidem, cc. 68-69; 78v-80v; 98v-99.
122Ibidem, cc. 68-69.
123Ibidem, cc. 100v-102v.
124Cfr. Haines, Attorno a Santa Maria del Fiore, p. 321; Settesoldi, La canonica di S. Maria del Fiore, p. 11. Cfr. per la descrizione dell’area eseguita da Ferdinando Morozzi nel 1761 Appendice documentaria, doc. 14.
125ASF, Catasto lorenese, 3, pp. 1033-1034 (prepositura), 1039-1041 (arcidiaconato e decanato); 4, pp. 1380 (cappella di San Pier Celoro), 1387 (prebenda Martelli), 1487 (ospedale di San Paolo, con descrizione del forno sul canto dei Ricci), 1637-1644 (Opera di Santa Maria del Fiore); 5, p. 1891 (prebenda del suddecano); 6, pp. 2266 (compagnia della Misericordia), 2270-2271 (cappella di San Giuseppe), 2382-2383 (pieve di San Paolo in Rosso).
126Su Cacialli (Firenze 1770-1828) cfr. Dezzi Bardeschi, Giuseppe Cacialli.
127AOSMF, XI 2 3 (anni 1822/24), n. 14, cc. 168-181.
128Ibidem, n. 34, cc. 433-451.
129Ibidem, nn. 44-45-46, cc. 458-466; 520: Demolizione dell’antica canonica per raddrizzamento piazza, progetto Baccani. Sul progetto della sistemazione di Piazza del Duomo di Baccani cfr. Smith, Gaetano Baccani’s “Systematization”; sul Baccani architetto cfr. Bertano – Quartulli, Gaetano Baccani.
130AOSMF, XI 2 3, n. 44, cc. 433-451.
131Ibidem, n. 44, cc. 459-466v.
132Ibidem, XI 2 4 (anni 1825-1826), nn. 6-7-8-9-10, cc. 65-106; n. 12, cc. 123-130; nn. 36-38, cc. 353-470: Demolizione case canonicali.
133Sull’argomento cfr.: Lami, Sanctae Ecclesiae; Rotelli, Storia interna del Capitolo; Brucker, Firenze nel Rinascimento, pp. 141-175; Trexler, Public Life, pp. 12-43, 228, 263-264, 272; Weissman, Ritual Brotherhood, pp. 1-41; Bizzocchi, Chiesa e aristocrazia; Brucker, Urban Parishes; Bizzocchi, Chiesa e potere; Cohn, The Cult of Remembrance, capp. 2-3; Henderson, Piety and Charity; Peterson, The Cathedral, the Florentine Church; Peterson, La chiesa e lo stato territoriale; Najemy, The Beginnings of Florence Cathedral.
134Salvini, Catalogo cronologico.
135Davidsohn, Storia di Firenze, VII, pp. 7-8.
136Sulla figura del vescovo Antonio degli Orsi cfr. Rotelli, Un vescovo fiorentino del Trecento.
137Trexler, Synodal Law: edizione delle Costituzioni sinodali, pp. 293-296.
138Cfr. Bizzocchi, Chiesa e potere, pp. 20-21.
139Rotelli, Il Capitolo della cattedrale, pp. 50-52: i candidati erano Federico di Bartolo Bardi e Guglielmo Frescobaldi.
140Caggese, Statuti della Repubblica fiorentina, vol. I, pp. 245-246.
141Tanzini, Il vescovo e la città, p. 88.
142Dameron, Florence and Its Church, p. 222.
143Rotelli, Il Capitolo della cattedrale, p. 60.
144Ibidem, pp. 62-65; ACMF, Atti in originale e in copia, Scritture Varie, H 132.
145Cfr. Appendice documentaria, doc. 11.
146Rotelli, Il Capitolo della cattedrale, p. 63.
147Peterson, The Cathedral, the Florentine Church, p. 55. Sullo scisma d’Occidente e Firenze cfr. Sanesi, Episodi fiorentini; Lewin, Negotiating Survival.
148Archivio Arcivescovile di Firenze (d’ora in avanti AAF), Visite pastorali, 0001.2, cc. 35-67.
