The Years of the Cupola – Studies, 2015
Gli anni della Cupola – Studi, 2015
ISSN: 2364-6373

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Margaret Haines e Gabriella Battista 1

Un’altra storia

Nuove prospettive sul cantiere della cupola di Santa Maria del Fiore

Indice


Fig. 1. La cupola di Santa Maria del Fiore vista sopra il tetto della navata della chiesa. Foto ECHO.


1. Introduzione

La storia del cantiere della cupola di Filippo Brunelleschi è stata scritta innumerevoli volte, a partire dall’appassionato racconto che tiene il luogo d’onore nella prima biografia dell’artista composta attorno al 1480 da Antonio di Tuccio Manetti sulla base di testimonianze raccolte dallo stesso architetto prima della morte nel 1446; si era forse sentito il bisogno di rispondere all’affermazione lasciata nel frattempo da Lorenzo Ghiberti, lo sgradito compagno e rivale dell’architetto, nei propri Commentari, sulla professa parità dei due ‘provveditori’ dell’ardita costruzione.2 Le maestose e slanciate doppie volte che coronano la croce ottagonale della cattedrale di Firenze, erette senza l’impiego di armatura fissa per sorreggere la muratura in corso di opera, sono sempre state recepite come una delle più alte realizzazioni dell’ingegno umano, una sfida tecnologica della forma sul vuoto che aprì la via al Rinascimento e costituì il paragone per tutte le grandi cupole dell’epoca a venire (Fig. 1). Leon Battista Alberti guardò questa struttura con ammirato stupore quando era appena finita nel 1436 e oltre un secolo dopo Michelangelo Buonarroti la indagò come ‘grande sorella’ per il suo progetto della basilica di San Pietro.3 Da allora le storie della costruzione del ‘cupolone’ fiorentino si sono spesso fissate sulla personalità del suo inventore e sulle sue lotte per prevalere su competitori invidiosi, committenti riluttanti, maestranze timorose e fornitori infidi, prendendo spunto dalla visione eroica del Manetti, che fu ripresa, elaborata e lanciata a inossidabile fortuna nella Vita dell’architetto redatta da Giorgio Vasari.4 Il taglio personale ed accattivante dell’influente narrazione vasariana è infatti rimasto vivo nella letteratura popolare e nell’immaginazione moderna.

Eppure altre fonti per la storia della cupola hanno convissuto fin dall’inizio con le voci dei protagonisti, in particolare quelle dell’archivio amministrativo dell’Opera di Santa Maria del Fiore, addotte per dare peso ai loro asserti dagli stessi biografi Manetti e Vasari e rivisitate dagli eruditi fiorentini, come Filippo Baldinucci e figlio, per una nuova Vita dell’architetto.5 La considerazione della documentazione dell’Opera da parte degli storici fece comunque il grande salto in avanti solo dopo la metà del XIX secolo, grazie alla pubblicazione da parte di Cesare Guasti del suo prezioso volumetto di circa 400 atti relativi alla cupola durante e dopo il periodo brunelleschiano.6 Il giovane ed appassionato archivista confezionò i documenti prescelti entro una presentazione sistematica divisa in grandi categorie, incentrate sul ruolo dei supervisori e su altri aspetti del cantiere già segnalati nelle biografie, quali i modelli e le macchine costruttive, i materiali e i manufatti con specificazione dell’impiego, le indicazioni del progresso cronologico della costruzione. Non ignorò la cultura materiale e la logistica, ma fece rappresentare questi aspetti quotidiani da una scrematura di documenti inclusi perché ritenuti più prestigiosi o curiosi, mentre le linee dell’organizzazione e la gestione del cantiere rimanevano da abbozzare tramite censimenti delle menzioni casuali e sporadiche disseminate nei testi inclusi per altri fini.

La meritevole edizione del Guasti, di comoda consultazione anche per i ricercatori non specializzati, è ancora oggi frequentatissima, ma non sono mancate nei tempi successivi altre importanti ricerche nell’Archivio dell’Opera.7 Tra queste segnaliamo per il gran numero di testi raccolti e per la loro diretta inerenza alla presente tematica del cantiere della cupola l’appendice documentaria redatta da Howard Saalman nel volume dedicato alla cupola di Santa Maria del Fiore.8 L’impegnativo lavoro, iniziato negli anni Cinquanta del Novecento e sopravvissuto alla devastazione anche archivistica recata in Piazza del Duomo dall’alluvione del 1966 e ai conseguenti ostacoli alla ricerca, approdò alla stampa nel 1980. Lo scarso uso di questo materiale documentario fatto negli studi recenti si spiega, più che per la povera qualità dell’edizione degli atti trascritti ex novo interspersi con altri saggiamente ripresi dal competente Guasti, dalla presentazione frammentaria e idiosincratica delle fonti, tesa ad aderire all’uso fatto nel testo dell’autore e difficilmente usufruibili per altri scopi. La monografia di Saalman ha comunque recato un notevole contributo, non solo alla storia tecnologica della cupola con le considerazioni sviluppate in collaborazione con Roland Mainstone, ma anche a quella della gestione del cantiere da parte dell’Opera con una serie di schede sull’organizzazione istituzionale e sulle forniture di materiali.

Nel frattempo le celebrazioni per il VI centenario del Brunelleschi, che ricorreva nel 1977, avevano promosso studi di ogni genere sulla cupola di Santa Maria del Fiore.9 Alla vigilia di quest’appuntamento, e in risposta allo stato pericolante degli affreschi della cupola, si riaprì un nuovo capitolo nella lunga storia dei controlli della salute della struttura, crivellata fin dai tempi remoti da una preoccupante rete di fessurizzazioni. Come in passato, quando l’esame degli ‘screpoli’ rilevati nelle volte portò alla famosa serie dei rilievi della cattedrale eseguite da Giovan Battista Nelli alla fine del Seicento,10 l’allarme per la sicurezza della cupola avrebbe partorito nuovi strumenti per descrivere e conoscere la struttura in esame. Ai monumentali impegni del Ministero per i Beni culturali per il restauro degli affreschi del Vasari e dello Zuccheri nelle volte si affiancarono negli anni Settanta e Ottanta del Novecento le indagini sulla consistenza e sul comportamento del tessuto murario sotto la guida di due Commissioni di studio per la salvaguardia del monumento che raccoglieva molte competenze del mondo accademico.11 L’immenso e discusso ponteggio aereo che avvolse l’interno della cupola dal 1980 al 1995 offrì opportunità irripetibili di accesso all’intradosso della calotta interna. Fu installato un complesso sistema di monitoraggio strutturale i cui risultati sono stati oggetto di studi avanzati delle sollecitazioni e deformazioni del complesso. Il fiorire d’ipotesi sulla cupola a rotazione e sulla muratura a ‘corde blande’ sbocciato per il centenario trovò l’occasione per verifiche e approfondimenti. Con il grande rilievo fotogrammetrico realizzato dalla Soprintendenza è stata acquisita una mappa moderna, esatta e completa, della struttura di tutta la cupola, precisando le irregolarità e documentando lo stato delle lesioni.12

Il dibattito sulla composizione muraria, sul sistema di costruzione e sul comportamento meccanico della cupola di Santa Maria del Fiore è proseguito dopo la chiusura del cantiere di restauro, con la pubblicazione di summe del pensiero degli studiosi del periodo della commissione insieme alla presentazione di nuovi contributi maturati negli anni successivi e a una buona produzione di scritti destinati al più grande pubblico. Si possono ricordare, tra le tante iniziative, la fortunata mostra del 1997 che mise in primo piano il ruolo del cantiere brunelleschiano nella nascita della cultura ingegneristica del Rinascimento, gli studi scientifici raccolti nei grandi volumi curati da Giuseppe Rocchi e dal gruppo da lui guidato impegnato nel rilevamento critico del complesso della cattedrale, ma anche le sintesi proposte da Ippolito e Peroni e dai Fanelli, e le indagini matematiche-teoriche e i sondaggi tecnologici proseguiti con nuove strumentazioni da Corazzi e Conti.13 Non è questo ovviamente il luogo per abbozzare una rassegna bibliografica della sempre vivace letteratura scientifica dedicata alla cupola fiorentina, ma vorremmo fare notare come quasi tutti gli studi prodotti in ambienti specializzati dell’architettura e delle discipline scientifiche hanno dedicato scarsa attenzione all’analisi dei documenti d’archivio, tornando ad appoggiare le loro argomentazioni su pochi testi della già esigua scelta pubblicata da Guasti, tra l’altro non sempre bene interpretati. Alla continua corsa alla strumentazione tecnologica più aggiornata non è corrisposta l’integrazione dei dati acquisiti con il potenziamento della conoscenza filologica delle fonti, con conseguenti possibilità di percorrere nuovi approcci alla storia della cupola.

Questo nuovo strumento documentario esiste e, come gli altri avanzamenti scientifici compiuti negli ultimi decenni, è il prodotto di una lunga ed impegnativa gestione. Si chiama Gli anni della Cupola 1417-1436. Archivio digitale delle fonti dell’Opera di Santa Maria del Fiore, ed è un’edizione critica ed analitica di tutti gli atti amministrativi per il periodo relativo alla progettazione e alla costruzione della cupola conservati nell’archivio dell’Opera. Iniziò come progetto pilota alla fine del 1994 in prospettiva del VII centenario per la fondazione della cattedrale, nel contesto del quale fu presentato al convegno del 1997. Continuarono i lavori ancora per dodici anni prima di raggiungere il risultato di oltre 21.000 documenti trascritti e analizzati, resi disponibili in internet progressivamente dal 2001 al 2009.14 Questa vasta raccolta di fonti, quasi un autoritratto dell’amministrazione della cattedrale, potrebbe offrirci ancora un’altra storia del cantiere della cupola.

Che cosa comprende un grande archivio amministrativo come ci è pervenuto a Santa Maria del Fiore? Non, purtroppo, necessariamente quello che pensano di volere sapere gli studiosi. Per l’epoca della cupola, per esempio, l’archivio dell’Opera non conserva neanche un disegno, ma al massimo il ricordo di acquisto di ‘fogli reali’ per quelli andati perduti. Anche i programmi e capitolati dei lavori sono pochissimi, quelli già noti da tempo. Rari negli atti, e tipicamente rituali quando compaiono, sono gli accenni alla conflittualità o no tra i protagonisti provveditori della cupola o sulla sostanza delle discussioni tenute sulle grandi decisioni da prendersi in cantiere. Si registravano invece con grande meticolosità tutti i provvedimenti per il personale, per le forniture di materiali, per la contabilità del cantiere e la sua programmazione con rispetto alle attese entrate. Se, come crediamo, in un archivio è più importante sapere ascoltare che imporre i propri interrogativi, bisogna domandarsi che tipo di storia possa emergere da un tale strumento, messo oltretutto liberamente a disposizione di tutti gli utenti di internet. Si tratta di una documentazione sistematica che richiede uno studio sistematico, approcci non selettivi ma quantitativi e sintetici, una visione integrata dei fattori che compongono la complessa gestione dell’impresa registrati dalle penne degli ufficiali dell’Opera.

Questo lavoro è appena iniziato e il suo contributo a una storia epistemica dell’architettura è ancora da definire. Si intende aprire il discorso in questa sede con l’illustrazione di due esempi di tipologie di dati che offrono nuove prospettive sulle conoscenze acquisite sul cantiere dalla cupola.15 Nel primo si indaga sulla capacità delle maestranze dell’Opera di contribuire alla risoluzione dei problemi sorti nel corso della costruzione, come del resto previsto dal primo programma del 1420 («perché nel murare la praticha insegna quel che si ha da seguire») via via che la cupola cresceva.16 Fino ad oggi, la conoscenza della forza del lavoro della cattedrale è stata limitata all’individuazione di pochi collaboratori emergenti al fianco dei grandi ‘provveditori della cupola’, Brunelleschi e Ghiberti, come il fido capomaestro dell’Opera, Battista d’Antonio, anche se uno studio preliminare dei ruoli dei lavoratori nel cantiere di Santa Maria del Fiore ha dimostrato la relativa stabilità di salario e di servizio di cui godeva una parte di loro (core group) per lunghi tempi.17 Ora si possono seguire le carriere di tutto il personale retribuito a paga ordinaria nel cantiere, non solo per le vicissitudini salariali e occupazionali, ma anche per discernere le capacità individuali e le prestazioni straordinarie che caratterizzavano un gruppo di maestranze consolidato e privilegiato nel contesto dell’instabile mercato del lavoro tra medioevo e prima età moderna.

L’esempio presentato in questa sede non pretende di essere rappresentativo di tutti i lavoratori che collaborarono alla cupola del Duomo fiorentino, ma di illustrare come un individuo di umili origini, Jacopo di Sandro scalpellatore, abbia dimostrato di possedere discreta capacità di leadership e di imprenditorialità e di avere saputo acquisire competenze specifiche all’interno del cantiere. Non a caso approderà all’ambita nomina di provveditore di una delle imprese esterne gestite dall’Opera per conto del Comune, la rocca disegnata dallo stesso Filippo Brunelleschi per la fortificazione di Vicopisano. La leggendaria reticenza a condividere le sue invenzioni attribuita all’architetto difficilmente caratterizzava il rapporto con un realizzatore come Jacopo e il luogo della trasmissione del sapere risulta essere stato proprio il grande laboratorio costituito dall’ambiente del lavoro.

Il secondo esempio di censimento della nuova documentazione completa, scelto nel campo della fornitura di materiali per la costruzione della cupola, vuole suggerire come gli stessi documenti possano offrire preziosi strumenti per la conoscenza dei cosiddetti ‘segreti’ costruttivi che ancora oggi, nonostante esami endoscopici, di metal detector, di georadar e di quant’altro il futuro offrirà, si celano nello spessore delle calotte della cupola. Viene presa in esame la complessa contabilità relativa all’ordinativo, alla produzione, alla consegna e al saldo per un gruppo di ciclopiche pietre di macigno che insieme serravano l’anello di chiusura della cupola. Si tratta di una documentazione finora pubblicata in modo frammentario e pertanto difficilmente interrogabile per valutare il numero e le dimensioni dei componenti lapidei di questa cruciale fase finale della struttura. Un censimento ragionato delle grandi pietre offre allettanti possibilità di visualizzazione della struttura brunelleschiana finora rimasta a livello d’ipotesi.

Nessuno dei due ‘case studies’ qui presentati è ‘preconfezionato’ nell’edizione online, la quale, per quanto ricchissima di indici e di percorsi di ricerca guidata, si limita ad analizzare fedelmente i soli dati espliciti in ogni testo documentario. L’invito è di avvicinarsi alla banca dati rappresentata ne Gli anni della Cupola, per quanto fornita di nuovi e potenti strumenti di information retrieval, con il rispetto dovuto ad ogni archivio storico, dove il ricercatore coscienzioso valuterà il significato dei singoli atti nell’insieme istituzionale della documentazione. Le nostre due schede accennano a questi percorsi, vere e proprie strategie di ricerca, simili a quelle che lo studioso non frettoloso ha sempre messo in atto per trarre storia da un contesto amministrativo. Se la lettura, il reperimento e la comprensione iniziale delle fonti dell’Opera sono immensamente agevolati dall’edizione online, non per questo il compito dello storico diventa più facile. Anzi, esso è reso più impegnativo dalla ricchezza di materiale da prendere in esame.

2. Un maestro ritrovato: Jacopo di Sandro

La documentazione oggi completa de Gli anni della Cupola permette di svolgere indagini approfondite su personaggi, eventi e materiali nel loro rapporto agli stati di avanzamento del cantiere brunelleschiano. Si è scelto come esempio, tra i molteplici casi analoghi, lo studio di uno scalpellatore, finora praticamente sconosciuto, seguito per tutto il periodo nel suo iter lavorativo. La sua attività può illuminarci sulle ricche e varie capacità delle maestranze a disposizione del cantiere, sulla flessibilità del loro impiego, sulla convivenza di prestazioni di carattere salariale e di natura imprenditoriale. Il cantiere, infatti, non era composto solo da un paio di supervisori e grandi artisti seguiti da un esercito di senza nome e senza discernimento, ma da collaboratori di lunga data, anche di più generazioni, in grado di guadagnarsi la fiducia dell’amministrazione e dello stesso Brunelleschi.

L’oggetto della nostra attenzione sarà Jacopo di Sandro, uno dei tanti maestri che lavorarono nel cantiere per tutto il ventennio della costruzione della cupola. Partendo da una ricerca di base negli Indici per Nominativi dell’edizione online troveremo che è stato recensito 272 volte come Jacopo di Sandro e come Papi di Sandro, nella forma abbreviata toscana del suo nome, in 179, per un totale di 451.18 Non sussistono dubbi che si tratti dello stesso personaggio, poiché molti documenti, tra loro in rapporto, lo citano usando indifferentemente le due versioni del nome, come accade per esempio in una delibera relativa a un suo compenso redatta in latino dal notaio (O0202001.190vh), che propone un link a un documento parallelo, il ricordo in volgare dello stesso atto nel libro del provveditore (O0204004.014f). 19 Numerosi altri rapporti tra latino e volgare, ufficiale e informale, ne confermano l’identità, avvertendo l’utente che si accinge ad usare Gli anni della Cupola della necessità di cercare il maestro anche sotto il nome di Papi. Il caso è simile a quello del grande protagonista dell’edizione, Filippo/Pippo di ser Brunellesco, architetto della cupola.20

Il primo passo da compiere per inquadrare Jacopo nel suo ruolo di maestro a paga ordinaria è quello di svolgere una ricerca a Soggetti 1 in Personale-compensi. Sfogliando i documenti a lui relativi è possibile, infatti, tracciare un profilo dei salari attribuitigli negli anni. Dall’indagine emerge una ricchezza notevole di dati sia per le paghe che per le prestazioni straordinarie da lui effettuate per l’Opera, tanto che si è ritenuto opportuno censire non solo la paga giornaliera, ma anche i vari incarichi che svolse nel tempo all’interno del cantiere, retribuiti, comunque, a salario o con supplemento specifico di salario (provvisione). Questo materiale è sintetizzato, per facilitarne la consultazione, nella tabella A dell’Appendice, dove è suddiviso per categorie: salario ordinario; provvisione per prestazioni straordinarie; prestazioni straordinarie; missioni e servizi supplementari.

Per la documentazione concernente i salari per maestri, scalpellatori e manovali siamo in possesso di dati piuttosto completi, se si eccettuano le registrazioni relative a due semestri (inverno 1421-1422 e estate 1435), che non furono annotate. Come si può dedurre esaminando il salario di Jacopo di Sandro, il suo compenso giornaliero di base (evidenziato in corsivo nella tabella A), salito da 15 ½ soldi a 17 ½ soldi nei primi due anni censiti dall’estate del 1417, non subì poi forti oscillazioni e rimase abbastanza costante nelle due variabili di salario invernale e estivo, quest’ultimo di regola leggermente più alto in considerazione della maggiore durata della giornata lavorativa e dell’incrementata richiesta di mercato. Comunque al momento della crisi finanziaria dell’Opera, allorché fu deliberata il 15 giugno del 1431 una diminuzione di soldi 2 per tutti i salari (O0202001.143vb), anche la paga di Jacopo subì la stessa sorte, essendo ridotta a solo soldi 15 ½ per i prossimi due inverni. La paga estiva si attestava per quasi tutto il periodo della cupola attorno a 17 ½ soldi. Se confrontiamo questi dati con altre retribuzioni a paga giornaliera dello stesso periodo, sia nello stesso luogo di lavoro, nel quale solo il capomaestro Battista d’Antonio e altri sei o sette maestri ricevevano a giornata soldi 20 (pari a 1 lira), sia in altri cantieri o addirittura in altre categorie di salariati, possiamo affermare che i compensi di Jacopo si collocano in una fascia medio-alta, indice di prestanze apprezzate, anche se non al vertice del cantiere.21 La sua presenza costante per tutto il ventennio della cupola nelle registrazioni delle paghe ordinarie descrive una carriera di lavoro continuo, sicuramente un privilegio per lui, ma anche la prova dell’apprezzamento da parte dell’Opera per i suoi servigi.

La relativa stabilità del compenso corrisponde all’andamento salariale di un maestro in età di piena attività lavorativa. Jacopo era nato probabilmente nel 1395 e pertanto, durante il periodo preso in esame, aveva tra i 22 e i 40 anni. La sua data di nascita risulta dalla ‘portata’ al Catasto (denuncia dei redditi) del 1427, che ci fornisce anche altri dati per conoscere più approfonditamente il nostro personaggio. La denuncia fiscale fu presentata da «Papi di Sandro di Francescho scharpellatore» d’età di 32 anni, con moglie e quattro figli.22 Essendovi precisato, oltre al patronimico, anche il nome dell’avo, ci troviamo in possesso di un’altra notizia utile per inquadrare Jacopo all’interno dell’Opera, poiché una verifica nei ruoli delle maestranze prima della cupola rivela che un Sandro di Francesco scalpellatore, sicuramente suo padre, entrò fino dal novembre 1382 in servizio alla cattedrale, dove proseguì la sua modesta carriera per quasi quarant’anni.23 Jacopo, come accadeva spesso nell’Opera,24 fu probabilmente inserito nel cantiere perché figlio di un lavorante già presente: la sua prima elezione tra 36 scalpellatori risulta il 16 agosto 1412, quando avrebbe avuto circa 17 anni.25

Al lavoro svolto come maestro a carattere di paga ordinaria si aggiunsero prestazioni qualificate retribuite spesso a provvisione giornaliera. Come si può vedere nella tabella A, troviamo tra le qualifiche a lui attribuite nelle Prestazioni straordinarie quella di ‘scrivano delle giornate’ e di ‘provveditore’. Il termine ‘provveditore’ è presente in più contesti: abituro del Papa; cava di Trassinaia; cupola. Questo termine compare nelle fonti dell’Opera per indicare vari tipi di supervisori, dalle cariche più alte a mansioni modeste.26 Per Jacopo viene usato per la prima volta nel 1419, quando è eletto provveditore ai lavori per gli appartamenti papali di Martino V nel convento di Santa Maria Novella, commissione affidata all’Opera dal Comune.27 Il suo compito è ben definito: tenere conto delle spese fatte e sollecitare i lavoranti ivi impegnati,28 ruolo da non confondere, naturalmente, con quello di autore di progetti, generalmente riferito a Lorenzo Ghiberti.29 In un altro atto del maggio 1420 proprio per questo suo impegno Jacopo è designato ‘scrivano delle giornate [lavorative delle maestranze]’ e nello stesso documento si fa riferimento a un ‘libro delle giornate’, che era tenuto a compilare. Il compenso per questa sua attività, non stabilito al momento dell’elezione, è presumibilmente costituito dai 5 fiorini attribuitigli alla fine dei lavori nel dicembre 1419, e va inteso come un sovrappiù ad eventuali paghe giornaliere ricevute.30 Papi di Sandro si mostrò talmente qualificato nello svolgimento di questa mansione che il suo lavoro svolto ai tempi di Martino V fu preso ad esempio quando la registrazione delle opere delle maestranze per gli allestimenti per Eugenio IV nel 1434 venne affidata allo scrivano delle giornate.31

Ricompare la qualifica di provveditore per il ruolo svolto da Jacopo in diverse stagioni presso la cava tenuta dall’Opera in località Trassinaia, presso Settignano: estate 1421, in cui è incaricato di risiedere alla cava e di tenere il conto delle giornate per lo scrivano, estate 1423 e un breve periodo nel 1430, quando sostituisce il provveditore in carica al momento della sua morte.32 Il compenso per l’attività di supervisione viene espresso come paga giornaliera maggiorata.33 Percepì infatti un salario di 20 o 21 soldi, quando svolse in cava contemporaneamente il suo lavoro e la prestazione straordinaria, come si desume dalla registrazione d’aumento di salario riportata in tabella A. Egli stava quindi lavorando insieme agli altri scalpellatori, ma aveva una marcia in più: sapeva scrivere e tenere di conto e si responsabilizzò come l’uomo dell’Opera in sede dislocata, dove l’ordinario, stipendiato ‘scrivano alle giornate’ non era presente con la sua clessidra a imporre i ritmi di lavoro.