149Peterson, The Cathedral, the Florentine Church, p. 57.
150ASF, Signori, Legazioni e Commissarie, 1, cc. 113v-114; Archivio Segreto Vaticano, Registra Lateranensia, 61, cc. 102-102v.
151Per la figura di Amerigo Corsini cfr. Ristori, Amerigo Corsini; Molho, Florentine public finances, p. 57 sgg.; Trexler, Synodal Law, pp. 347-371.
152Per Pietro Corsini cfr. Gatti, «Ubi fui episcopus».
153Peterson, La chiesa e lo stato territoriale, p. 148.
154Tanzini, Il vescovo e la città, p. 98.
155Cfr. AAF, Visite pastorali, 0002.
156Cfr. sull’argomento Rotelli, Il Capitolo della cattedrale, p. 77; Peterson, Conciliarism, Republicanism and Corporativism; Peterson, Electoral Politics.
157Per le nuove costituzioni cfr. Appendice documentaria, docc. 12.1, 12.2.
158Peterson, The Cathedral, the Florentine Church, p. 75.
159L’autorità conferita all’Arte della Lana dai privilegi papali di Gregorio XII (19 aprile 1408) e di Giovanni XXIII (15 luglio 1413) venne ufficializzata il 26 novembre 1426 quando i Consoli col consenso del Comune ebbero il potere di eleggere i 4 ufficiali della sacrestia: cfr. AOSMF, I 3 4, cc. 1-10 e Haines, La Sacrestia delle Messe, pp. 36-37. Per avere una conferma dell’autorità concessa all’Arte della Lana sulle questioni inerenti il capitolo della cattedrale, cfr. ASF, Arte della Lana, Protocolli di riformagioni dei consoli, 50: c. 47, senza maggioranza a 14 fave nere non si può spendere in restauri nelle case del chiostro (4 marzo 1429); c. 62v, i consorti dei canonici non possono essere eletti in ufficiali della sacrestia (28 novembre 1429); c. 72, i canonici non possono riscuotere la prebenda se non dimostrano di aver adempiuto ai loro obblighi (7 febbraio 1430); c. 143, questione con canonici di San Lorenzo per il copricapo (10 ottobre 1432). I Consoli dell’Arte della Lana dal canto loro fanno riferimento alle costituzioni capitolari del 1427 e del 1430 nelle delibere congiunte con gli Operai dell’Opera di Santa Maria del Fiore: cfr. O0202001.172va (1427); O0202001.086vb (1428); O0202001.150b (1431).
160AOSMF, I 3 4, cc. 35v-36bis.
161Ibidem, cc. 36bis-44: «per totum annum et tempus continue quando veniunt et stant ad predictas missas et horas et earum quamlibet ut in proxima precedenti constitutionem dicitur pro Dey reverentia et honore dicte ecclesie florentine veniant et stent continue vestiti cocta linea et cum gufo seu almutia de vario de super bruno».
162Petriboni – Rinaldi, Priorista, p. 263: «Venerdì a dì xviii di marzo, a ore xv 1434 murì misser Amerigho di misser Filippo Corsini, arciveschovo di Firenze e a dì xxiii fu soppellito».
163Cfr. Bizzocchi, Chiesa e potere, pp. 22-25.
164Bizzocchi, Chiesa e potere, p. 14.
165Peterson, The Cathedral, the Florentine Church, p. 56.
166Rotelli, Il Capitolo della cattedrale, p. 75.
167Su Eugenio IV e gli umanisti a Firenze cfr. Boschetto, Società e cultura, pp. 479-533.
168Su Martino V cfr. Bianca, Martino V.
169ASF, Consulte e Pratiche, 44, cc. 130-131 e Boschetto, Società e cultura, p. 241; su Eugenio IV cfr. Hay, Eugenio IV.
170Martino V fu presente a Firenze dalla fine di febbraio 1419 fino al suo rientro in Roma il 9 settembre 1420. Eugenio IV soggiornò in città una prima volta dal 29 maggio 1434 al 25 marzo 1436, giorno della consacrazione della cattedrale, e successivamente dal 27 gennaio 1439 al 7 marzo 1443.