Via via che la cupola cresceva di altezza, sembra che questo scrivano, il fedelissimo e regolarissimo Filippozzo di Giovenco Bastari, non fosse più in grado di controllare tutto il cantiere; nel settembre del 1430 Jacopo di Sandro venne nominato come ‘provveditore sulla cupola’ con il compito di tenere conto dei lavoranti in alto con gli stessi criteri del Bastari, ma con un compenso corrisposto sotto forma di aumento di un soldo e mezzo rispetto alla paga giornaliera. Questo bonus portò il suo salario a soldi 17 e 19 tra inverno ed estate, ristabilendo, nonostante la decurtazione di soldi 2 per la crisi dell’Opera precedentemente detta, un livello assai alto nella graduatoria delle maestranze. Fu riconfermato in questa prestazione straordinaria anche per l’estate del 1431e l’incarico durò fino all’estate successiva.

Contemporaneamente ai lavori a paga giornaliera Jacopo svolse per l’Opera anche servizi straordinari, retribuiti, come vedremo, a regime diverso in base all’incarico. Presumibilmente fu chiamato a svolgere queste mansioni per la sua affidabilità e per le sue capacità imprenditoriali, unite al fatto che sapesse leggere, scrivere e far di conto. Si può valutare quante e di che tipo fossero, servendoci della sottocategoria Altre menzioni nella struttura predisposta nell’edizione, sempre in Soggetti 1 - Personale, in cui sono raccolte le attività straordinarie dei lavoranti dell’Opera. Tra le tipologie di incarichi di fiducia che gli furono affidati piuttosto regolarmente almeno due si presentano come costanti nel tempo: la collaborazione alla fornitura al cantiere del legname proveniente dalla foresta dell’Opera in Casentino, con vari viaggi nella selva dal 1421 al 1435, e alla supervisione alle fornaci documentata dal 1423 al 1436. Questo tipo di prestazioni di lavoro in trasferta e le missioni saltuarie, sono riportate nella tabella A sotto la voce ‘Missioni e servizi’, e offrono un profilo che si delinea ricco e vario. Il primo incarico che Jacopo ricevette per la gestione del legname è segnalato in tabella A da una delibera del 15 marzo 1421 quando il camarlingo fu autorizzato a dare nelle sue mani ‘a pericolo dell’Opera’ la notevole somma di 200 lire da spendere per fare trasportare legname tagliato giacente nella selva. Gli atti successivi relativi allo stesso trasporto dimostrano che l’Opera lo ritenne ben presto idoneo per questo incarico, conferendogli la responsabilità di distribuire tra i conduttori, come egli avrebbe ritenuto più opportuno, tale somma, comunque a lui addebitata. I conduttori da parte loro furono obbligati al rimborso delle spese da lui sostenute nei diversi viaggi fatti nei mesi di marzo, aprile, maggio e luglio per sollecitarne il trasporto. Alle spedizioni nella selva per controllare e seguire il taglio e trasporto del legname, che si susseguirono fino al giugno 1423, si aggiunsero altre incombenze, come aver sostituito il provveditore nel ricevere ed annotare il legname giunto al porto di San Francesco nel 1421 e i vari pagamenti della tassa (gabella) imposta dal Comune, troppo numerosi per essere censiti nella tabella A. Dal luglio del 1423, forse per non avere conflitti d’interesse, dal momento che, come vedremo, era diventato a sua volta conduttore di legname, ebbe dall’Opera pochi incarichi, legati soprattutto al recupero di legname disperso in Arno e alla verifica dei danni subiti. Riprese ad occuparsi della selva dell’Opera nel 1431, quando fu autorizzato a conferire un contratto per taglio di legname a chi avesse ritenuto più utile per l’Opera; nel 1432 gli furono attribuite ben 76 lire per giornate lavorative, cavallo e altre spese sostenute durante più viaggi alla selva. Nel 1433 fu richiamato dal contado di Pisa, dove molto probabilmente era stato inviato con il capomaestro ed altri a guastare i castelli, per andare nella selva per occuparsi del trasporto di olmi tagliati per le catene di fortificazione della chiesa.

L’altra competenza importante e duratura nel tempo fu quella relativa alle fornaci. L’Opera nel 1423 decise di fare un esperimento autonomo per una prova della ‘cotta’ dei «quadroni», i grandi mattoni speciali destinati alla cupola, per cui erano sorti disaccordi relativi alle dimensioni, alla qualità e al prezzo. Dette a Jacopo l’incarico di seguire sul posto, a Lastra, tutto il procedimento, dall’acquisto del legname per alimentare il fuoco necessario, all’infornatura di 12.500 quadroni e 3.500 tra mattoni e pianelle, allo stanziamento per i focolaioli e per il portatore di legna, alla chiusura e ripulitura della fornace con la sistemazione del manufatto. Si trattava di un impegno di grande responsabilità, poiché doveva organizzare e gestire con correttezza una squadra di lavoro, curando per l’Opera la loro retribuzione e le spese. Il tempo impiegato per fare questa prova fu di 15 giorni, che gli furono retribuiti a una paga giornaliera molto alta di soldi 20, cui si aggiunsero stanziamenti extra, uno di lire 7 e soldi 10 per infornare e uno di lire 5 e soldi 12 per la fase di vuotatura, ed il rimborso per il legname arso. Sicuramente, forte di quest’esperienza, ebbe modo di conoscere a fondo anche questo materiale, come già era accaduto col legname, tanto che nel corso degli anni compì frequenti viaggi alle fornaci nella zona di Lastra, Campi e Settimo per controllare la produzione dei quadroni per la cupola e per sollecitare la loro consegna. Probabilmente seguì anche la nuova cotta sperimentale di quadroni del febbraio 1427 e fu incaricato di presiedere alla vuotatura della fornace di Settimo nel 1436. Nello stesso anno, per esempio, fu rimborsato per spese fatte «in servigio de l’Opera» a far traghettare sull’Arno una mandata di quadroni.

Le sue missioni non si limitarono, comunque, alla selva e alle fornaci: nel 1430 Jacopo fu incaricato di andare a Vada sulla costa per recuperare colonne e lapidi dalla chiesa antica; nel 1434 fu inviato per 8 giorni a Carrara per sollecitare la fornitura di marmo. Per questo suo viaggio, retribuito a salario, l’Opera tenne a precisare che il compenso doveva essere addebitato ai conduttori.

Come emerge dallo studio dei documenti Papi fu retribuito anche nel caso della cotta di quadroni del 1423, come già si è visto per il legname, a paga giornaliera, come se fosse stato presente in cantiere, ed ebbe rimborsi solo per le spese sostenute. Va comunque tenuto presente che questi servizi esterni sono compensati in vari modi e non sempre i dati presenti nei singoli atti sono sufficienti per inquadrarli come lavoro salariato con l’aggiunta di spese in qualità di maestro dell’Opera. Quando non rilevati sotto Personale-maestranze, saranno comunque trattati in Indici-nomi, dove compaiono tutte le persone presenti negli atti dell’edizione, con qualsiasi attività, e dove il ricercatore, armato della conoscenza dei nomi e qualifiche da esaminare, potrà proseguire le indagini. Jacopo di Sandro svolse per l’Opera anche servizi supplementari, che emergono specialmente dall’analisi delle partite di spese minute, normalmente intestate ai messi e famigli dell’Opera, cui faceva capo la gestione quotidiana di piccoli compiti, acquisti, mance e così via. Alcuni elementi del personale dell’Opera incaricati di sbrigare le faccende quotidiane compaiono frequentemente in queste partite e Jacopo è certamente tra i più presenti. Nel suo piccolo, il nostro Papi risulta essere stato testimone del concorso per la costruzione della grande cupola: nel gennaio del 1418, qualificato come «garzone di qui», comprò mezza risma di fogli, sicuramente per disegni (O0204008.010a), e in settembre acquistò «due treciuole di chorda per Pipo di ser Brunelescho», proprio quando l’architetto stava realizzando, sotto costante osservazione, il modello in muratura a dimostrazione della fattibilità del suo progetto per erigere la cupola senza armatura (O0204008.030va). La disponibilità a sbrigare i piccoli compiti quotidiani caratterizzò il nostro Papi per tutta la durata del cantiere della cupola: nel 1433 comprò, per esempio, un orologio per lo scrivano delle giornate (O0204013.063a) e nel 1434 acquistò trebbiano, melarance, pane e susine per una colazione offerta ai consoli dell’Arte della Lana in visita all’Opera (O0204013.077a).

Se di regola queste numerosissime menzioni di servizi minuti sono escluse dalla tabella A, si è fatto eccezione per l’annaffiatura delle mura in costruzione nel gran caldo dei mesi estivi e l’illuminazione in alto su campanile e cupola nelle notti di grandi feste. In questi anni, infatti, Jacopo è incaricato in più occasioni di accendere i «panelli» (fuochi) sulla muratura: nel 1431, per l’elezione di Papa Eugenio IV, questa spettacolare illuminazione era posta ancora sul campanile, ma nel 1434, quando il pontefice fugace da Roma approdò in territorio fiorentino a Livorno, i fuochi potevano già tracciare la sagoma della cupola quasi terminata, ripresa poi nella sua perfezione il 25 marzo 1436, la sera della consacrazione del tempio. Si tratta di un’incombenza di grande responsabilità e rischio, da realizzarsi presumibilmente da operatori calati e assicurati a corde mentre davano fuoco ai panelli di cenci imbevuti di grasso fissati sui costoloni esterni della cupola. Il servizio speciale gli venne pagato una tantum, in aggiunta alla paga ordinaria, soldi 10.34 Anche per questi servizi supplementari dimostrò di avere le competenze per organizzare squadre di lavoro per compiti straordinari.

Se questo tipo di prestazione rappresenta una piccola imprenditorialità, altre fonti indicano che Jacopo, con il passare del tempo, entra anche in regime di contratto autonomo per un certo impegno con l’Opera per la materia che conosce ormai molto bene: l’organizzazione del trasporto del legname. Un quadro completo sulle sue condotte di legname è riportato nella tabella B in Appendice.

La prima allogagione (contratto) della durata triennale per taglio e trasporto di almeno 500 traini,35 pagati a lire 2 soldi 19 e denari 6 il traino, è datata 27 luglio 1423, circa un mese dopo un suo soggiorno piuttosto lungo nella selva per incarico dell’Opera. Presumibilmente in questo periodo aveva avuto la possibilità, risiedendo in loco, di organizzare la condotta anche da lontano: il contratto, infatti, gli fu conferito assieme al compagno Francesco di Giovanni Comucci da San Godenzo, abitante sul posto e che già aveva collaborato coll’Opera come conduttore in proprio.36 Nell’allogagione, redatta molto dettagliatamente, si dichiarava che lo scalpellatore Papi di Sandro poteva continuare a lavorare nell’Opera come maestro.37 Si trattava di una committenza piuttosto consistente, che avrebbe potuto segnare l’inizio di altre forniture altrettanto importanti se la guerra contro Milano non avesse impedito il buon esito di questa prima grossa allogagione. L’impossibilità di trasportare dalla selva il legname già tagliato, che marciva, produsse un effetto dannoso sia per l’Opera che per i due conduttori, tanto che nel 1428 furono presi provvedimenti per concludere la condotta interrotta a causa di questo evento. Comunque fino al 1433 sono documentate, come sintetizzate nella tabella B, diverse forniture con pagamenti intestati a Jacopo, con e senza il compagno, segno che la sua attività imprenditoriale continuava ad essere ritenuta vantaggiosa dalle due parti. L’ultimo documento censito, con lo stanziamento di 100 lire per la consegna a valle di un’altra partita di legname, riguarda una condotta in suo nome e sono condizionate alla consegna entro il 15 ottobre 1433. Anche in questo caso egli è qualificato come scalpellatore e conduttore: si ricorda, cioè, il suo continuo ruolo nell’Opera, ma si specifica che agisce in veste di contraente esterno.38 I due ruoli potevano convivere, perché Jacopo probabilmente subappaltava il trasporto oggetto del contratto grazie a una rete di rapporti già stabiliti nei trascorsi negozi per conto dell’Opera, limitandosi forse ad investire in questa attività denaro o servizi personali presso Santa Maria del Fiore. Bisogna comunque precisare che dare a un lavorante del cantiere un appalto esterno, pur mantenendo con lui un rapporto salariale continuativo, costituisce un fatto piuttosto inusuale, anche se un comportamento analogo si era verificato nel campo delle condotte di marmo.39

Il punto di arrivo della carriera di Jacopo durante Gli anni della Cupola è di nuovo una supervisione dislocata, ma finalmente retribuita con lo stipendio fisso mensile tipico del cete dirigente e non a giornata. A cupola ormai ultimata, nel maggio del 1436 egli diventò il provveditore in loco della muraglia di Vicopisano, importante opera di fortificazione brunelleschiana commissionata all’Opera dal Comune di Firenze. Per le competenze che aveva dimostrato di possedere nel corso del ventennio e per la stima che si era guadagnata per la sua correttezza nello svolgimento di attività di fiducia, fu promosso con questo incarico a un ruolo dirigenziale.40 Percepiva uno stipendio personale e riceveva e dispensava rilevanti somme di denaro per pagare i fornaciai e i manovali che lavorarono all’impresa (O0204013.113vb, O0204013.129e, O0204013.130i, O0204013.136a, O0204013.136c, O0204013.138vf, O0204013.140h). Gettando uno sguardo verso gli anni successivi al limite cronologico del nostro progetto, troviamo che l’incarico a Vico sembra averlo tenuto fuori Firenze fino al 1443,41 ma anche da lontano Jacopo manteneva l’abitudine di servire l’Opera in più vesti.

Uno dei rari documenti precedentemente editi che lo concernono è l’accordo del gennaio del 1443 per far trasportare 16 grandi blocchi di marmo per la lanterna della cupola dalla cava a Carrara fino alla riva del mare.42 Nel 1452 si registrò un suo credito per aver portato in data ignota un blocco statuario destinato allo scultore Giovanni di Bartolo Rosso dall’Alpe alla marina43 e si ricorda anche la fornitura di una lapide per la scala della lanterna nel 1445.44

L’attività varia e quasi frenetica di Jacopo di Sandro emerge chiaramente dalla consultazione de Gli anni della Cupola: una carriera concentrata sull’Opera di Santa Maria del Fiore, ma per niente una storia piatta di scalpellino fisso nel cantiere giorno dopo giorno. Nonostante una paga non eccelsa, il maestro riusciva a incrementare il proprio guadagno, attraverso una serie di servizi supplementari, facendo valere un livello d’istruzione probabilmente sopra la norma nella sua categoria, per quanto riguarda la capacità organizzativa e amministrativa, l’attitudine alla supervisione sulla manovalanza, la disponibilità a spostamenti frequenti e prolungati e ad avventurarsi in piccole condotte imprenditoriali. La sua microstoria non sarebbe potuto essere ricostruita con il tipo di documentazione edita prima de Gli anni della Cupola. I pochi esempi delle commissioni dalle spese minute riportati nell’appendice documentaria di Saalman non sono riconducibili a Jacopo, il cui nome è omesso in quasi tutti i casi.45 Uno studio assai attento alla documentazione dei personaggi attivi in ambiente brunelleschiano non ha rilevato alcuna fonte su Jacopo durante il cantiere della cupola.46 Si conoscevano l’andata a Vada, i fuochi per la consacrazione e un piccolo gruppo di documenti sulla fornitura del legname per le catene delle navate laterali della chiesa (1431, 1433) grazie alle trascrizioni più complete del Poggi, ora adeguatamente indicizzate.47 La sua elezione a Vicopisano ha trovato posto in nota di un recente studio sul borgo e il suo castello, senza rilevare che la nomina deriva senz’altro dalla fiducia dell’Opera e dell’architetto conquistata in decenni di collaborazione.48 Ma la tipologia di un maestro mezzo ‘dipendente’ e mezzo piccolo imprenditore è ancora da studiare in tutto il suo significato socio-economico e artistico. Viene comunque spontaneo paragonare la crescita personale di Jacopo all’interno dell’Opera con la crescita della cupola: tale cantiere probabilmente fu per le maestranze anche un luogo di sperimentazione, un laboratorio per imparare. Chi vorrà frequentare il sito della cupola troverà infatti che l’esempio di Jacopo di Sandro non è isolato.

3. Il puzzle della chiusura della cupola

Crosssection

Fig 2. Sezione della cupola di Santa Maria del Fiore con visione delle due calotte, dei tre camminamenti (1, 2, 3) e in alto sotto la lanterna l’anello di chiusura (4, evidenziato in giallo).
Per gentile concessione al progetto ECHO dalla Soprintendenza BAPSAE di Firenze, Pistoia e Prato.

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Una seconda tipologia di ricerca ne Gli anni della Cupola con interrogazione a Soggetti incrociati serve per ricostruire una fase cruciale della costruzione della cupola, quella dell’anello di chiusura che serra insieme le due calotte e incorpora il piano su cui verrà a gravare la lanterna marmorea, prevista dall’inizio della costruzione (Fig. 2, area evidenziata in giallo). Gli studi su questo componente finale della cupola non sono numerosi. Tra le opere recenti si possono segnalare, dopo la pagina documentata di Saalman, la scheda descrittiva di Ippolito e le rappresentazioni grafiche dell’area proposte da lui e da Corazzi (Figg. 3-4). 49

Ippolito

Fig. 3. Spaccato prospettico del ‘serraglio’ della cupola di Santa Maria del Fiore, studio grafico di Lamberto Ippolito.
Da Ippolito – Peroni, La cupola, fig. 22.

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Corazzi

Fig. 4. Rappresentazione grafica del ‘serraglio’ della cupola di Santa Maria del Fiore, Roberto Corazzi.
Da Corazzi – Conti – Marini, Cupola, fig. 18.

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La comprensione della cronologia dei lavori per l’anello di chiusura è stata compromessa dall’errata identificazione di una catena di macigni che risulta essere ultimata nel luglio del 1433, contemporaneamente ai lavori per le catene di rinforzo fabbricate in legno e ferro sopra le volte delle navate laterali.50 Si tratta necessariamente non della terza catena, che si trova a tre quarti del profilo della cupola sotto il terzo camminamento databile attorno al 1430 (Fig. 2), ma della quarta, cioè quella incorporata nella struttura anulare del serraglio. L’inizio dei lavori per l’anello di chiusura risale, come subito vedremo, al periodo 1432-1433 e non al 1435.51

L’indagine sul serraglio nell’edizione online può iniziare dalla categoria Destinazioni con l’esame dei testi raccolti nella sottocategoria cupola/tamburo. Ordinando le voci contenute in questa sezione in senso cronologico, si ottiene una prima visione della storia della chiusura della cupola, che si apre nel giugno del 1432 con una delibera ben nota agli studiosi (O0202001.163a): Brunelleschi, Ghiberti e il capomaestro devono fare eseguire un modello a grandezza naturale del vano della lanterna che, allestito in alto, permetterà di visualizzare l’apertura reale che resterà a cupola finita.52 Nell’agosto, in seguito ad un censimento di giudizi dei cittadini e ‘intelligenti’, furono approvate le dimensioni del modello, che fissavano il diametro dell’apertura verso la lanterna in 10 braccia (circa 5,84 metri).53 Ai primi di settembre due degli operai, gli ufficiali responsabili dell’Opera, furono autorizzati a commissionare la fornitura di pietre di macigno (la pietra arenaria, nota oggi come ‘pietra serena’, cavata nelle colline a nord di Firenze a Fiesole, Vincigliata e Settignano) per la cupola, destinazione specificata nel ricordo in volgare come «l’onchio della lanterna» (fornitura sintetizzata nella tabella C.1 in Appendice). Il primo pagamento per le pietre porta la data del 17 settembre 1432 e lo possiamo leggere in due versioni parallele: lo stanziamento ufficiale fornisce il nome completo del conduttore, Antonio di Bartolo da Fiesole, ma è il ricordo del provveditore che indica, come al solito, la destinazione come l’occhio della lanterna.

Sorvoliamo sui noti pagamenti al legnaiolo, Antonio di Manetto, per l’esecuzione del modello, che, a giudicare dalla descrizione – «come àno a stare le pietre de l’occhio della lanterna» – deve avere affrontato l’articolazione della struttura nei suoi componenti lapidei,54 per seguire, sempre nella tabella C.1, la vicenda delle stesse pietre. Il 30 ottobre il solito scalpellatore fiesolano, Antonio di Bartolo, ricevette un secondo acconto di 25 lire per 32 pietre grandi per la lanterna. In questo caso il documento parallelo, una ricordanza del provveditore che specifica il nome del conduttore e il numero delle pietre in contratto, ma non la loro destinazione, avverte il ricercatore che, per avere una documentazione completa, pietra per pietra, dei componenti lapidei dell’anello di chiusura dovrà affiancare all’interrogazione per destinazione una ricerca nel campo Materiali. Di fronte alle numerose risposte che si ottengono per acquisti - lapidei dopo l’estate del 1432, sarà la cognizione dei particolari delle commissioni (‘condotte’) aperte che permetterà di distinguere i materiali per l’anello della cupola da quelli per altre destinazioni.55 Si riconoscono facilmente le due versioni di un nuovo acconto del 28 novembre ad Antonio di Bartolo per le 32 pietre, cui segue in data 18 dicembre 1432 il saldo della ragione, identificata un’altra volta in uno dei testi come per 32 pietre grosse ormai fatte. I conduttori hanno riscosso un totale di 105 lire e 12 soldi, vale a dire 3 lire e 6 soldi per ognuna di queste grosse pietre, di cui non conosciamo altre specificazioni, dato che l’allogagione fu fatta esternamente dai due operai.

Per riunire e studiare un materiale documentario così ricco, ma così variabile nella forma e nel contenuto, il ricercatore dovrà provvedere a creare raggruppamenti concepiti come organismi, dotati di una loro logica e compiutezza: una partita di lapidi decisa, commissionata, lavorata, consegnata, pagata fino al resto, messa in opera. A dimostrazione di questa visione, abbiamo sintetizzato in tabelle i gruppi rilevanti di atti sulla fornitura delle pietre di macigno ordinate a partire dal 1432 per la chiusura della cupola. Ne emerge una decina di condotte distinte relative a lapidi di differenti forme, dimensioni, prezzi e provenienze.