171Peterson, The Cathedral, the Florentine Church, p. 58.
172Fabbri, L’Opera di Santa Maria del Fiore, p. 327.
173Su San Lorenzo cfr. Cianfogni, Memorie istoriche; Bowsky, La chiesa di San Lorenzo; Viti, La chiesa e la città; San Lorenzo: A Florentine Church; sul rapporto della collegiata coi Medici cfr. Viti, San Lorenzo e i Medici nel Quattrocento; sulla questione relativa al privilegio concesso da Eugenio IV di indossare un abbigliamento simile a quello del capitolo del Duomo cfr. De Angelis, I canonici di San Lorenzo.
174Si tratta della bolla di Niccolò II per la nuova consacrazione di S. Lorenzo, in cui si nomina per la prima volta la canonica, cfr. Archivio di San Lorenzo di Firenze, Bullarium, 3895, pp. 15-18.
175Bizzocchi, Chiesa e potere, p. 91.
176Cianfogni, Memorie istoriche.
177Battista, Note su Francesco Maringhi.
178Salvini, Catalogo cronologico, pp. 28-47.
179È il caso di Giovanni di messer Maso Albizzi: O0202001.064i, O0202001.071a, O0202001.108vg e di Simone Rondinelli: O0201080.012vb, O0204008.088va.
180Cfr. Bartolomeo da Corneto, che ebbe l’assegnazione, ma non vi fece residenza: O0202001.227g.
181Cfr. Antonio di Donato di Jacopo Acciaiuoli eletto arcivescovo di Cefalonia nel 1427: O0202001.070vd, O0204012.061c; Giuliano Ricci arcivescovo di Pisa dal giugno 1418: O0201073.005vb, O0201073.014c, O0201073.014ve.
185AOSMF, I 3 4, cc. 16v-17v.
186Per la concessione data dal Comune e dalle bolle di Gregorio XII e Giovanni XXIII all’Arte della Lana di poter eleggere nuovi canonici e di occuparsi della sacrestia cfr. Appendice documentaria, doc. 13. Un riferimento alla delibera dei Priori per l’incarico: O0202001.080vf. Una conferma dell’autorità concessa all’Arte si trova in Petriboni – Rinaldi, Priorista, p. 201: «Domenicha mattina, a dì due d’aghosto 1427, si chantò messa maggiore in Santa Liperata e fu detta per l’arciveschovo di Firenze, et messo in tenuta et dodici canonici fatti per l’arciveschovo e ’ chalonaci di Santa Liperata, et per consoli dell’Arte della Lana».
187Si tratta di un gruppo di documenti piuttosto omogeneo che non richiede un’analisi specifica, pertanto ci limiteremo a suggerire due percorsi alternativi da seguire nella consultazione dell’edizione online de Gli anni della Cupola: nel primo caso si procederà da una ricerca di base nel campo ‘Soggetti 2’, poi in ‘Parole in Personale’, lettera P, dove comparirà una lista di termini tra i quali «prebenda/e» con 73 voci; nel secondo caso si potrà giungere allo stesso risultato da una ricerca nel campo ‘Soggetti 1’, quindi su ‘Personale’, da cui si accederà a 13 sottocampi, tra i quali si potrà scegliere ‘compensi - clero’ con 184 corrispondenze che, ordinate per data, danno il primo stanziamento del 23 dicembre 1427.
188Cfr. Salvini, Catalogo cronologico, p. 32; O0202001.064vb; O0202001.080vf; O0202001.104e; O0202001.150a.
190Cfr. per le provvigioni: O0201070.014a, O0201072.029d, O0201076.045b, O0201079.072a; per l’acquisto di case e terreno: O0201086.043c; O0201086.043d.
194Per il procedimento da seguire nella consultazione dell’edizione online de Gli anni della Cupola per assegnazioni di case e relative tasse a canonici e cappellani, ad esempio, si consiglia una ricerca di base nel campo ‘Soggetti 1’, quindi su ‘Beni immobili’, da cui si accede a 8 sottocampi, tra i quali si può scegliere ‘Assegnazione’: a questo punto, aprendo il sottocampo, si riscontrano ben 421 corrispondenze.