A questo punto possiamo cominciare a ‘fare storia’ dai documenti. Si osserva che molti quantitativi di lapidi ordinati risultano essere multipli di otto, il numero dei segmenti della cupola. Le prime condotte, distribuite entro la fine del 1432 e consegnate entro marzo del 1433 comprendono le 32 pietre grandi per l’occhio appena considerate e altre 48 pietre di macigno per cui la destinazione non è specificata. Le seconde, per cui la misura (3 e 1/2 x 3/4 x 3/4 braccia) è nota, erano, a giudicare dal prezzo unitario, più piccole delle prime: quindi 4 pietre grandi e 6 piccole per ogni segmento (tabelle C.1 e C.3). Essendo arrivati in cantiere diversi mesi prima della posa in opera dell’ultima catena di macigni sotto il corridoio del serraglio, avrebbero potuto fare parte di questa struttura di rinforzo, ma anche dello stesso occhio, per cui si celebrò la muratura delle lapidi con un barile di vino offerto ai maestri il 12 giugno 1434.56 Sempre divisibili tra gli otto segmenti sono 24 cardinaletti (2 x 2/3 x 1/2 braccia), per cui non sono registrati pagamenti, forse perché, come vedremo, eseguiti a regime di giornate di lavoro anziché secondo il contratto ricordato (tabella C.2).

Con l’estate del 1433 si apre un nuovo capitolo con le disposizioni per la fornitura di 128 pietre di macigno per la chiusura della cupola, chiamata in un testo volgare particolarmente espressivo la «cherica» della lanterna (tabella C.4), alludendo alla tonsura clericale a forma di cerchio. In luglio uno degli operai, Andrea Rondinelli, con l’incarico di allogare queste pietre, cavalcò fino alla cava di Trassinaia in direzione di Settignano, accompagnato dal capomaestro Battista d’Antonio e da Brunelleschi, questi ultimi evidentemente a piedi o forse sopra uno dei tanti carri che facevano solco tra la cava e l’Opera con a bordo il barile di vino offerto ai maestri del luogo. Dal conviviale incontro non ne uscì il solito contratto-allogagione, ma un accordo deve esservi stato. In agosto venne autorizzato un nuovo contratto con il proprietario della cava per ben 6 anni dal novembre successivo, allo scopo di cavarne le 128 lapidi, e in ottobre un accordo con i carradori per la loro vettura descrive la lunghezza eccezionale di questi componenti in circa 6 braccia (3,5 metri).

Nel frattempo la condotta si era scissa in due e già dall’inizio di agosto 1433 il capomaestro aveva ordine di fare eseguire 64 pietre nella cava di Trassinaia direttamente dalla squadra dell’Opera (tabella C.5). Solo quattro mesi più tardi, però, assistiamo a un regolare contratto a due conduttori per la fattura di 50 pietre, con tanto di bella specificazione della qualità della pietra («masso») e della lavorazione richiesta («a canto vivo e subbiate alla grossa»), sempre nella cava di Trassinaia. Si parla in quest’occasione di altre 8 pietre già pervenute dalla cava e poi di 4 che furono riscattate dai conduttori al momento del loro primo pagamento. Ne mancano solo 2 al totale di 64 già fatte nel maggio del 1434, anche se il conteggio finale di questa fornitura per il piano della lanterna aspetterà il gennaio successivo.

Mentre erano ancora in lavorazione le prime lapidi dell’occhio, nel dicembre 1432, fu registrata una singolare delibera per cui a due ufficiali stabili dell’Opera, il capomaestro e il provveditore contabile, venne fatto obbligo di avvertire gli operai, che ruotavano nell’ufficio ogni quattro mesi, della possibilità di scegliere tra la solita cava di Trassinaia e quella del poggio fiesolano, ritenuta buona fonte alternativa di pietra di macigno per le applicazioni del cantiere (O0202001.194vl e O0204004.017c). Venne così preparato il terreno per il risultato del concorso per la seconda partita di 64 pietre per il piano della lanterna, bandito nel gennaio del 1434 (tabella C.6). La condotta fu assegnata a due scalpellatori, Biagio e Marco da Fiesole, con l’indicazione di estrarre il materiale in una località precisa presso le mura della cittadina etrusca. Il prezzo unitario fissato è minore di quello pagato a Trassinaia (l. 6 contro l. 6 s. 16), ma il trasporto risulta più caro (l. 3 s. 10 contro l. 3), in modo da ridurre la convenienza a soli 6 soldi per lapide. Nella prassi, poi, la consegna di questa seconda partita di pietre avvenne in tempi molto meno puntuali di quella di Trassinaia, e anche il prezzo si gonfiò con il ritardo. Ad un anno e mezzo dal contratto, fu ritenuto necessario sollecitare gli ufficiali dell’Opera per fare recare le pietre a spese dell’Opera ed a questi patti il trasporto è registrato fino a tutto il 1435. Intanto venne data facoltà al capomaestro di dare di nuovo in condotta 6 di queste pietre, descritte come già allogate a ‘certi maestri da Fiesole’. Forse questa era solo una minaccia. Il saldo ai primi conduttori nel febbraio 1436, più di due anni dopo l’inizio della vicenda e a un mese dalla solenne consacrazione della cattedrale, superò di oltre 30 lire il costo massimo previsto. A questo totale va probabilmente aggiunto il piccolo resto stanziato a Marco per 3 pietre grandi del piano della lanterna il 31 agosto 1436, il giorno dopo la solenne benedizione della cupola ad opera del vescovo di Fiesole (O0204013.136g).

Nell’intervallo in cui si completava l’ordine per le lapidi per il piano della lanterna furono distribuite altre condotte per macigni destinati all’anello di chiusura. 16 occhi per l’ultimo andito della cupola, allogati agli stessi conduttori della seconda partita delle pietre lunghe, al prezzo di lire 4 ognuno, venivano presumibilmente dalla cava già indicata a Fiesole (tabella C.8). I contraenti delle 48 pietre e delle prime 64, Vanni di Stefano e compagni, furono invece incaricati nel marzo del 1434 di fare nella cava di Trassinaia 16 pietre per la chiusura della cupola «de novo» (tabella C.7). Queste, descritte come destinate al piano o serraglio della lanterna e valutate a ben 5 lire e mezzo per pezzo, non risultano pagate separatamente in regime di condotta e forse costituivano una partita supplementare compresa nella condotta delle 64 pietre, ancora aperta in questo periodo. Non sarebbero da confondersi con i 16 lastroni per il piano dell’ultimo andito della cupola, allogati allo stesso Vanni nel settembre 1434 al prezzo unitario di 2 lire, più 22 soldi per la caricatura sui carri, probabilmente in seguito al bando per 24 lastroni preparato da Brunelleschi un mese prima (tabella C.10). In questo caso è menzionata una cava «sua» (di Vanni) a Trassinaia. Non sappiamo da quale cava furono estratte 18 pietre vendute all’Opera in questo tempo per 2 lire 17 soldi ognuna, ma la provenienza da Settignano del venditore Checco di Domenico farebbe propendere per la zona di Trassinaia (tabella C.9).

Uno studio così capillare, proponibile soltanto di fronte a una documentazione totale, apre nuove possibilità di ricerca. Una di queste, svolta in collaborazione con i geologi del Dipartimento delle Scienze della Terra dell’Università di Firenze, ha permesso di identificare e rilevare le antiche cave di pietra serena di Trassinaia.57 Un’indagine lungo il fossato del torrente Trassinaia, che dal poggio di Vincigliata scorre a valle per confluire nel Mensola, ha permesso di riconoscere nell’ampio fronte di cava ora seminascosto nel bosco in alto il probabile sito per la storica cava dei macigni della cupola. Tutta questa zona, ancora oggi disseminata di cave, tra cui la famosa e più tarda Cava delle Colonne, era nel Quattrocento proprietà degli Alessandri, famiglia leader nella gestione dell’Opera, che aveva dato in affitto una sua cava per tutta la durata della costruzione della cupola. Il raffronto con la documentazione ha guidato l’identificazione delle falde di pietra serena idonee, per potenza e composizione, alla produzione delle forniture lapidee di grandi dimensioni e della qualità specificata ne Gli anni della Cupola.

La documentazione sulla fornitura delle pietre che assicurano la cupola in alto potrebbe permettere comunque altri chiarimenti sulla struttura attraverso la verifica della presenza degli elementi lapidei descritti rispetto a quelli oggi rilevabili a occhio nudo o con altri mezzi. (Figg. 5-6).

Figure 5 rullo 9 Foto 2

Fig. 5. Cupola di Santa Maria del Fiore, veduta dell’interno dell’anello di chiusura, vela 4 (sud-est) verso vela 5 (est). Foto ECHO.

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Figure 6 Rullo 10 Foto 2
Fig. 6. Cupola di Santa Maria del Fiore, veduta dell’interno dell’anello di chiusura, vela 4 (sud-est) verso apertura nel vano della lanterna. Foto ECHO.
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Alcuni elementi sono facilmente riscontrabili, come i 16 occhi di macigno che, due per ogni segmento dell’ultimo andito, si affacciano verso l’intercapedine tra le due calotte ai lati di ognuna delle otto scale che salgono direttamente sull’estradosso della calotta interna (Fig. 7).

Figure 7 Rullo 12 Foto 2

Fig. 7. Cupola di Santa Maria del Fiore, anello di chiusura, vela 1 (ovest), occhio di macigno che si affaccia al vano tra le due calotte. Foto ECHO.

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Figure 8 Rullo 11 Foto 5
Fig. 8. Cupola di Santa Maria del Fiore, anello di chiusura, soffitto della vela 4 (sud-est) con le grandi pietre di macigno disposte a ventaglio. Foto ECHO.
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Ben visibili sopra la testa di chi entra nell’ultimo andito all’interno dell’anello di chiusura della cupola, per quanto fino ad ora non rilevate dagli studi, sono anche le grandi pietre, lunghe 6 braccia, che, disposte a piattabanda, formano appunto il piano sul quale si fonda l’immenso peso della lanterna marmorea, in via di progettazione finale dal 1434 (Fig. 8). Si contano 8 di questi elementi sopra ogni segmento dell’ottagono, ma i documenti parlano di 128, 16 per lato, di cui alcuni forniti all’ultimo momento. Possono essere disposti in due strati? Quali i motivi e i vantaggi di una tale scelta?

Siamo al punto in cui l’attenzione diretta ai nuovi dati sui materiali della costruzione deve fondersi con le conoscenze acquisite del costruito e con la comprensione della cultura scientifica dei costruttori. Noi, in qualità di curatori dell’edizione delle fonti, non possiamo compiere questo passo, ma possiamo e dobbiamo dare indicazioni sull’interpretazione della documentazione sempre più vasta e complessa che va presa in considerazione. Un intero archivio amministrativo richiede di essere valutato nel suo insieme, e da questo sforzo può emergere un’altra storia, quella della gestione del cantiere testimoniata da chi l’ha messa in atto, passo passo per 16 anni. I nostri due esempi di un maestro e delle pietre per la chiave di volta, vorrebbero dare l’inizio a questo processo.


Appendice


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Tabella C.5

64 pietre di macigno per il piano della lanterna – Trassinaia

Data

Intestazione

Oggetto

Importo o misure

Codice

1433 ago 6

Capomaestro

Ordine di fare fare 64 pietre di macigno nella cava degli Alessandri a Trassinaia a spese dell’Opera.


O0202001.204d

1433 ago 6


Ordine di fare fare 64 pietre di masso per la cupola nella cava degli Alessandri a Trassinaia secondo le indicazioni del capomaestro.


O0204004.026l

1433 dic 16

Vanni e Biagio di Stefano da Settignano

Allogagione di 50 pietre di masso per il piano della lanterna, a canto vivo e subbiate alla grossa, dalla cava di Trassinaia, da due massi indicati o altrove. Consegna nella cava per tutto marzo con obbligo di sgombrare la cava di scaglie e caricare le pietre sui carri.A fine commessa i conduttori devono tornare a lavorare nell’Opera.

Misure date dal capomaestro e Brunelleschi. Prezzo per unità

l. 6 s. 16 più grosso 1 per caricatura.

l. 24 per sgombratura cava.

Anticipo di l. 60

O0204004.030n

1433 dic 17

Biagio e Vanni di Stefano da Settignano

Allogagione di 50 pietre di macignio come 8 già venute da Trassinaia.

Lunghe e larghe come 8 pietre già consegnate

O0204004.030va

1434 mar 3

Vanni di Stefano e compagni scalpellatori da Settignano

Per 4 pietre comperò di quelle rimaste a Settignano quando vi si lavorava a giornata.

l. 9

O0204013.071g

1434 mar 3

Vanni di Stefano e compagni

-

-

O0204004.033vq

1434 mar 3

Vanni e Stefano e compagni scalpellatori da Settignano

Pietre grandi per il piano della lanterna: per parte

l. 40

O0204013.071h

1434 mar 3

Vanni di Stefano e compagni

Pietre: per parte

-

O0204004.033vr

1434 mag 28

Vanni di Stefano e compagni da Settignano maestri

64 macigni fatti e consegnati nella cava di Trassinaia: per parte

l. 100

O0204013.076b

1434 mag 28

Vanni di Stefano e compagni

Avendo condotto le 64 pietre, possono tornare a lavorare a giornata nell’Opera.


O0202001.217f

1434 lug 30

Vanni di Stefano da Settignano

64 pietre fatte alla cava di Trassinaia: per parte

l. 100

O0204013.079vn

1435 gen 26

Vanni di Stefano da Settignano e compagni

Pietre del piano della lanterna: per restp

l. 141 s. 16 d. 8 per resto

O0204013.087vf



Totale pagato

l. 450 s. 16 d. 8*



Prezzo per unità

l. 6 s. 16



*La ragione non è del tutto risolta. Al prezzo unitario dichiarato per fornitura e caricatura, 64 pietre avrebbero avuto il valore di l. 454 s. 10 (o 50 pietre di l. 355). Non è certo che il conteggio riguardi tutte le 64 pietre, di cui alcune sembrano anteriori alla condotta di 50. Inoltre vi è menzione nei pagamenti della sgombratura della cava prevista nell’allogagione.




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Tabella C.6

64 pietre di macigno per il piano della lanterna – Fiesole

Data

Intestazione

Oggetto

Importo o misure

Codice

1434 gen 9


Bando per fare 64 pietre di macigno di falda grossa per il piano sul quale si deve fondare la lanterna. Nel poggio di Settignano o di Fiesole, consegna in cava. Scadenza 15 giorni


O0202001.209b

1434 gen 9


Ricordo del bando per 64 pietre di falda grossa da Fiesole o da Settignano. Scritte da affiggersi a Fiesole, a Settignano, all’Opera, all’Arte dei Maestri.


O0204004.031ve

1434 gen 18

Marco e Biagio e compagni da Fiesole

(Battista d’Antonio e Filippo di ser Brunellesco da parte dell’Opera)

Autorizzazione ad allogare 64 pietre di macigno di falda grossa nella cava del poggio di Fiesole presso le mura, nel luogo di Roberto Salviati e fratello. Si può allogare anche il trasporto delle pietre.

Misure saranno fornite da Battista e Brunelleschi. Prezzo per unità

l. 6. Prezzo max. trasporto l. 3 s. 10.

O0202001.209vb

1434 gen 19

Marco e Biagio da Fiesole

Ricordo di allogagione di 64 macigni.

Misure e modano come per quelle di Settignano. Prezzo nella cava l. 6.

O0204004.031vq

1434 gen 19

idem

Ricordo di facoltà di allogare trasporto delle 64 pietre

Trasporto per unità max. l. 3 s. 10

O0204004.031vr

1434 feb 12

Biagio di Mone del Ricco

Macigni grandi per il piano della lanterna

l. 60

O0204013.069ve

1434 feb 12

Biagio di Mone di Ricco

Pietre: per autorizzazione di Battista

idem

O0204004.032vo

1434 set 15

Biagio di Simone del Ricco e Marco di Nanni di Sandro maestri da Fiesole

64 pietre di macigno per il piano della lanterna: per parte

l. 200

O0204013.081vg

1435 gen 11

Biagio di Simone del Ricco e compagni da Fiesole

Pietre del piano della lanterna: per parte

l. 40

O0204013.087vd

1435 mag 4

Provveditore

Faccia venire con sollecitudine le pietre del piano della lanterna che sono a Fiesole


O0204004.037vb

1435 giu 9

Battista d’Antonio capomaestro

Deve fare condurre le lapidi di macigno per il piano della lanterna a spese dell’Opera


O0202001.235vf

1435 nov 15

Biagio di Simone del Ricco e compagni da Fiesole

Pietre del piano della lanterna, pagamento per conto dei conduttori direttamente ai carradori

l. 100

O0204013.109ve

1435 dic 19

Capomaestro

Può allogare 6 pietre di macigno per il piano della lanterna, già allogate a certi maestri di Fiesole.

Prezzo a discrezione.

O0202001.245vg

1435 dic 30

Biagio di Simone del Ricco e compagni da Fiesole

Pietre del piano della lanterna: per parte, pagamento per loro ai carradori

l. 18 s. 16

O0204013.114b

1435 ott 5 - dic 30

Biagio di Simone del Ricco e compagni conduttori delle pietre del piano della lanterna

Conto di cassa con pagamenti a vari carradori per vetture delle dette pietre da 5 ottobre a 23 dicembre

l. 118 s. 16 (totale dei 2 stanziamenti per carradori)

O0801002.068va

1436 feb 28

Biagio di Simone del Ricco da Fiesole e compagni

Pietre del piano della lanterna: per resto

l. 221 s. 4

O0204013.120a

1436 ago 31

Marco di Giovanni del Miciante da Fiesole*

3 pietre grandi di quelle del piano della lanterna vendute all’Opera: per resto

l. 4 s. 12 d. 4

O0204013.137a



Totale pagato

l. 644 s. 12 d. 4



Prezzo per unità
l. 6


*L’identità con Marco di Nanni di Sandro da Fiesole è probabile. Si nota comunque che la dicitura ‘vendute all’Opera’ per le pietre è insolita in seno a una condotta. Forse lo status del maestro ha risentito del provvedimento del 19 dicembre di modificare l’allogagione originale.

Il totale pagato supera il prezzo previsto, che era di l. 9 s. 10 per pietra, incluso trasporto: quindi per 64 pietre = l. 608. Una parte del trasporto, a spese dell’Opera, è presumibilmente rappresentato dai pagamenti dati ai carradori.




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Tabella C.7

16 pietre di macigno per la chiusura della cupola

Data

Intestazione

Oggetto

Importo o misure

Codice

1434 mar 17

Vanni di Stefano e compagni

Facciano 16 pietre di macigno per la chiusura della cupola e il piano della lanterna («de novo») nella cava di Trassinaia.

Prezzo sarà dichiarato dagli operai; misure dal capomaestro.

O0202001.211va

1434 mar 17

Battista capomaestro

Autorizzato ad allogare 16 pietre per la chiusura dell’occhio della lanterna.


O0204004.034g

1434 apr 20


Prezzo stabilito per trasporto di 16 pietre fatte nella cava di Trassinaia.

Prezzo s. 52 per ogni pietra per trasporto

O0202001.215c

1434 apr 20


Prezzo stabilito per 16 pietre del serraglio per la lanterna

Prezzo s. 52 ognuna

O0204004.036f

1434 lug 1


Prezzo stabilito per 16 pietre di macigno fatte per la chiusura del piano della lanterna

Prezzo l. 5 s. 10 per ogni pietra

O0202001.218e


Non risultano pagamenti per questa ragione*




*La vicenda delle 16 pietre per il piano della lanterna è forse da inserire nella documentazione relativa alle 64 pietre per questa destinazione preparate nella cava di Trassinaia dagli stessi scalpellini. Si nota però una differenza di prezzo per produzione e per vettura.




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Tabella C.8

16 occhi di macigno per l’ultimo andito della cupola

Data

Intestazione

Oggetto

Importo o misure

Codice

1434 mar 24

Filippo di ser Brunellesco e il capomaestro dell’Opera

Possono allogare 16 occhi di macigno per la cupola.

Prezzo massimo

l. 4 ogni macigno

O0202001.212b

1434 mar 24

Filippo di ser Brunellesco e Battista capomaestro

Possono allogare 16 occhi di macigno.

Prezzo massimo

l. 4 ognuno. Diametro circa

1 braccio

O0204004.034vd

1434 mag 12

Biagio di Simone del Ricco e Marco di Nanni di Sandro

16 occhi fatti per l’ultimo andito della cupola

l. 50

Prezzo per unità

l. 4

O0204013.075va

1434 mag 13

Biagio di Simone del Ricco e Marcho di Nanni di Sandro

16 occhi di macigno fatti per l’ultimo andito e chiusura della cupola: per resto

l. 14 per resto

O0204013.075vg



Totale pagato

l. 64




Prezzo per unità
l. 4




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Tabella C.9

18 pietre di macigno per la chiusura della cupola

Data

Intestazione

Oggetto

Importo o misure

Codice

1434 lug 30

Filippo di ser Brunellesco e il capomaestro

Possono allogare 18 pietre di macigno per la chiusura della cupola.

Misure saranno specificate da Brunelleschi. Prezzo a discrezione

O0202001.219vd

1434 set 10

Checco di Domenico di Giusto da Settignano

Vende 18 pietre all’Opera.

l. 56 s. 5

Prezzo per unità

l. 2 s. 17

O0204013.081e

1434 set 10

Checco di Domenico di Giusto da Settignano

- per resto

l. 56 s. 5

O0204004.037b

1434 ott 20
1435 gen 28
Domenico di Giusto e Giusto suo figliolo
Conto di cassa include partita accreditata da Checco di Domenico.
l. 56 s. 5
O0801001.058vb


Totale pagato

l. 56 s. 5




Prezzo per unità
l. 2 s. 17*

*Al prezzo dichiarato 18 unità valevano l. 51 s. 6. La differenze riguarda probabilmente il trasporto.




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Tabella C.10

24 poi 16 lastroni di macigno per la cupola 16 lastroni di macigno per la chiusura della cupola

Data

Intestazione

Oggetto

Importo o misure

Codice

1434 ago 6

notaio dell’Opera e Filippo di ser Brunellesco

Deve affiggere un bando per la fornitura di 24 lastroni per la cupola.

Misure specificate da Brunelleschi. Prezzo più basso offerto.

O0202001.219vf

1434 set 2

Vanni di Stefano da Settignano

Allogagione di 16 lastroni di macigno per la chiusura della cupola. Finita la condotta, il conduttore può tornare a lavorare nell’Opera.

Prezzo per unità l. 2

O0202001.221ve

1434 set 2

Vanni di Stefano da Settignano

Anticipo per la condotta di 16 lastroni per il piano dell’ultimo andito della cupola.

l. 10

O0204013.080vl

1434 nov 18

Vanni di Stefano da Settignano

16 lastroni fatti alla cava sua di Trassinaia: per resto

l. 33 s. 2 (prezzo per unità l. 2, per caricatura s. 22)

O0204013.084c

1434 dic 1
Vanni di Stefano da Settignano
Conto di cassa include accredito per resto di pietre della lanterna e riappropriazione per stanziamento che non doveva avere.
l. 33 s. 2
(addebito l. 10)
O0801001.071vc


Totale pagato

l. 43 s. 2


Prezzo per unità
l. 2



Opere citate

Fonti inedite

Archivio dell'Opera di Santa Maria del Fiore:

II 1 15, Bastardello di deliberazioni, 1382

II 1 62, Bastardello di deliberazioni, 1412

II 2 2, Registro di deliberazioni, 1436-1442

II 4 17, Bastardello di stanziamenti, 1443-1447


Archivio di Stato di Firenze:

Catasto, 81, Quartiere San Giovanni, Gonfalone Vaio, 1427

Catasto, 628, Quartiere San Giovanni, Gonfalone Vaio, 1442

Prestanze, Estimo 1379, Quartiere San Giovanni, Gonfalone Vaio


Fonti edite e studi

Alberti, Leon Battista, On Painting and On Sculpture. The Latin texts of De Pictura and De Statua, a cura di Cecil Grayson, London, Phaidon, 1972.