195O0201070.007vc; O0201070.018a; O0201070.022a; O0201079.051vd.
198O0202001.172va; O0202001.175vc.
199AOSMF, I 3 1, c. 42v (breve del 1485 sulla proibizione alle donne di risiedere nel chiostro).
200Guasti, Santa Maria del Fiore, doc. 233, p. 225.
201AOSMF, I 3 4, c. 39v: «Item statuimus et ordinamus quod, si quis canonicorum vel alius de capitulo vel cappellanorum vel clericorum ecclesie florentine de die vel de nocte mulierem suspectam introduxerit per se vel alium in canonicam florentinam propter causam inhonestam //vel qui eorum adzardum luserit, quadraginta soldos persolvat pro qualibet vice».
203O0202001.115vc; O0202001.117vd; O0202001.117ve.
204O0201076.018d. Baldassarre Cossa fu eletto da Martino V cardinale vescovo di Tuscolo il 23 giugno 1419; per le date non è possibile affermare che si tratti di Giovanni Vitelleschi eletto da Eugenio IV nel 1437 cardinale di Firenze.
205O0201070.003vd e O0201086.015b.
207Cfr. per esempio il divieto per la fideiussione sulla tassa della casa a parenti di canonici: O0202001.094b; o il divieto di distribuzioni senza permesso degli Operai: O0202001.255vm.
208Per la tribunetta, con offerta di pinocchiati: O0201077.070vd e O0204008.082va; per l’amministrazione della sacrestia colazione condivisa con Consoli e Operai: O0204012.028vb; per la festa della chiusura della cupola, ricca colazione a base di pane, vino, carne, frutta, cacio e maccheroni: O0204013.136g.
209Cfr. Liebenwein, Studiolo.
210Cfr. Thornton, The Scholar in his Study.
211Alberti, I libri della famiglia, vol. I, p. 219.
212Cfr. per esempio, Nicolò Pizzolo, cappella Ovetari degli Eremitani di Padova con i medaglioni dei Dottori della Chiesa; Vincenzo Foppa, cappella Portinari in Sant’Eustorgio di Milano, con i 4 tondi dei Dottori della Chiesa; Sandro Botticelli, Sant’Agostino nello studio, Firenze, Uffizi; Domenico Ghirlandaio, San Girolamo nello studio, Firenze, chiesa d’Ognissanti.
213Gli studioli più celebri sono quelli di: Federico da Montefeltro nel Palazzo Ducale d’Urbino; Isabella d’Este nel Palazzo Ducale di Mantova; Francesco I e Cosimo I in Palazzo Vecchio a Firenze. Al Metropolitan Museum of Art di New York si trova lo studiolo del Palazzo Ducale di Gubbio, con disegno attribuito a Francesco di Giorgio Martini ed esecuzione a Giuliano e Benedetto da Maiano negli anni 1478-1482. Le misure degli studioli variavano dai 3 ai 4 metri per lato. Cfr. Raggio, The Gubbio Studiolo; Raggio – Wilmering, Lo Studiolo di Federico; Gazzoldi, Lo studiolo.
214O0202001.074vb; O0204012.066vf; O0204012.061c.
220O0202001.082b; O0202001.089h; O0204012.109vl.
223O0204012.097h; O0204012.100c; O0204012.117vf.
224O0202001.098e; O0202001.107d; O0202001.111va.
225O0801001.085vg; O0204013.084b.
226ASF, Consigli Maggiori, Provvisioni, Registri, 61, c. 15v.
227Brucker, I cappellani della cattedrale.
228AOSMF, XI 2 3, n. 44, c. 439v.
229AOSMF, I 3 4, cc. 30v-32v.
230AOSMF, I 3 4, cc. 36bis-44.
232AOSMF, I 3 1, c. 39 (1428).
233Per elezione: O0202001.255vf; per il salario: O0204013.140f.
234O0202001.067b; O0202001.067c.
236O0202001.142vn; O0202001.147h; O0202001.147vb; O0202001.177vd; O0202001.149vb.
237O0201081.026c; O0202001.137vf.