Baldinucci, Filippo e Francesco Saverio Baldinucci, Vita di Filippo Brunelleschi, in Zibaldone Baldinucciano, a cura di Bruno Santi, vol. I, Firenze, SPES, 1980, pp. 255-315; vol. II, Firenze, SPES, 1981, pp. 510-562 (nota critica del Curatore).

Barbi, Luciano e Francesco P. Di Teodoro, 1695-1698: i rilievi di Giovanni Battista Nelli per la cupola di Santa Maria del Fiore, «Rivista d’Arte», XLI, 1989, pp. 57-111.

Battaglia, Salvatore, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, UTET, 2002.

Brunelleschiani. Francesco della Luna, Andrea di Lazzaro Cavalcanti detto il Buggiano, Antonio Manetti Ciaccheri, Giovanni di Domenico da Gaiole, Betto d’Antonio, Antonio di Betto, Giovanni di Piero del Ticcia, Cecchino di Giaggio, Salvi d’Andrea, Maso di Bartolomeo, Roma, Officina, 1979.

Coli, Massimo et al., The ‘Pietra Serena’ Stones of Brunelleschi’s Cupola, «Journal of Cultural Heritage», IX, 2, 2008, pp. 214-221.

Corazzi, Roberto e Giuseppe Conti, Il segreto della Cupola di Brunelleschi a Firenze, Firenze, A. Pontecorboli, 2011.

Corazzi, Roberto, Giuseppe Conti e Stefania Marini, Cupola di Santa Maria del Fiore tra ipotesi e realtà, Bologna, 2005.

Cortonesi, Alfio, Maestranze e cantieri edili nell’Europa tardomedievale, «Studi storici», XXIV, 1-2, 1983, pp. 263-274.

La Cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze. Il rilievo fotogrammetrico, a cura di Riccardo Dalla Negra, Livorno, Sillabe, 2004.

Dalla Negra, Riccardo, La cupola del Brunelleschi: il cantiere, le indagini, i rilievi, in Cupola di Santa Maria del Fiore. Il cantiere di restauro 1980-1995, a cura di Cristina Acidini Luchinat e Riccardo Dalla Negra, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1995, pp. 1-45.

Di Stefano, Roberto, Confronto fra due cupole, in Filippo Brunelleschi: la sua opera e il suo tempo [v.], vol. II, pp. 871-882.

Doren, Alfred, Zum Bau der Florentiner Domkuppel, «Repertorium für Kunstwissenschaft», XXI, 1898, pp. 249-261.

Fanelli, Giovanni e Michele Fanelli, La Cupola del Brunelleschi. Storia e futuro di una grande struttura, Firenze, Mandragora, 2004.

Fanucci Lovitch, Miria, Vicopisano: la rocca vecchia verso la porta ‘Gostantina’ e la casa del podestà presso detta porta, in Nuovi studi di storia e di archeologia su Vicopisano, a cura di Fabio Redi e Miria Fanucci Lovitch, Pisa, Pacini, 1998.

Filippo Brunelleschi: la sua opera e il suo tempo, Firenze, Centro Di, 1980, 2 voll.

Franceschi, Franco, Governare le manifatture. Istituzioni e attività economica a Firenze (1350-1450), Pisa, Pacini, 2009.

Galluzzi, Paolo, Le colonne ‘fesse’ degli Uffizi e gli ‘screpoli’ della cupola. Il contributo di Vincenzo Viviani al dibattito sulla stabilità della cupola del Brunelleschi (1694-1697), «Annali dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze», II, 1977, pp. 77-111.

Ghiberti, Lorenzo, I Commentarii, a cura di Lorenzo Bartoli, Firenze, Giunti, 1998.

Giorgi, Luca e Pietro Matracchi, Santa Maria del Fiore, facciata, corpo basilicale, cupola, in S. Maria del Fiore. Teorie e storie dell’archeologia e del restauro nella città delle fabbriche arnolfiane [v.], pp. 329-342.

Giorgi, Luca e Giuseppe Rocchi Coopmans de Yoldi, Santa Maria del Fiore e San Pietro: due cupole a confronto, in S. Maria del Fiore. Teorie e storie dell’archeologia e del restauro nella città delle fabbriche arnolfiane [v.], pp. 329-342.

Guasti, Cesare, La cupola di Santa Maria del Fiore illustrata con i documenti dell’archivio dell’Opera Secolare. Saggio di una compiuta illustrazione dell’Opera Secolare e del tempio di Santa Maria del Fiore, Firenze, Barbèra Bianchi, 1857 (rist. an. Bologna, Forni, 1996).

Guasti, Cesare, Santa Maria del Fiore. La costruzione della chiesa e del campanile secondo i documenti tratti dall’archivio dell’Opera Secolare e da quello di Stato, Firenze, Ricci, 1887 (rist. an. Bologna, Forni, 1974).

Haines, Margaret, The Builders of Santa Maria del Fiore: an Episode of 1475 and an Essay towards its Context, in Renaissance Studies in Honor of Craig Hugh Smyth, vol. I, Firenze, Giunti Barbèra, 1985, pp. 89-115.

Haines, Margaret, Myth and Management in the Construction of Brunelleschi’s Cupola, «I Tatti Studies», XIV-XV, 2011-2012, pp. 47-101.

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Ippolito, Lamberto e Chiara Peroni, La cupola di Santa Maria del Fiore, Roma, Nuova Italia Scientifica, 1997.

Klapisch-Zuber, Christiane, Les maîtres du marbre. Carrare 1300-1600, Paris, SEVPEN, 1969.

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Saalman, Howard, Filippo Brunelleschi. The Cupola of Santa Maria del Fiore, London, Zwemmer, 1980.

S. Maria del Fiore. Teorie e storie dell’archeologia e del restauro nella città delle fabbriche arnolfiane, a cura di Giuseppe Rocchi Coopmans de Yoldi, Firenze, Alinea, 2006.

S. Maria del Fiore e le chiese fiorentine del Duecento e del Trecento nella città delle fabbriche arnolfiane, a cura di Giuseppe Rocchi Coopmans de Yoldi, Firenze, Alinea, 2004.

Vasari, Giorgio, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori ed architettori nelle redazioni del 1550 e 1568, a cura di Rosanna Bettarini e Paola Barocchi, testo, III, Firenze, Sansoni, 1971.


Note

1La parte introduttiva del saggio e quella sulla chiusura della cupola sono di Margaret Haines; il profilo di Jacopo di Sandro è di Gabriella Battista.

2Manetti, Vita di Filippo Brunelleschi; Ghiberti, I Commentarii, p. 97.

3Alberti, On Painting and On Sculpture, pp. 32-33 (con testo in volgare). Il rapporto con la cupola vaticana è un classico della letteratura, tra cui si veda Di Stefano, Confronto fra due cupole, con bibliografia; più recente, con nuovi rilievi delle strutture, Giorgi – Rocchi Coopmans de Yoldi, Santa Maria del Fiore e San Pietro.

4Vasari, Le vite, pp. 155, 160 e segg., 173.

5Baldinucci – Baldinucci, Vita di Filippo Brunelleschi, e della nota critica nel vol. II le pp. 525-527 e 551.

6Guasti, La Cupola.

7Lo stesso Guasti riprese la pubblicazione delle fonti della cattedrale alla fine della sua vita con la documentazione riguardante la chiesa prima dell’inizio della cupola in Guasti,Santa Maria del Fiore. Suo grande continuatore, soprattutto per quanto riguarda gli arredi della chiesa, fu Poggi, Il Duomo di Firenze. Il secondo suo volume vide la luce in edizione postuma a cura di Margaret Haines con la collaborazione di Andrea Andanti nel 1988, pubblicato insieme alla ristampa anastatica del primo volume del 1909.

8Saalman, Filippo Brunelleschi, pp. 245-311.

9Si ricordano gli atti del convegno tenuto per l’occasione, Filippo Brunelleschi: la sua opera e il suo tempo.

10Galluzzi, Le colonne ‘fesse’; Barbi – Di Teodoro, 1695-1698: i rilievi di Giovanni Battista Nelli.

11Per un attento resoconto di questi anni, con segnalazione dei principali protagonisti e dei loro contributi, si rimanda al saggio dell’ultimo responsabile dei lavori per la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Firenze, Dalla Negra, La cupola del Brunelleschi.

12 La Cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze.

13Gli ingegneri del Rinascimento; S. Maria del Fiore e le chiese fiorentine e S. Maria del Fiore. Teorie e storie; Ippolito – Peroni, La cupola; Fanelli – Fanelli, La Cupola; Corazzi – Conti, Il segreto della Cupola.

14L’edizione è stata curata da Margaret Haines su commissione dell’Opera di Santa Maria del Fiore, con la collaborazione di Gabriella Battista, Rolf Bagemihl, Lucia Sandri e Patrizia Salvadori. Si è realizzata su software DBT (banca dati testuale) creato da Eugenio Picchi, dell’Istituto di linguistica computazionale del C.N.R. di Pisa, con contributi di Eva Sassolini e Elisabetta Marinai. La conversione degli archivi in XML e in rappresentazione HTML è stata curata da Jochen Büttner nel contesto della collaborazione con l’Istituto Max Planck per la Storia della Scienza di Berlino, guidato da Jürgen Renn. Il progetto ha avuto il sostegno del Getty Grant Program, della Regione Toscana e della Fondazione Andrew W. Mellon. L’edizione può essere consultata nel sito dell’Opera (http://archivio.operaduomo.fi.it/cupola/) e in quello del Max Planck Institut (http://duomo.mpiwg-berlin.mpg.de). È disponibile in versione originale italiana e in traduzione inglese per quanto riguarda la presentazione, la struttura e la ricerca. I testi naturalmente sono sempre in lingua originale.

15Queste ricerche furono presentate in una prima redazione al convegno Fare storia III, svoltosi presso la Fondazione Scuola Studi Avanzati in Venezia nel 2004, di cui sono stati pubblicati gli atti. Si veda Haines – Battista, Cresce la cupola. Nel presente saggio sono riviste ed amplificate con la documentazione completa nel frattempo predisposta e riconsiderate nel contesto dello stato di studi come indicazione del ‘sapere’ del cantiere.

16Guasti, La cupola, doc. 28, p. 30, testo ripreso da Manetti che trascrisse l’originale, poi perduto, dell’archivio dell’Opera. In seguito Alfred Doren pubblicò la versione autenticata conservata nei libri dell’Arte della Lana: Doren, Zum Bau der Florentiner Domkuppel, pp. 258-261.

17Haines, The Builders.

18La prima statistica corrisponde a 266 atti, poiché per 6 il maestro compare in una doppia schedatura determinata dalle azioni molteplici descritte nel testo; bisogna inoltre precisare che lo stesso evento può comparire in due versioni di latino e di volgare, a seconda se la registrazione è stata effettuata dal notaio o dal provveditore. Questo fenomeno è trattato nell’edizione con link attivi tra i testi collegati.

19Sull’uso dei codici univoci che rinviano direttamente alle schede degli atti citati si veda l’Avvertenza nella pagina di accesso al presente saggio.

20Filippo Brunelleschi è riportato come esempio nella versione online de Gli anni della Cupola nella pagina di guida per la ricerca dei nomi, ad avvertenza del fatto che non è stata operata una normalizzazione per ricondurre tali varianti ad un’unica forma. Chi desidera ottenere un risultato completo vorrà inoltre valutare se alcune voci di Jacopo e Papi senza patronimico o qualifica siano compatibili con il profilo di Jacopo di Sandro che emerge dalla documentazione certa.

21Si vedano sull’argomento Pinto, L’organizzazione del lavoro; Pinto,I lavoratori salariati; Franceschi, Governare le manifatture; Cortonesi, Maestranze e cantieri. Per un raffronto sulle maestranze dell’Opera si veda Haines, Myth and Management.

22Archivio di Stato di Firenze (d’ora in poi ASF), Catasto, 81, Quartiere San Giovanni, Gonfalone Vaio, 1427, cc. 339v-340. La ricerca è stata facilitata dalla conoscenza della variante del nome, che stiamo per illustrare, e del popolo di appartenenza, S. Maria in Campo, fornito come di prassi in un atto dell’Opera a cui Jacopo fece da testimone (O0201078.063a).

23La prima elezione con la qualifica di maestro di scalpello con paga giornaliera di 12 soldi è in Archivio dell’Opera di Santa Maria del Fiore (d’ora in poi AOSMF), II 1 15, c. 29v. Ebbe un rapporto con l’Opera che durò fino al giugno 1421, allorché fu rimosso dal servizio come personale in esubero (O0201078.037c). In quest’arco temporale percepì un salario che oscillava di media intorno ai 10 soldi. Anche Sandro risiedeva nel Quartiere di S. Giovanni, Gonfalone Vaio, con reddito di s. 7 d. 7 (ASF, Prestanze, Estimo 1379).

24Era prassi piuttosto consueta dell’Opera inserire all’interno dei propri ruoli personale in parte garantito da collaborazioni preesistenti. Altri esempi di generazioni di famiglie in servizio si hanno con i Fraschetta (Andrea, Francesco d’Andrea, Matteo di Checco d’Andrea); i Cofaccia (Piero e Leonardo di Piero); i Succhiello (Succhiello di Niccolò, Papero d’Antonio, Succhiello di Jacopo, Maso di Jacopo di Succhiello). Si veda Haines, The Builders.

25AOSMF, II 1 62, c. 10: nell’elezione è presentato e scelto dall’operaio Agostino di Francesco assieme ad altri tre scalpellatori, secondo la prassi dell’Opera.

26Brunelleschi e Ghiberti sono definiti ‘provveditori della cupola’, incarico professionale da distinguersi da quello dell’ordinario capomaestro dell’Opera, Battista d’Antonio. I ‘quattro provveditori (o ufficiali) della cupola’ sono invece quattro membri dell’Arte della Lana eletti per seguire con particolare cura e continuità le complesse questioni riguardanti la costruzione della cupola nei primi anni dell’impresa, a fianco degli ordinari ufficiali supervisori dell’Opera eletti in seno all’Arte, gli ‘operai’. ‘Provveditore’ è inoltre lo stipendiato responsabile dell’amministrazione del cantiere, incaricato di seguire le ordinazioni e forniture e in genere di mettere in atto le delibere degli operai.

27Il cantiere dell’Opera, costituito da maestri, scalpellatori e manovali, era così ben organizzato da ricevere spesso incarichi dal Comune: durante questo periodo si registrano infatti lavori di ricostruzione di castelli nel contado fiorentino (Rencine, Staggia, Castellina), costruzioni ex novo di luoghi fortificati (Lastra, Vicopisano), distruzione di castelli nel contado pisano e a Pisa, ristrutturazioni in città (piazza dei Signori, carcere delle Stinche).

28Nell’elezione registrata dal notaio il 3 febbraio 1419 si specifica che è eletto «ad tenendum computum expensarum fiendarum in dicto laborerio et ad solicitandum magistros et alios laborantes» (O0201075.005vf). Venne sostituito in questo ruolo di provveditore dall’operaio Mariotto di Piero Dell’Amorotto il 30 dicembre del 1419 (O0201077.003va), ma mantenne l’incarico di scrivano. La citazione dell’anno con due numeri diversi nell’edizione rappresenta per prima la data in stile antico, come nei documenti, seguito per il periodo di discrepanza (l’anno fiorentino cambiava il 25 marzo e non il 1 gennaio) con la conversione in stile moderno.

29Si veda Lorenzo Ghiberti: ‘materia e ragionamenti’, pp. 477-478 (Gabriele Morolli) e 489-491 (Francesco Quinterio).

30Nello stesso momento furono deliberati pagamenti straordinari agli ufficiali salariati per il supplemento di impegno richiesto per i lavori di Santa Maria Novella.

31Nel documento O0202001.218h viene dichiarato: « (...) prout alias fuit ibi scriptum per Iacobum Sandri (...) prout et sicut fuit scriptum et adnotatum per Iacobum Sandri scharpellatorem». Anche in questa seconda campagna, il nostro non era estraneo alla gestione: fu lui che pagò gli imbianchini della sala del Papa (O0204013.078c).

32Andrea del Capretta, eletto come provveditore della cava nel maggio del 1423 (O0204011.011vs), ricoprì questo incarico fino agli inizi dell’estate 1430, quando morì probabilmente per l’epidemia di peste (O0202001.131vc).

33Elezione a provveditore dei maestri a Trassinaia, 1423 (O0204011.009g): il ruolo giustifica il fatto, già rilevato, del salario incrementato per quella sede. Si veda anche O0202001.130d per il 1430.

34Anche l’annaffiatura delle mura era compensata in questo modo: si veda un pagamento a «Jachopo di Sandro maestro di scharpello e chompangni» per questo lavoro nel luglio e agosto del 1430.

35Il traino è un’unità di misura, anticamente adottata in Toscana, equivalente a 0,397 metri quadri. Si veda Battaglia, Grande dizionario, XXI, p. 139, 14.

36Nel periodo de Gli anni della Cupola coesistono, infatti, diversi altri contratti per taglio e trasporto di legname intestati al solo Comucci. Egli aveva contratto con l’Opera le seguenti condotte: il 17 giugno 1419 traini 100 (O0201075.065va); il 7 agosto 1419 traini 80 (O0201076.047a); il 15 dicembre 1419 traini 50 (O0201076.054vd); il 30 maggio 1421 traini 370 (O0201078.072b); il 7 maggio 1423 traini 270 (O0201082.073b); il 4 febbraio 1424 ebbe un resto di pagamento di l. 223 s. 3 d. 6 (O0201084.042b); il 6 giugno 1436 traini 110 di legname d’abete (O0204013.129i).

37« (...) deliberaverunt quod Papius Sandri supradictus durante dicta locatione possit in dicta Opera laborare cum eius salario consueto et usitato».

38In verità il notaio, per lapsus, lo chiama «scharpellator et conductor marmoris Opere», ma nei due testi paralleli del provveditore, è detto correttamente conduttore di legname. Tra il pagamento del 25 ottobre 1431 e quest’ultimo, comunque, si deve segnalare un provvedimento dell’Opera, preso forse proprio contro Papi, in cui si dichiarava che nessun maestro potesse avere né a suo nome, né a nome di una società alcuna condotta di legname (O0202001.162d). Andando avanti nel tempo, si registra un appalto per legname di grosse pezzature a lui intestato nel giugno 1447: si veda Saalman, Filippo Brunelleschi, p. 168 e doc. 327-1.

39Si veda la documentazione rilevata in Indici-nominativi, per Andrea di Francesco detto Fraschetta, che era contemporaneamente maestro di scalpello e conduttore di marmo bianco.

40Nella categoria del Personale ne Gli anni della Cupola da questo momento sarà rilevato come ufficiale e non più come maestro.

41Non è infatti presente negli elenchi delle maestranze dell’Opera per questi anni (AOSMF, II 2 2, cc. 15, 43, 69v, 91v), ma gli vennero inviate lettere riguardanti la gestione del cantiere di Vico (ibidem, c. 37, in data 27 giugno 1437; c. 90v, in data 3 dicembre 1439, ordine di venire a Firenze). Un pagamento del 4 dicembre 1443 è intestato a «Jacopo Sandri scharpellatori olim provisori muraglie Vici» (AOSMF, II 4 17, c. 84v). Si veda anche la sua dichiarazione fiscale del 1442, in cui specificò d’avere 47 anni e di tenere un nucleo familiare composto di 4 componenti, ma non segnalò di essere assente dalla città (ASF, Catasto, 628, Quartiere San Giovanni, Gonfalone Vaio, 1442, c. 817).

42Guasti, La cupola, doc. 285 (1442 secondo lo stile fiorentino), p. 98. Uno stanziamento inedito per 100 lire di due anni più tardi per il trasporto di vari pezzi di marmi lungo lo stesso tragitto potrebbe riferirsi a questa condotta (AOSMF, II 4 17, c. 84v).

43Poggi, Il Duomo di Firenze, vol. I, doc. 330.

44Guasti, , La cupola, doc. 314, p. 107. Altre committenze per marmo sono registrate a suo nome in date molto più tarde rispetto al periodo qui analizzato; si veda Klapisch-Zuber, Les Maîtres du marbre, pp. 109 n. 6 e 112 n. 27, in cui si citano rispettivamente un’allogagione per marmo minuto del 19 dicembre 1472 e una raccomandazione degli operai a Spinetta da Campofregoso in suo favore nel 1458. Saalman riporta altresì un’allogagione del marzo 1463 relativa a marmo per la parte sommitale della lanterna: Saalman, Filippo Brunelleschi, doc. 363-2.

45Saalman, Filippo Brunelleschi, doc. 61, 74, 82-2, 119, 135, 168 (unico con nome), 238-10.

46Franco Borsi, Gabriele Morolli, Francesco Quinterio, Brunelleschiani, pp. 268, 314, dove si riportano due voci da Guasti, , La cupola.

47Poggi, Il Duomo di Firenze, vol. II, docc. 1850, 2293-2294, 2312, 2341, 2380.

48Fanucci Lovitch, Vicopisano, p. 43n.

49Saalman, Filippo Brunelleschi, p. 111; Ippolito – Peroni, La cupola, pp. 37-38 e fig. 22; Corazzi – Conti – Marini, Cupola, fig. 8.

50Il testo in questione è una partita di spese minute, parzialmente edita da Saalman, Filippo Brunelleschi, doc. 238-10, ora per esteso ne Gli Anni della Cupola, O0204013.060a. Il 21 luglio 1433 il nostro «Papi di Sandro scharpelatore» si presta ancora una volta a una commissione, acquistando un barile di vino per donare «a’ maestri dell’Opera quando misono la chatena de macingni e serarola in su la chupola».

51Come invece affermato da Ippolito – Peroni, La cupola, pp. 36-37, seguito da Fanelli – Fanelli, La Cupola, p. 30, che aggiunge l’erronea interpretazione di una fornitura di quadroni nel novembre del 1435 come destinata al serraglio. Essa era invece destinata, come giustamente compreso da Saalman, Filippo Brunelleschi, doc. 284-2, al nuovo pavimento di chiesa sotto la cupola, indicato con una frase tipica per riferisi a questa area («per amatonare el piano della chupola ghrande»). Sulla base di questi chiarimenti cronologici vanno rivisti i tempi di esecuzione della parte alta della cupola calcolati da Giorgi – Matracchi, Santa Maria del Fiore, pp. 310-311.

52Tale operazione presume ovviamente che la muratura in mattoni fosse giunta in prossimità dell’anello e dell’occhio da misurare.

53Il testo della delibera ufficiale (O0202001.167g) ha «blachia decem in eius circumferentia», inesattezza per diametro. Il ricordo del provveditore in volgare, raggiungibile in link diretto dal primo documento, descrive il vano come «l’ochio della lanterna» (O0204004.006vn).

541432 ottobre 11 (O0204013.043o; O0204004.011vi, O0204004.011vs); ottobre 30 (O0204013.043vg, O0204004.013g); novembre 27/8 (O0204013.044vi, O0204004.014c).

55Macigni furono forniti, per esempio, per il pavimento dell’area nuova della cattedrale dal 1433, per gli appartamenti papali a Santa Maria Novella dal 1434.

56O0204013.074va, l’acquisto di «uno barile di vino si conperò per dare a’ maestri perché aveva’ murate le lapide dell’ochio della chupola».

57L’iniziativa, guidata da Massimo Coli, ha portato alla pubblicazione di un case study, Coli et al., The ‘Pietra Serena’ stones, con Chiara Tanini, Margaret Haines, Enrico Pandeli, Gabriele Pini, Federica Bencini.